Muri a secco e molto altro

Val Calanca - Alla scoperta del paesaggio terrazzato di Rossa con i suoi muri a secco, la cui «arte di costruzione» è stata inserita dall’UNESCO nel Patrimonio culturale immateriale dell’umanità
/ 17.08.2020
di Elia Stampanoni

La Calanca non è una valle di transito come la vicina Mesolcina e forse per questo è anche un po’ meno conosciuta. Proprio per il fatto di non essere una via di passaggio, la quiete regna nei suoi villaggi e sul suo territorio, che comprende i paesi di Castaneda, Santa Maria in Calanca da un lato e Buseno, Arvigo, Braggio, Selma, Landarenca, Bodio-Cauco, Santa Domenica, Augio e Rossa dall’altro. Quest’ultimo si trova a una ventina di chilometri da Grono e lo si raggiunge risalendo la valle lungo il fiume Calancasca, colmando un dislivello di oltre 700 metri. Grazie alle prime ripide rampe ci si lascia presto alle spalle il fondovalle, immergendosi presto in un’altra dimensione. La vista sulla Mesolcina e i suoi dintorni o sulle vette circostanti è da ammirare, mentre poco prima del bivio per Castaneda e Santa Maria la strada verso Rossa si fa più dolce. L’ascesa prosegue però sempre in leggera salita, lambendo le varie località e offrendo anche più ampie distese e luoghi meno impervi. Raggiunto il paese di Rossa, a 1’088 metri di altitudine, sulla collina che domina dall’alto il pittoresco villaggio, è stata recuperato un paesaggio terrazzato, in zona Scata-Calvari, una frazione di Rossa che anticamente era un antico insediamento abitativo.

Abbandonata da tempo, la zona è tornata a splendere nel 2018 grazie agli interventi intrapresi sull’arco di sei anni su iniziativa del comune di Rossa con il sostegno del Fondo Svizzero per il paesaggio, del Progetto di parco nazionale Parc Adula, dell’Ufficio natura e ambiente del cantone Grigioni e di altre istituzioni o sostenitori, tra cui la ProCalanca e l’Ufficio cantonale della cultura (con il Servizio monumenti). Ci sono volute molte ore di lavoro per risistemare oltre un chilometro di muri a secco che oggi si possono di nuovo apprezzare salendo lungo il sentiero che, pure recuperato grazie anche al sostegno dell’USTRA, conduce a due chiesette colorate e prosegue di seguito verso gli alpeggi (e più in là permette di collegarsi con la valle Pontirone attraverso il Pass Giümela). La breve passeggiata lambisce i terrazzamenti e i muretti di Rossa, risalendo l’erto pendio per raggiungere la sommità da dove osservare l’intero comparto oggetto del recupero. L’importanza paesaggistica, ma non solo, dei muretti a secco è d’altronde riconosciuta da tempo anche dal Fondo Svizzero del paesaggio che, da oltre 25 anni, ne promuove la ristrutturazione sostenendo diversi progetti in tutta la Svizzera, sia grandi interventi che sorreggono dei sentieri o che permettono la coltivazione (per esempio i vigneti terrazzati), sia il rinnovo di più piccole strutture.

Il comitato dell’UNESCO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, ha tra l’altro inserito nel 2018 l’arte della costruzione dei muri a secco nel Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Una candidatura che era stata presentata da otto paesi: Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Come riporta anche il sito italiano dell’UNESCO, «l’arte dei muretti a secco consiste nel costruire sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta». Queste costruzioni dimostrano quindi «l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura e, allo stesso tempo, rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l’erosione del suolo e la desertificazione».

Oltre al recupero dei terrazzamenti e dei muretti, il progetto ha permesso di riattare anche una cascina che ospita oggi una sala adibita a centro d’informazione e in cui ci imbatte salendo, poco dopo la preziosa fontana. Oggi la zona si ripresenta quindi con numerosi terrazzi e una mulattiera che corre tra due basse mura in sasso, attraversando quello che una volta fu l’abitato di una comunità stimata in una trentina di persone. Un piccolo villaggio che, per cause ancora sconosciute, fu abbandonato nella prima metà dell’Ottocento, lasciando lentamente spazio all’avanzata del bosco, anche se sui terrazzamenti vennero inizialmente mantenute alcune attività agricole, come la coltivazione di cereali o altre colture. Di seguito e fino all’abbandono definitivo si praticò ancora la fienagione, che è oggi di nuovo possibile ed eseguita da alcuni agricoltori della zona.

Una seconda tappa è inoltre in fase di esecuzione su una zona a ridosso del comparto già risanato, come ci conferma il sindaco di Rossa Graziano Zanardi: «Verrà recuperata un’altra zona terrazzata, con ulteriori 700 metri circa di muretti a secco all’entrata della frazione di Scata-Calvari, mentre più a monte verrà sistemato il sentiero che conduce al Monte Lepre». Interventi che, su iniziativa del comune, sono appoggiati anche dal progetto Parco Valle Calanca.

Sempre a Rossa, lo scorso anno sono anche state riattate tre chiesette con il sostegno della fondazione RossArte e della ProCalanca, di cui due si trovano proprio a ridosso o nel mezzo della zona oggetto del recupero paesaggistico. Le cappelle seicentesche, precedentemente in disuso e in cattivo stato, sono state ridipinte con colori e disegni particolari per mano dell’artista anglo-svizzero David Tremlett (si veda «Azione 36» del 2 settembre 2019). Un intervento che, come ci conferma il sindaco, «seppur non abbia ricevuto un consenso unanime, ha però trovato l’importante plebiscito della maggior parte popolazione locale e dei turisti che accorrono a visitarle». Le tre chiesette splendono ora a Rossa e sulle sue alture, accompagnate dal paesaggio terrazzato con i suoi muretti e tutto il resto.