Mal di schiena: quando serve il bisturi

Medicina - Tutti possono soffrire di ernia del disco, colpo della strega, lombalgia e sciatalgia, la chirurgia è però per pochi
/ 06.09.2021
di Maria Grazia Buletti

La nostra schiena è definita come un meccanismo di elevatissima precisione e basta poco per metterlo in crisi. Secondo un sondaggio della Lega svizzera contro il reumatismo, il 50 per cento della popolazione elvetica ne soffre più volte al mese o alla settimana. «Il mal di schiena è un problema molto diffuso nella popolazione e per molte persone comporta limitazioni e peggioramento della qualità della vita quotidiana: basta solo pensare che quattro adulti su cinque soffrono di mal di schiena almeno una volta nella vita o con frequenza ricorrente, e questo problema non risparmia nemmeno i giovani». 

A completare il quadro statistico sul mal di schiena saranno la dottoressa Dominique Kuhlen (primario ad interim e responsabile della Clinica di neurochirurgia INSI all’Ospedale Regionale di Lugano) e il caposervizio di Neurochirurgia EOC dottor Pietro Scarone, relatori di una conferenza sul tema che avrà luogo mercoledì 8 settembre, online. Sull’annosa questione del mal di schiena e in merito alla necessità di intervenire chirurgicamente, se del caso, entrambi convengono sul fatto che «il male alla schiena è tra i motivi più frequenti per cui ci si rivolge al medico; facile comprendere come ogni anno questa patologia generi spese sanitarie dirette ingenti, tra esami, trattamenti, riabilitazione e cure a lungo termine». 

La dottoressa Kuhlen evidenzia pure come «in Ticino spesso il paziente si rivolge velocemente al neurochirurgo, forse anche solo per venire rassicurato di non dover essere operato. Il più delle volte una visita dal medico di famiglia può già indicare la via terapeutica conservativa adeguata al caso». 

I nostri interlocutori ci spiegano che quello di recarsi in prima battuta dallo specialista è un atteggiamento a volte non proporzionato: affidarsi a un «bisturi facile» non è mai la prima scelta terapeutica da adottare per il semplice mal di schiena. Purtuttavia, di ernia del disco, colpo della strega, lombalgia e sciatalgia se ne discute al bar, dal parrucchiere o tra amici e di frequente si sente lodare l’opzione chirurgica che però, ribadisce Kuhlen, rimane una soluzione applicabile solo a casi specifici e ben definiti: «Le fasi acute del mal di schiena si risolvono normalmente con una certa rapidità privilegiando una cura conservativa; l’indicazione chirurgica rimane l’ultima opzione terapeutica se nel tempo altri trattamenti conservativi e infiltrativi non hanno portato a miglioramenti dei sintomi. Diverso è per i mal di schiena generati da traumi vertebrali o da deficit neurologici per i quali bisogna intervenire tempestivamente, come vedremo in seguito». 

Per un semplice mal di schiena, senza fattori di rischio e che dura da meno di sei settimane, non è necessario procedere con una diagnostica radiologica perché, di regola, esso passa come è arrivato. In questa fase, la scelta terapeutica si orienta su un’adeguata terapia conservativa attraverso un antidolorifico». Niente panico, quindi, ribadiscono gli specialisti: «Sebbene sia un disturbo molto diffuso, solo in pochi casi è riconducibile a un grave problema di salute. È vero che il dolore alla schiena provoca limitazioni e si ripercuote sulla qualità di vita della persona, ma non dimentichiamo che esso si può facilmente prevenire o risolvere senza farlo diventare cronico: la prevenzione passa da una buona igiene di vita, il controllo del peso, un lavoro posturale, corretta ergonomia sul posto di lavoro e adeguato movimento regolare per il rinforzo muscolare». 

Tuttavia, la statistica indica che circa un quarto delle persone che soffrono di mal di schiena acuto va incontro a recidive e in circa il 10 per cento diventa cronico: «La cronicizzazione rappresenta un problema più serio rispetto al mal di schiena acuto, ma anche qui bisogna ponderare attentamente l’opzione chirurgica secondo i criteri cui abbiamo accennato prima: l’indicazione deve essere molto mirata e scrupolosa perché si tratta sempre di un intervento che, come per tutta la chirurgia, comporta i suoi rischi e le possibili complicazioni del caso». 

Secondo la neurochirurga, solo il 16 per cento di casi dei primi consulti ambulatoriali potrebbe portare a un intervento alla schiena: «Un dato in regressione perché la scelta terapeutica si orienta sempre più verso trattamenti conservativi. La chirurgia come “tecnica dell’arte” è indicata per risolvere i deficit neurologici (compressione di un nervo o sul midollo): in questi casi consiste nella semplice liberazione del nervo compresso al microscopio e con tecnica mininvasiva. Può trattarsi della rimozione di un’ernia discale (tecnica analoga), della resezione di un tumore che comprime, oppure di un contesto di instabilità responsabile di un problema meccanico (frattura vertebrale, problema degenerativo di deterioramento vertebrale dovuto all’età che causa instabilità biomeccanica e deve essere stabilizzata con viti, barre e placche secondo indicazione)». 

I traumi vertebrali fanno capitolo a sé: «Dobbiamo distinguere fratture stabili e fratture o lesioni traumatiche instabili: previo esame clinico e immagini radiologiche, chiare linee guida permettono di valutare se il trattamento conservativo sarà sufficiente o se c’è un’indicazione chirurgica. Ad esempio, lesioni instabili con rischio di lesione sul nervo o del midollo necessitano l’intervento». Si tratta di neurochirurgia mirata che oggi gode di alta precisione e sicurezza dovute allo sviluppo altamente tecnologico applicabile in sala operatoria, alla specifica preparazione dei neurochirurghi che lo utilizzano e alla loro abilità: «La navigazione tridimensionale, con l’ausilio di TAC intraoperatoria, permette al chirurgo di programmare in tridimensione larghezza, lunghezza e posizionamento delle viti: qualità e sicurezza dell’intervento mini invasivo sono ai massimi livelli e conducono a un decorso post operatorio migliore, con piccole ferite e trauma muscolare minimo. Il paziente viene mobilizzato lo stesso giorno dell’intervento e la fisioterapia riabilitativa comincia immediatamente con l’obiettivo di migliorare la sua qualità di vita e le sue prestazioni funzionali». Tornare a svolgere tutte le attività quotidiane, sportive e professionali dovrebbe così essere possibile, conclude la dottoressa Kuhlen.

Mercoledì 8 settembre, online, avrà luogo una conferenza pubblica virtuale proprio incentrata sul tema Mal di schiena: quando serve il bisturi (dalle 18.30, sulla pagina Facebook EOC; le coordinate per accedere al Webinar si trovano a questo link).