Voolaare oh, oh… chissà quanto, come e se a Lugano Agno si continuerà a volare. Se proseguirà la leggenda nata ottanta anni fa grazie a tre pionieri dell’aviazione. Nel 1937 si costruì una prima pista, ma l’aerodromo vero e proprio fu realizzato dieci anni dopo e inaugurato il 12 agosto del 1948. Negli anni quaranta le cronache invitavano la Città ad avere più attenzione nei confronti del «Campo di Agno»: «Lugano deve guardare allo sviluppo imponente del campo di Agno con maggiore simpatia. Si vogliono fatti e non parole: il campo di Agno deve diventare il campo della città di Lugano. Soltanto allora l’aviazione potrà fare un grande passo avanti».
Sono passati settant’anni e siamo daccapo. Oggi l’aeroporto è proprietà della Città, ma da anni la società che lo gestisce, Lugano Airport SA (LASA), è traballante. Il Comune ha pompato nelle casse di LASA fior di milioni negli ultimi dieci anni. Ora siamo alla resa dei conti: il direttore se n’è andato, tre membri del Consiglio di amministrazione hanno dato le dimissioni, la Città chiede al Consiglio comunale di stanziare 20 milioni per rilanciare la struttura. In che modo? 6 milioni dovrebbero essere utilizzati per la costruzione di due hangar, da affittare poi ai privati che intendono parcheggiare i loro velivoli. Altri 14 milioni di franchi andrebbero per l’acquisto di terreni nella zona aeroportuale che ora sono nelle mani dei privati. Su questi spazi ci sono ora infrastrutture varie che sono redditizie. «I benefici economici derivanti da tali stabili, terreni e attività – precisa il Municipio – non affluiscono nel conto economico di LASA. Tale circostanza rappresenta un limite infrastrutturale potenziale di espansione dell’aeroporto e costituisce verosimilmente uno dei motivi principali per cui l’equilibrio finanziario di LASA non è ancora consolidato». In sostanza, la Città comprerebbe questi terreni per concederli alla società che gestisce l’aeroporto perché con questi profitti si salverebbe la baracca. Che ne dice uno dei proprietari di questi beni? «Io sono disposto a cedere i terreni – ci dice Dario Kessel, titolare della E-Aviation, vera e propria memoria storica dell’aeroporto e figlio di uno dei fondatori di Agno – al valore di stima ufficiale su cui io pago le imposte. Vale a dire 7 milioni di franchi. A queste condizioni venderei, ma il Comune offre 1,2 milioni. Un prezzo irrisorio». Ecco il primo ostacolo. Il Messaggio propone di aprire trattative bonarie con i proprietari e, nel caso non funzionasse, di espropriare. Ma la procedura d’esproprio può trascinarsi per anni.
A parte le proposte d’investimento, il messaggio è un’iperbolica descrizione delle fantastiche sorti e del futuro radioso dell’aeroporto. Il campo di Agno viene descritto come «una delle più importanti porte d’accesso al Ticino», essenziale per la politica di sviluppo economico regionale del Cantone. Ma non solo: l’aeroporto di Lugano «rappresenta un’infrastruttura fondamentale al servizio del Cantone Ticino e dell’area Insubrica in generale, ivi comprendendo le porzioni nord delle province di Como e Varese». E ancora, si afferma che lo scalo possa avere tutta una serie di impatti: diretto, indiretto, indotto e, persino, un impatto catalitico (attrattivo, dinamico), uno strumento di marketing territoriale, un magnete per un asset strategico. Un concetto, questo, estrapolato da un documento della US Federal Aviation Administration. «Fatti e non parole», si diceva negli anni quaranta…
L’economista Martino Rossi, che ha esaminato bilanci e documenti di LASA e i messaggi municipali degli scorsi anni, ex capogruppo socialista in Consiglio Comunale, ritiene che la tesi dell’aeroporto indispensabile per lo sviluppo del Cantone non sia fondata. «Il Municipio dovrebbe spiegare – ci dice – perché dal 2000 il PIL del Cantone è cresciuto di oltre il 30%, gli occupati del 28%, la popolazione del 15%, mentre i passeggeri dei voli di linea e dei charter sono diminuiti del 45%!».
Dopo aver letto il messaggio andiamo a visitare la struttura, in un caldo giorno di fine di agosto. Due apparecchi con le insegne della Ethiad sulla pista. Un piccolo monomotore nell’angolo vicino al parcheggio di breve durata, quasi vuoto. Quattro clienti al bar ristorante. Un jet che si appresta ad atterrare. L’atrio del terminal deserto, ma almeno fresco, con gli impiegati davanti ai loro schermi di computer. All’uscita, di fronte al bar, fa bella mostra di sé una fiammante Maserati. Unico trasporto pubblico, la navetta che porta in città, un piccolo furgone bus, ma parte solo alle 18.30, fra due ore. Ricordiamo che una delle lacune macroscopiche di Agno è la mancanza di collegamenti con i mezzi pubblici di trasporto. Il tram-treno, sul quale la Confederazione investe milioni di franchi, passa lontano… Il messaggio non ne fa menzione, forse perché incassare le tariffe dei posteggi di lunga durata fa comodo.
Insomma, già a colpo d’occhio, Agno non mostra una grande vivacità. E in effetti, sono anni di crisi. Il periodo d’oro risale a trent’anni fa, quando Crossair era all’apice del successo. Da qui passavano 700mila passeggeri l’anno. Negli ultimi dieci anni la media è di circa 170mila persone. Tuttavia, il messaggio prospetta uno sviluppo futuro piuttosto roseo.
