«È un’azienda, sì penso proprio che si possa utilizzare questo termine. Un’azienda in cui lavorano circa duecento persone», così ci dice Mario Tettamanti, da quasi quarant’anni presidente a Mendrisio delle Processioni storiche del Venerdì Santo. Il numero è quello dei volontari – su per giù duecento – che si mettono a disposizione nel preparare e nel gestire i due cortei che da circa 400 anni percorrono le vie del centro storico di Mendrisio, il giovedì e il venerdì della Settimana Santa. E non è un impegno di poco conto: ci sono centinaia di costumi da preparare, caschi e corazze da lucidare, cavalli da tenere a bada e statue e lampioni da disporre nell’ordine di sfilata. Un’organizzazione certosina che necessita di almeno un paio di mesi di preparazione intensa, grazie appunto al lavoro dei volontari. «Il problema più difficile da risolvere per le Processioni del venerdì è quello della ricerca dei figuranti, per la maggior parte bambini e ragazzi – sottolinea ancora Mario Tettamanti – ne abbiamo bisogno ben 700 ed è davvero una sfida riuscire ogni anno a raggiungere questa soglia, indispensabile per poter permettere al nostro corteo di sfilare nella sua completezza».
Opposto per certi versi invece il problema per chi organizza la processione del giovedì, visto che per l’interpretazione dei personaggi più importanti si deve ricorrere a una selezione effettuata da una commissione ad hoc. «Questo è per me il compito più arduo, non è mai facile comunicare queste scelte a chi rimane escluso», fa notare Edio Cavadini, anche lui da quasi quattro decenni presidente della processione del giovedì, in cui il ruolo più significativo è senza dubbio quello di Gesù. Per candidarsi a portare la croce occorre rispettare criteri ben precisi, come ad esempio quello dell’età massima, fissata a 40 anni. «Dopo aver fatto per tante edizioni il legionario e il guerriero romano ad un certo punto ho deciso di inoltrare la candidatura per impersonare il Cristo», ricorda Paolo Danielli, che proprio l’anno scorso rivestì il ruolo di Gesù. Prima però Paolo ha dovuto attendere ben otto anni, non senza dubitare di riuscire mai a raggiungere il suo obiettivo. «In effetti, pur ricevendo puntualmente rassicurazioni sul fatto che il mio nominativo fosse ancora presente nella lista delle candidature, qualche timore col passare degli anni l’ho avuto anche perché i quarant’anni d’età si avvicinavano, l’età limite per quel ruolo».
Poi l’anno scorso all’improvviso squillò il telefono. «Qualche settimana prima della processione ho ricevuto la fatidica telefonata del presidente Cavadini, la ricordo ancora molto bene! Con essa, oltre all’imperativo di mantenere segreto il ruolo, la convocazione per una serata di prove dove incontrai per la prima volta colui che sarebbe stato il mio Cireneo, pronto ad aiutare nel portare la croce. Insieme abbiamo visionato un filmato delle passate edizioni delle processioni, per entrare nel giusto ambiente, e poi abbiamo provato a portare la croce su brevi tragitti. La preoccupazione maggiore era provare le tradizionali cadute, che sono i momenti più attesi della figura del Cristo durante la processione. Devono essere perfette ed effettuate senza paura… di sbucciarsi le ginocchia!». Prove che «devono svolgersi in gran segreto – precisa il presidente Cavadini – per tradizione nessuno deve sapere a chi sono stati assegnati quei ruoli, perlomeno fino al termine della processione».
Esercitazioni di questo tipo vengono fatte anche per altri personaggi, come ad esempio i ladroni e i giocatori di dadi, che si giocano il manto rosso di Gesù. «Ero teso e preoccupato – ricorda Paolo Danielli – Poi la processione inizia, a piedi scalzi m’incammino con la croce sulla spalla. E tutto, improvvisamente, si trasforma. Ti rendi conto che, da credente e da momò legato alle proprie tradizioni, quel ruolo è sì un privilegio che ti capita una volta nella vita, ma è anche un personaggio che vesti con enorme rispetto. Senti di rappresentare qualcosa di grande, ma anche un uomo colpito da incredibili sofferenze. Lungo tutto il percorso mi colpì molto il silenzio e il rispetto della gente quando passavo. E, nonostante la folla, il senso di solitudine: ero solo con me stesso, con i miei pensieri e la fatica del procedere. Un’esperienza incredibile, toccante, emozionante!». Con alla fine anche un po’ di mal di schiena. «La croce non è poi così pesante quando la sollevi all’inizio, ma poi i dolori alla spalla si fanno sentire lo stesso! Tra le preoccupazioni maggiori c’era anche quella di camminare a piedi nudi. Fortunatamente non è stata una serata particolarmente fredda, e alla fine è andata meglio di quanto pensassi». Gesta che insieme a quelle di tutti gli altri partecipanti potrebbero presto portare all’iscrizione delle processioni di Mendrisio nella lista UNESCO del patrimonio culturale immateriale. Il dossier di candidatura è stato spedito il 19 marzo e tra gli aspetti che l’UNESCO vaglierà vi sarà proprio l’intensità del sostegno popolare a questa tradizione storica.
«Nel caso delle Processioni, dato il coinvolgimento continuo e davvero motivato delle autorità, ma soprattutto della comunità, che sente e mantiene vive le processioni, non vi è motivo alcuno per considerare questa tradizione in pericolo – ci dice Nadia Fontana-Lupi che anche in veste di direttrice di Mendrisiotto Turismo si è occupata dell’intero dossier UNESCO – Il numero dei volontari che partecipa all’organizzazione e alle due sfilate conferma infatti il forte interesse, che chiaramente va alimentato per quanto concerne la trasmissione alle generazioni future, così come si sta facendo e si prevede di fare». Una candidatura che farà leva anche sull’aspetto «artistico-religioso» della processione: i trasparenti. «Sono l’elemento che le distingue e le rende uniche, sia che si tratti dei grandi trasparenti affissi lungo le vie, o di quelli piccoli portati come lampioni nella processione del venerdì – fa notare Nadia Fontana-Lupi – La tecnica esecutiva che è stata tramandata fino ai giorni nostri e sembra essere unica a detta degli esperti. L’atmosfera creata dai trasparenti accesi ed affissi lungo le vie del centro storico è davvero indimenticabile».
Un’atmosfera e una tradizione di cui si trovano le prime tracce storiche attorno al 1600. Non per nulla il professor Mario Medici, nel suo volume Storia di Mendrisio parlò di «una traccia profonda attraverso i secoli», quella lasciata appunto da queste due processioni. Storia e anche futuro del tempo pasquale a Mendrisio.