Biodiversità è ormai diventato un termine di uso comune e di largo impiego. Da anni si cerca di sensibilizzare sulla sua utilità ma soprattutto sulla sua fragilità. A vari livelli sono state adottate misure e elaborati progetti con l’intento di preservare questa preziosa varietà di specie di flora, fauna, funghi e microorganismi, ma anche la varietà genetica delle stesse specie e, non meno importante, la ricchezza degli ambienti e delle loro interazioni. Come riporta il sito dell’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam), però, «la biodiversità versa oggi in un pessimo stato, è in calo ormai da decenni e le perdite sono costanti».
Ed è proprio sullo spunto di questa constatazione che la Confederazione sta adottando provvedimenti a vari livelli e, in collaborazione con i Cantoni, ha sviluppato una strategia nazionale, definendo obiettivi vincolanti. Nella «Politica della biodiversità», rientrano per esempio la salvaguardia e la promozione delle specie, così come la protezione di una varietà di ambienti il più ampia ed eterogenea possibile, nei boschi, intorno ai corsi d’acqua, nei paesaggi agricoli o nelle aree d’insediamento. Indispensabili in questo contesto sono quindi l’utilizzo, la salvaguardia e la promozione sostenibile della biodiversità, che l’Ufam s’impegna a coordinare coinvolgendo i vari settori.
Nonostante tutti gli interventi e gli sforzi già profusi e adottati, i programmi di monitoraggio nazionali evidenziano quanto lo stato della diversità ecologica in Svizzera sia tuttora insoddisfacente: «la metà degli ambienti e un terzo delle specie sono minacciati», riporta il portale dell’Ufam dedicato al tema.
Dal 2012 la Svizzera possiede una Strategia sulla biodiversità che, sulla base di obiettivi precisi, definisce i punti cardine dell’impegno della Confederazione in questo contesto. Nel 2017 il Consiglio federale ha concretizzato la strategia approvando un piano d’azione, con cui attuare gli obiettivi attraverso misure concrete e integrando l’esecuzione della legislazione ambientale. La prima fase di attuazione (2017–2023) comprende pure una serie di interventi, misure e progetti pilota da realizzare in collaborazione con i partner dell’Amministrazione federale, ma anche con i Cantoni, i Comuni e terzi.
Tra i punti forti della Strategia rientrano la creazione, l’ampliamento e la manutenzione di un’infrastruttura ecologica, ossia un complesso di elementi ecologici che riescano a valorizzare e unire i vari ambienti, così da contribuire alla salvaguardia e al miglioramento della biodiversità sull’intero territorio nazionale. Per ottimizzare tale infrastruttura ecologica è sì necessario riuscire ad ampliare e perfezionare le zone protette o prioritarie del paese, ma bisogna anche integrare e salvaguardare le aree di interconnessione presenti su tutto il territorio.
L’importanza dell’interconnessione
Un’infrastruttura ecologica è quindi una rete di superfici rilevanti per la biodiversità e finalizzata a conservare, rivalutare, ripristinare e collegare i preziosi ambienti della natura. Il reticolo ecologico è costituito innanzitutto dalle zone prioritarie, appositamente delimitate per la protezione di specie e habitat. Ne fanno parte i biotopi d’importanza nazionale, regionale e locale, come zone golenali, siti di riproduzione degli anfibi, paludi, prati e pascoli secchi, il Parco nazionale svizzero, le zone centrali dei parchi naturali periurbani, le riserve d’importanza internazionale e nazionale di uccelli acquatici e migratori, le bandite federali di caccia e le riserve forestali. Ci sono poi anche delle zone internazionali, come i siti Ramsar e la rete Smeraldo, nonché superfici per la promozione della biodiversità particolarmente preziose o altre zone protette.
Accanto a queste zone prioritarie, le superfici di «collegamento» devono essere presenti in numero e qualità adeguati, nonché opportunamente distribuite nel territorio. Le zone d’interconnessione integrano le zone prioritarie con ulteriori ambienti preziosi e sono fondamentali per la sopravvivenza delle specie, per esempio per la ricerca di cibo, la riproduzione o la protezione dai disturbi.
Non è quindi sufficiente delimitare delle zone protette isolate per salvaguardare la biodiversità, ma sono necessari altri preziosi habitat e corridoi, che vadano a integrare le aree primarie. Le fasce d’interconnessione – come per esempio le zone palustri d’importanza nazionale, i corridoi faunistici d’importanza sovraregionale, i passaggi faunistici, alcuni tipi di ambienti acquatici o gli ampi margini boschivi stratificati – devono essere salvaguardate, aumentate e messe in rete, così da garantire il collegamento delle zone prioritarie, anche oltre i confini cantonali e nazionali. «L’interconnessione è indispensabile anche per creare un’infrastruttura ecologica in grado di mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico, offrendo alle specie in pericolo maggiori probabilità di “migrare” meglio verso gli spazi in quota, poiché con il surriscaldamento alcuni siti stanno diventando sempre meno adatti», aggiunge Christian Hedinger, botanico presso l’Atelier UNA AG di Berna e partecipe sin dall’inizio nei progetti della Zona Smeraldo dell’Oberaargau.