«Le ipotesi contenute nel messaggio sono fantasiose. – commenta Dario Kessel – Io ho iniziato un paio di anni dopo la Crossair con i voli di linea. Trasportavamo in media 12 passeggeri sul volo per Roma. Minoan dopo 30 anni trasportava 12 passeggeri, non c’è stato nessuno sviluppo. Abbiamo chiuso noi, è finita Crossair, poi hanno chiuso la Darwin, Air Dolomiti e la Minoan, sparita lasciando buchi milionari. E ora si ripropone il volo Lugano-Roma. La compagnia approfitta di 800mila franchi offerti da Lugano per nuovi collegamenti di linea, propongono questo volo ma durerà 15 giorni. Il costo del volo ammonta a 200 franchi a passeggero. Viene offerto a 79 franchi. Non sta in piedi».
Secondo Kessel i voli di linea non hanno futuro. In questi anni il trasporto ferroviario è diventato concorrenziale, sono nate e si sono sviluppate le compagnie low cost (con sede a Malpensa e a Bergamo). Agno, inoltre, ha molti difetti. In caso di cattivo tempo non si può decollare o atterrare. Il volo strumentale non è in funzione e quindi diversi voli vengono annullati. Molto meglio puntare sull’aviazione generale, i voli privati, secondo il nostro interlocutore, che garantisce margini certi di profitto. Il cantone possiede il 12,5 per cento delle azioni di LASA: non potrebbe farsi sentire? Abbiamo chiesto al Direttore del Dipartimento del territorio un’opinione sul futuro di Agno, ma ci ha risposto con un «no comment». «Il Cantone ha il ruolo di chi detiene solo il 12,5% – sottolinea Kessel – e Zali non sembra avere grande interesse per l’aeroporto».
Forse, per il Ticino, due aeroporti sono anche troppi. Ma quello di Locarno non può essere allungato. Una vecchia proposta di ingrandimento è stata bocciata in passato, ora i limiti dal profilo ambientale sono vincolanti, in particolare le bolle di Magadino a sud. «Una cosa si poteva fare – suggerisce Kessel – nominare direttore ad Agno l’ingegner Davide Pedrioli, responsabile dell’aeroporto cantonale di Locarno. Almeno si coordinava l’aviazione tra Locarno e Lugano. Sarebbe la soluzione ideale, così il Cantone avrebbe la supervisione». La storia dei piccoli aeroporti appartiene al passato. In Ticino i campi militari sono stati chiusi. In Europa i piccoli collassano. Si salvano quelli che riescono a riciclarsi grazie alle compagnie low cost. Le proposte di rilancio contenute nel messaggio municipale appaiono a molti osservatori come irrealistiche. È difficile immaginare che si possano raggiungere i 375mila passeggeri nel 2026, come profetizza il Municipio.
Il «piano industriale» prefigurato prevede una partnership tra pubblico e privato in quanto «l’aeroporto rappresenta un investimento interessante e redditizio per i privati». Inoltre, scrive il Municipio, «l’aeroporto rappresenta uno degli elementi chiave per il rilancio dell’economia del territorio, non deve quindi essere percepito solo come una voce di costo ma come un investimento per il futuro dell’economia della Regione, sia in termini di impiego diretto che d’indotto». Dire che si tratta di investimento piuttosto che costo dovrebbe preoccupare. Potrebbe significare che la Città dovrà continuare a spendere e a saldare i debiti di LASA. Però, un dato positivo e certo almeno c’è: è il numero degli impiegati ad Agno: 81 dipendenti, che rappresentano 70 posti di lavoro a tempo pieno. Il Consiglio comunale di Lugano ha stanziato più di 33 milioni di franchi per crediti di investimento a beneficio dell’aeroporto, dal 1999 al 2011. Dal 2010 al 2016 Lugano ha elargito a LASA più di 4 milioni di franchi di contributi per l’affitto, con un meccanismo pernicioso: la Città sovvenziona LASA per farsi pagare l’affitto! Ciò nonostante, LASA ha conseguito per anni deficit d’esercizio. Insomma, senza essere esperti contabili, bisogna ammettere che siamo di fronte a una gestione (quasi) fallimentare.
Il punto cruciale alla fine è questo: lo scalo di Agno va considerato un servizio pubblico? Se si ritiene indispensabile l’aeroporto, quanto può spendere il Comune, e dunque i contribuenti luganesi, per tenerlo in vita?
Ora se ne dovrà occupare il legislativo della Città, discutendo il Messaggio sul rilancio. PPD e Lega sembrano disponibili a un ulteriore sostegno; l’UDC è più critica e chiederà maggiori ragguagli. Fra i liberali radicali c’è qualcuno particolarmente critico, che vedrebbe di buon’occhio il ritiro del messaggio da parte del Municipio. Socialisti e i Verdi sono decisamente in disaccordo e propongono di valutare l’impatto di una eventuale chiusura dell’aeroporto, considerando che si libererebbe un enorme terreno di proprietà della Città, 37 ettari, sul piano del Vedeggio. Nelle prossime settimane si dovrà completare il Consiglio di amministrazione, amputato di tre membri, e nominare il nuovo direttore. Se prevarrà la politica invece della competenza sarà un motivo in più per indebolire il rilancio. Un ritiro del messaggio potrebbe offrire l’occasione al Municipio di proporre scenari più realistici e diversi su cui discutere e decidere. Da ultimo, se le voci critiche nel Legislativo e in Città aumentano, potrebbe essere indetto un referendum popolare. Un’opzione che avrebbe il merito di far decidere ai cittadini, che pagano, le sorti dell’aeroporto.