«Decidendo di somministrare un antibiotico, il veterinario si assume una grande responsabilità: nella guerra contro i batteri bisogna saper “sparare con armi importanti”, ma solo quando è necessario», così esordisce il dottor Stefano D’Albena (veterinario specializzato in equini) quotidianamente confrontato con questi «grossi pazienti» per i quali è chiamato a prendere decisioni talvolta vitali, come quella della prescrizione di un antibiotico. Egli è d’altronde perfettamente allineato con la perentoria campagna di sensibilizzazione lanciata quest’anno dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (Usav): «Gli antibiotici salvano la vita, ma non sempre sono necessari».
La ponderata scelta della somministrazione di questi farmaci particolari si gioca su due facce di una stessa medaglia. La prima riguarda la loro riconosciuta e preziosa efficacia, come spiega il nostro interlocutore: «L’antibiotico è certamente una medicina molto efficace che va scelta secondo una specifica indicazione individuale (per l’appunto, un po’ come le armi quando si va in guerra)». Secondo lo specialista: «Scegliere di dare un antibiotico nella “guerra della cura” equivale a “sparare con armi davvero potenti” ed è come mettere in campo un esercito di migliaia di uomini ben armati contro i batteri: un reggimento di soldati scelti che in poco tempo riesce a vincere la battaglia».
I batteri sono dunque il «terribile nemico» che, se non combattuto con il giusto tempismo e la giusta terapia antibiotica, può portare l’animale persino al decesso: «Se non si somministra un antibiotico che sarebbe necessario, la patologia batterica in corso progredisce inesorabilmente. Allora, nella migliore delle ipotesi, la situazione potrebbe peggiorare rovinando l’organo che l’infezione batterica sta intaccando (cornea, bronco, sottocute sulla ferita…), e i batteri potrebbero ben presto propagarsi con esito letale agli altri organi contigui a quello colpito».
Nel dubbio, e visto il pericolo rappresentato dalle infezioni batteriche, sarebbe facile giungere alla sbagliatissima conclusione che l’antibiotico va sempre somministrato. Ma non è così e qui sta il rovescio della medaglia, quello da cui l’Usav mette in guardia con la sua campagna informativa sulla scelta di dare o meno un antibiotico: «Gli antibiotici devono mantenere la propria efficacia anche in futuro. Per questo è importante utilizzarli con attenzione sin da oggi; somministrarli quando non servono è una grossa sciocchezza e potrebbe condurre a una resistenza dei batteri verso il farmaco. Ciò significa che una eventuale volta successiva, quando sarà davvero in atto un’infezione batterica, gli antibiotici non avranno più l’effetto terapeutico auspicato».
La resistenza dei batteri agli antibiotici è una questione molto delicata, anche nella medicina umana, e proprio per questo l’Usav promuove la campagna a favore di una prescrizione oculata, la cui decisione è strettamente di pertinenza medica e veterinaria. «Al proprietario dell’animale deve essere chiaro che l’antibiotico prescritto dal veterinario dovrà essere somministrato ad opera d’arte», spiega D’Albena che parla di «dosi corrette e non minime, calcolate individualmente», come pure di un «periodo sufficiente indicato dal veterinario»: «Non bisogna smettere di dare l’antibiotico perché i sintomi si attenuano, ma lo si deve somministrare dai sei ai dieci giorni come prescritto, perché in realtà in corso di terapia la guerra contro i batteri non è ancora vinta, pena la recrudescenza della malattia con resistenza “del nemico batterio” che ci farebbe perdere la battaglia che stiamo combattendo», insiste il veterinario.
Chiediamo allora al dottor D’Albena di elencarci, in concreto, le indicazioni che meritano la decisione del veterinario di prescrivere un antibiotico al cavallo: «Meritano certamente una terapia di questo tipo le ferite sporche che sono aperte da più di due o tre ore e non sono state disinfettate tempestivamente; le ulcere corneali dell’occhio o le ferite perioculari vanno pure trattate con una terapia a base di collirio e crema oculare antibiotica. Poi ci sono tutte le cosiddette affezioni bronco-polmonari per le quali la scelta del farmaco migliore apre un’ampia riflessione, perché in questo caso bisognerebbe effettuare un antibiogramma: un esame dell’aspirato bronchiale la cui analisi permetterebbe di stabilire esattamente con quale battere siamo confrontati e, di conseguenza, quali “armi sfoderare” per ucciderlo con successo e salvare l’animale».
Disponiamo infatti di un ventaglio di antibiotici che sono più o meno specifici per certi batteri e D’Albena spiega la sua linea: «Spesso mi trovo a prescriverne uno fra i più comuni, che però ha un’efficacia terapeutica ad ampio spettro». Altre patologie che meritano sempre un antibiotico sono: «La cellulite interstiziale (gamba gonfia, cavallo zoppo, ferita invisibile perché il pelo la nasconde), rari casi di peritonite o quelli estremi in cui l’animale è in pericolo di morte».
Una decisione che il nostro interlocutore ribadisce ancora una volta essere di unica pertinenza veterinaria: «Il fai da te è assolutamente vietato!». Infine, egli ci rende attenti sul fatto che ci stiamo concentrando sui cavalli da compagnia, per il tempo libero o sportivi: «Il discorso degli antibiotici per rapporto agli animali da reddito si fa molto più complesso perché entrano in gioco le dinamiche della catena alimentare».