Claudio Broggini, direttore generale dell’Azienda Cantonale dei rifiuti (Keystone)

Obiettivi sempre più ambiziosi

Intervista - Claudio Broggini, direttore generale dell’Azienda cantonale dei rifiuti, fa il punto della situazione a quasi un decennio dalla costruzione del termovalorizzatore di Giubiasco
/ 16.07.2018
di Nicola Mazzi

La costruzione ideata dall’architetto Livio Vacchini e situata sul territorio di Giubiasco (ora Bellinzona), è tra le più imponenti nel Ticino ed è ben visibile anche per chi passa dall’autostrada. Il termovalorizzatore per lo smaltimento dei rifiuti è stato fortemente voluto dalla politica e soprattutto dall’allora consigliere di Stato Marco Borradori per risparmiare sui costi e per una questione legata alla gestione autonoma del problema. A quasi nove anni dalla sua messa in esercizio abbiamo voluto tirare le somme. Lo abbiamo fatto con il direttore generale dell’Azienda cantonale dei rifiuti Claudio Broggini. 

Sono passati quasi nove anni dall’accensione del termovalorizzatore (Ictr). Che tipo di bilancio si può tirare?
Credo che il bilancio possa essere considerato positivo. Abbiamo un impianto affidabile e performante sia sotto il profilo tecnologico che da quello ambientale. Il calore sviluppato dalla combustione dei rifiuti ci permette inoltre di fornire energia elettrica paragonabile al fabbisogno di circa 23mila famiglie e scaldare l’acqua per la rete di teleriscaldamento del Bellinzonese. Anche dal punto di vista finanziario la situazione è soddisfacente. Questi anni ci hanno permesso di crescere come azienda e i certificati ottenuti legati alla qualità, alla sicurezza e all’ambiente lo dimostrano. Rammento infine che l’impianto ha creato una quarantina di nuovi posti di lavoro permettendo a queste persone di formarsi in un settore che prima non esisteva in Ticino. 

Che impatto ha avuto sulle abitudini dei cittadini?
Penso positivo. È vero che prima i rifiuti venivano trasportati oltre San Gottardo e quindi i cittadini non vedevano con i propri occhi in che modo venivano smaltiti. Con l’impianto di Giubiasco la situazione è cambiata e oggi tutti possono toccare con mano come il loro sacco dei rifiuti viene valorizzato. Le numerose visite che organizziamo per le scuole, ma non solo, dimostrano che esiste un buon interesse nel capire come funziona l’impianto. Se all’inizio c’era un po’ di scetticismo verso la struttura, ora sembra sia compresa quale elemento indispensabile per una corretta gestione integrata dei rifiuti . 

All’epoca l’impianto costò 330 milioni di franchi. Quali sono state le conseguenze per le casse del Cantone e dei Comuni? 
C’è stato un risparmio effettivo. Prima della costruzione dell’impianto, per i Comuni la tariffa di smaltimento dei rifiuti era di 280 franchi la tonnellata. Oggi il costo è di 170 franchi la tonnellata (–40%) e il risparmio per gli Enti locali è di circa 10 milioni l’anno. Inoltre l’Azienda cantonale dei rifiuti versa al Cantone due milioni di franchi l’anno per la pianificazione cantonale dello smaltimento dei rifiuti. Tra gli effetti positivi ricordo la quarantina di impieghi creati, la formazione di apprendisti, così come l’energia prodotta dal termovalorizzatore che viene utilizzata sul nostro territorio. 

In questi anni sono emerse alcune criticità. In particolare l’associazione Okkio (l’Osservatorio per la gestione ecosostenibile dei rifiuti), aveva posto dei dubbi sulle emissioni di nano particelle. In che modo eseguite i controlli?
Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera abbiamo una stazione di misurazione attiva 24 ore su 24 in cui vengono registrare le emissioni di sette inquinanti, un impegno che va oltre quanto richiesto dall’Ordinanza federale contro l’inquinamento atmosferico. Queste sono poi trasmesse in modo automatico alla Sezione dell’aria, dell’acqua e del suolo del Dipartimento del territorio (Spaas) e sono pure consultabili sul sito del Cantone. Le emissioni registrate sono ben al di sotto dei limiti di legge e di quelli – più severi – fissati dalla licenza edilizia. Faccio un esempio: per l’ossido di azoto il limite da non superare secondo l’Ordinanza federale è di 80 mg/mc, secondo la licenza edilizia è 30 mg/mc mentre l’emissione media dell’impianto di Giubiasco è di 10 mg/mc. Per quanto riguarda le nanoparticelle posso dire che nel 2016 l’Ufficio federale aveva dato incarico all’istituto di analisi Empa di approfondire le emissioni di polveri fini (incluse le nanoparticelle). Dalle verifiche fatte è emerso che le concentrazioni prodotte sono molto basse a dimostrazione dell’efficacia del trattamento dei fumi a quattro stadi, in particolare quello del filtro a maniche. Ricordo inoltre il rapporto del 2013 della Spaas sulle misure delle emissioni in atmosfera dell’Ictr, dal quale risulta che il contributo dell’impianto alle emissioni totali annuali in Ticino siano da considerarsi molto piccole (ossidi di azoto) o addirittura infinitesimali (polveri, sostanze organiche).

