Chiusure pandemiche e venti di guerra hanno fatto riaffiorare qua e là antichi termini caduti in disuso, spazzati via da decenni di pacifico benessere e dalla globalizzazione accelerata dei mercati. Autosufficienza, autarchia, nella memoria collettiva elvetica (sempre più labile per ragioni anagrafiche) si legano automaticamente all’ormai leggendario «Piano Wahlen», dal nome del suo inventore, l’agronomo Friedrich Traugott Wahlen, detto Fritz, che sarebbe divenuto consigliere federale nel 1958.
Il piano agricolo-alimentare rientrava nella più ampia economia di guerra, e, come ricorda il Dizionario storico della Svizzera, prevedeva l’estensione delle superfici coltivate e l’aumento della produttività agricola al fine di garantire gli approvvigionamenti e l’autosufficienza alimentare durante la seconda guerra mondiale.
Nell’iconografia popolare della seconda guerra mondiale, il Piano Wahlen viene associato perlopiù al cliché delle aiuole urbane seminate a patate. Nel giudizio degli storici non raggiunse gli obiettivi quantitativi pronosticati in ettari coltivati, ma agì piuttosto a livello psicologico nell’ambito della difesa spirituale, rafforzando il sentimento di coesione nazionale. In realtà, riletto a 80 anni di distanza, il progetto del giovane scienziato appare anche come un lungimirante intervento su vasta scala di politica agricola e di educazione alimentare. Anche perché Fritz Wahlen non era un funzionario federale qualunque. Nato nel 1899 in un villaggio della campagna bernese, laureato ingegnere agronomo al Politecnico di Zurigo, si era addottorato nel medesimo ateneo in scienze tecniche prima di partire per il Canada, dove a 25 anni dirigeva già le 7 stazioni agricole sperimentali nazionali. Nel 1929, a 30 anni, decise di rientrare in patria perché un ancor più alto incarico che gli era stato offerto dal governo canadese gli avrebbe imposto la rinuncia alla cittadinanza svizzera.
Negli anni 30, alla testa della Stazione federale della sperimentazione agricola a Zurigo Oerlikon e come esponente del Partito degli agrari, ebbe modo di passare sotto la lente il mondo contadino svizzero e di costruire quel progetto che avrebbe presentato nel novembre del 1940 alla Società degli agricoltori svizzeri. In estrema sintesi, il suo piano prevedeva di correggere lo squilibrio tra produzione animale e produzione vegetale, per garantire cibo sano a sufficienza a 4 milioni di concittadini circondati dalla guerra.
In particolare si trattava di riconvertire parte di quei terreni che nell’ultimo secolo erano passati dall’agricoltura all’allevamento: da una percentuale di 83 a 17, il piano Wahlen proponeva di ridurre i pascoli al 54 per cento e aumentare le coltivazioni al 46 per cento. Gli studi dicevano infatti che da un ettaro di pascolo per foraggio si otteneva annualmente cibo per 5 persone, mentre con un ettaro coltivato a cereali si sfamavano 9 persone all’anno, con patate e verdure addirittura 20 persone. Prima della guerra la superficie coltivata in Svizzera era di 183 mila ettari, la riconversione di parte dei pascoli avrebbe dovuto portare la superficie a 500 mila ettari, riducendo i capi di bestiame da 1 milione e 700 mila capi a 1 milione e 250 mila.
Lo scetticismo iniziale venne ben presto superato dal progressivo accerchiamento degli eserciti in guerra, che aveva messo in evidenza la rischiosa fragilità della dipendenza dalle importazioni: prima della guerra la Svizzera importava 100 mila vagoni di cereali all’anno, il 60 per cento della farina per il pane quotidiano… Il dottor Wahlen venne quindi incaricato dal Consiglio federale di implementare il suo progetto, che dall’ambito della produzione agricola si estese ben presto anche alle scienze dell’alimentazione.
Alla promozione del Piano diede ampio risalto anche «Azione». Nella sua edizione del 31 gennaio 1941 invitava alla lettura de «La battaglia agricola – I compiti della nostra agricoltura in tempo di guerra dal Piano autarchico dell’alimentazione del Dr. Fritz T. Wahlen». In prima pagina, su cinque colonne, si leggeva tra l’altro, che «nel settore più importante dell’economia di guerra, cioè la produzione delle derrate alimentari, il competente Ufficio aveva messo in campo i massimi esperti della moderna scienza dell’alimentazione per il calcolo delle razioni».
La ricerca di un equilibrio alimentare in tempo di guerra produsse iniziative che oggi potremmo definire vere e proprie avanguardie dell’odierno proliferare delle consulenze dietetiche. Vale la pena allora dare un’occhiata al Cinegiornale del 18 giugno 1943 (pubblicato da Memoriav su memobase.ch), che presentava una novità assoluta per tutto il continente: il «menu parlante», un servizio offerto dall’Officina del gas di Zurigo in collaborazione con l’amministrazione dei telefoni, con tanto di liste della spesa, ricette e consigli per il risparmio energetico. I consigli indirizzati alle massaie permettevano di preparare, nonostante il razionamento, dei pasti variati, nutrienti ed economici, riducendo al minimo le spese di cottura. Le solide basi scientifiche su cui aveva basato il suo piano di politica agricolo-alimentare, valse nel 1942 al dottor Wahlen il prestigioso premio Marcel Benoist, che dal 1920 a tutt’oggi mette in evidenza i migliori cervelli della ricerca svizzera, 11 dei quali sono stati onorati anche del Premio Nobel. L’onorificenza gli venne conferita come riconoscimento dell’eccellente contributo scientifico fornito in qualità di caposezione della produzione agricola all’interno dell’Ufficio federale dell’alimentazione di guerra nella preparazione, motivazione ed esecuzione dell’aumento delle colture richiesto dal Consiglio federale.
Alla fine della guerra, archiviata la popolare missione dell’emergenza alimentare nazionale, il professor Wahlen si dedicò alla cattedra di agronomia al Politecnico di Zurigo fino al 1949, quando venne chiamato a occuparsi di fame nel mondo agli alti vertici della FAO, l’Istituto delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione fondato in Canada nel 1945. Dapprima a Washington e poi a Roma, il celebre agronomo elvetico diresse dapprima la Divisione dell’agricoltura, poi il Programma tecnico e infine giunse la nomina a Direttore generale aggiunto. Ma il richiamo della Patria lo raggiunse nuovamente nel 1958, quando venne eletto Consigliere federale in sostituzione di Markus Feldmann, prematuramente scomparso.
«Uno svizzero all’estero richiamato a Berna a fare il Consigliere federale» – commentò divertito in una delle ultime rare interviste.