Può sembrare banale e ovvio, quanto si afferma nel titolo. Ma, se a pronunciare la frase è il Pontefice, dall’alto della sua apparente e serafica ingenuità, il messaggio è decisamente più forte e luminoso. Non eravamo abituati a leggere o ad ascoltare un Papa immerso in riflessioni etiche, sociologiche e spirituali sul fenomeno sport. In passato, Giovanni Paolo II si era concesso agli obiettivi mentre camminava, o praticava lo sci di fondo sui sentieri delle Dolomiti, della Valle d’Aosta, del Terminillo e del Gran Sasso. Ma tutto si fermava lì. Dopo il papato di Benedetto XVI, votato soprattutto alle questioni teologiche e filosofiche, il conclave ci ha regalato uno straordinario comunicatore, abilissimo nel mettersi in relazione con la modernità.
Il 3 gennaio scorso, Pierre Bergonzi, direttore responsabile di Sportweek, da decenni illustre firma della «Gazzetta dello Sport», ha piazzato il colpaccio: tre pagine di intervista a Francesco I sullo sport. A ruota libera, sui suoi valori, le sue criticità e le sue storture. È evidente che, dalle colonne della rosea, il Papa condanni il doping, la truffa e la mercificazione degli esseri umani. Sarebbe stato stupefacente il contrario. Chiamando in causa evangelisti come San Paolo, padri della Chiesa come Sant’Agostino o grandi educatori cattolici come Don Bosco, Papa Bergoglio sottolinea come lo sport possa essere uno stimolo ad impegnarsi, nonché un preziosissimo veicolo di inclusione. In una delle sue lettere, inserite nei Vangeli, San Paolo scrive: «Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!».
Sorprendente. E in antitesi con il celeberrimo concetto del «porgere l’altra guancia». Personalmente, credo che si tratti invece di un’esortazione a perseverare, a non abbattersi, e perseguire con tenacia un obiettivo. Questa, infatti, è la postilla del Santo Padre: «La resa è il sogno dei nostri avversari. Arrendersi significa lasciare loro la vittoria. Ma anche coltivare rimpianti. E se avessi resistito un attimo in più?».
Non sono mancate parole di affetto nei confronti del suo illustre connazionale, recentemente scomparso. «Maradona in campo è stato un poeta, un grande campione che ha regalato gioia a milioni di persone. Era anche un uomo molto fragile».
È un Francesco al tempo stesso tenero e battagliero, che vediamo rispondere alle sollecitazioni dell’intervistatore. «La vita è una guerra. Si può anche perdere una battaglia, ma la guerra, quella no! Un uomo non muore quando è sconfitto. Muore quando si arrende, quando cessa di combattere. I poveri, da questo punto di vista, sono un esempio spettacolare di che cosa voglia dire non arrendersi. Nemmeno di fronte all’evidenza dell’indifferenza, continuano a combattere per difendere la loro vita». Che straordinaria lezione di dignità. Lo sport è anche questo. Ma non solo, purtroppo.
Francesco I si emoziona pensando ai 5 cerchi olimpici, che si sovrappongono a simboleggiare unione e fratellanza. «È un’immagine splendida di come potrebbe essere il mondo». Il condizionale è d’obbligo. Potrebbe, ma non è, compreso il movimento olimpico, con i suoi valori al sapore di melassa, con la sua farsesca tregua olimpica.Ricordate, nel 2014, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, perpetrata praticamente pochi minuti dopo che si era spenta la fiamma olimpica dei giochi di Sochi.
Uno sguardo speciale il Papa lo concede al movimento paraolimpico. «È preziosissimo: non solo perché include tutti, ma anche perché è l’occasione per raccontare e dare diritto di cittadinanza nei media a storie di uomini e donne che hanno fatto della disabilità l’arma dei riscatto. Quando vedo o leggo di qualche loro impresa, penso che il limite non sia dentro di loro, ma soltanto negli occhi di chi li guarda. Sono storie che fanno nascere storie, quando tutti pensano che non ci sia più nessuna storia da raccontare».
Ne sono passati di anni, da quando il piccolo Jorge Mario Bergoglio seguiva con ammirazione il babbo, giocatore di pallacanestro del San Lorenzo, oppure tirava calci ad una «pelota de trapo», una palla di stracci. Lo faceva piuttosto male, così racconta. Tant’è vero che finiva sovente in porta, dove, secondo una diffusissima e sbagliatissima teoria, poteva fare meno danni. La passione per lo sport è rimasta nello spirito dell’anziano e affaticato Francesco I. Forse la sua potenziale carriera di sportivo è stata stroncata da una grave forma di polmonite contratta sui vent’anni, costata anche l’asportazione di una parte del polmone destro. Ma il suo percorso ecclesiastico ed il suo iter spirituale ci hanno regalato un leader, dalla voce flebile, ma capace di esprimere concetti forti e scomodi, anche in ambito sportivo. Perché lo sport, il Pontefice ce lo ribadisce, è «fatica, motivazione, sviluppo della società, assimilazione delle regole, divertimento e senso di appartenenza».
Meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca
Sport - Papa Francesco coglie l’importanza dello sport nella società odierna e concede una lunga intervista alla «Gazzetta dello sport»
/ 25.01.2021
di Giancarlo Dionisio
di Giancarlo Dionisio