Tra le altre criticità emerse c’è anche quella legata ai cattivi odori che si sentono, ogni tanto, anche passando sulla A2. A che cosa sono dovuti? 
Non riteniamo di essere responsabili di questi cattivi odori. Mi spiego. Queste puzze sono presenti da circa un paio d’anni, soprattutto la notte e in alcuni momenti dell’anno. Nei primi anni di vita dell’impianto non abbiamo mai constatato particolari problemi nella zona e visto che non ci sono stati, da parte nostra, cambiamenti di gestione o mutamenti dei materiali in entrata, siamo convinti – dopo aver evidentemente effettuato tutte le verifiche necessarie – che non provengano dal nostro impianto. Ricordiamo che i rifiuti consegnati all’Ictr vengono stoccati in una fossa stagna, che è mantenuta in depressione forzata. Per evitare proprio la fuoriuscita di eventuali odori, l’aria presente nella fossa viene aspirata e utilizzata quale aria comburente nel processo di termovalorizzazione. È possibile che nella zona alcune attività o alcuni processi siano cambiati; da parte nostra abbiamo prontamente segnalato il problema agli uffici preposti del Dipartimento del territorio, che – per quanto di nostra conoscenza – procederanno a monitorare la situazione.

Un altro aspetto che alcuni hanno evidenziato è quello legato al riciclaggio. C’è chi dice che con il termovalorizzatore il cittadino è meno attento a quello che butta nel sacco dei rifiuti. Che cosa risponde?
Non credo che il cittadino abituato a riciclare abbia cambiato abitudini con l’arrivo dell’impianto. Le statistiche internazionali, inoltre, dati alla mano, evidenziano come gli Stati con un numero più elevato di termovalorizzatori hanno un tasso di riciclaggio maggiore rispetto agli altri. I numeri sembrano quindi contraddire questa critica e anche dalla mia esperienza non mi è sembrato di percepire un cambiamento in negativo, anzi. Da parte nostra, dedichiamo parecchie energie – attraverso un servizio composto da tre persone – alla sensibilizzazione in favore della gestione integrata dei rifiuti, un programma che pone l’accento sulla prevenzione, il riciclaggio e il corretto smaltimento dei rifiuti. 

Un altro tema è quello del teleriscaldamento. Grazie all’energia prodotta dall’impianto, e attraverso la Teris (società che gestisce il teleriscaldamento), l’impianto permette di offrire energia a diverse abitazioni e aziende nel Bellinzonese. Come si è sviluppato il progetto e oggi quali sono i risultati raggiunti?
All’inizio del progetto dell’Ictr il teleriscaldamento non era previsto, anche se l’impianto era stato predisposto per l’eventuale bisogno. Prima di costruire l’impianto di Giubiasco era infatti stata realizzata un’inchiesta, ma l’interesse verso questo vettore energetico era risultato piuttosto scarso. Probabilmente all’epoca la sensibilità ambientale era meno forte e i prezzi dell’olio combustibile erano bassi e quindi molto concorrenziali. Nel 2008 abbiamo percepito un mutato interesse per questo tipo di energia (il 50% della quantità di energia prodotta dai rifiuti è considerata come energia rinnovabile da biomassa) e, con Aet, abbiamo costituito la Teris SA, società che ha realizzato e gestisce la rete di teleriscaldamento nel Bellinzonese. Dopo una prima fase di rodaggio possiamo dire che anche questo progetto è stato un successo. La rete di teleriscaldamento oggi arriva fino ai centri commerciali di Sant’Antonino (Migros Ticino è collegata) a sud e a nord fino all’Ospedale San Giovanni; essa copre pure la zona amministrativa del Governo e quella nei paraggi della Banca dello Stato. La conclusione del progetto è prevista per il 2019. Detto in cifre la rete di teleriscaldamento ha permesso, lo scorso anno, di immettere in rete energia termica corrispondente a circa 4,4 milioni di litri di olio combustibile; a regime, l’obiettivo è di superare i cinque milioni di litri, corrispondente al fabbisogno di circa 2500 famiglie.

Ma guardiamo avanti: con l’introduzione della tassa sul sacco cantonale – che entrerà in vigore al massimo entro fine giugno del 2019 – che cosa cambierà per voi? Prevedete un calo dei rifiuti da smaltire?
Il Consiglio di Stato, nel messaggio per l’introduzione della tassa sul sacco a livello cantonale, prevede un calo dei rifiuti comunali (circa 85mila tonnellate all’anno) del 15%. Anche negli altri Cantoni l’introduzione della tassa sul sacco ha portato a un calo dei rifiuti, ma d’altra parte è pure stato registrato un incremento del materiale separato trattato dalle imprese autorizzate. Va pure considerato che recentemente l’Ufficio federale dell’ambiente ha ritenuto che l’attuale situazione economica e il relativo consumo, così come la costante crescita della popolazione dovrebbero, anche in futuro, incidere sul quantitativo di rifiuti prodotti in misura maggiore rispetto alle attività di riciclaggio tese a ridurre i rifiuti; c’è quindi verosimilmente da aspettarsi, nel caso migliore, una stabilizzazione dei quantitativi dei rifiuti inviati alla termovalorizzazione, non però una marcata riduzione. 

Nei prossimi dieci anni quali saranno le sfide più importanti con le quali il termovalorizzatore sarà confrontato?
Sarà importante mantenere l’ottimo livello raggiunto in questo decennio. Non sarà facile anche perché la nuova legislazione federale pone obiettivi ambiziosi. Per esempio bisognerà estrarre e riciclare il fosforo contenuto nelle acque di scarico comunali, nei fanghi di depurazione e nelle ceneri risultanti dal trattamento termico di questi fanghi; ad oggi diversi procedimenti tecnici sono allo studio, ma nessuno si è finora imposto quale soluzione consolidata. Si sta inoltre pensando a un progetto nazionale per creare un impianto che estragga lo zinco dai fanghi idrossidi degli impianti di smaltimento. Continueremo inoltre nella sensibilizzazione; insegnare alle nuove generazioni il giusto comportamento nella gestione dei rifiuti resterà anche in futuro una delle sfide più importanti per noi.