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L’ipertensione è nemica del cuore

Medicina - Conoscere la propria pressione arteriosa e le situazioni di rischio per tutelare la propria salute
/ 13.12.2021
di Maria Grazia Buletti

Chi soffre di ipertensione ha probabilità da due a dieci volte maggiore di subire un ictus cerebrale, un infarto del miocardio o sviluppare un’insufficienza cardiaca. «Sono malattie che cambiano radicalmente l’esistenza e possono essere causa di importanti conseguenze fisiche o addirittura causare la morte». A parlarne è il professor Giovanni Pedrazzini, primario di cardiologia del Cardiocentro Ticino EOC, il quale definisce la «pressione alta» come «una condizione persistente in cui i valori della pressione del sangue risultano elevati per rapporto ai parametri che sono definiti come normali dalla comunità scientifica».

In realtà, la pressione sanguigna rappresenta «la forza con cui il sangue viene pompato dal cuore all’interno dei vasi e, nella paletta di valori considerati normali, può variare da persona a persona». Le variazioni di pressione sono pure fisiologiche durante l’arco della giornata e della vita: «L’organismo risponde fisiologicamente a certe situazioni come sforzi o stress (ndr: è abbastanza comune, ad esempio, l’aumento della pressione misurata dal medico e causata dal momento di agitazione, anche inconscia, definita «da camice bianco»). Ma se la media di più misurazioni indica valori pressori che restano alti, allora aumentano i rischi di malattie anche gravi».

A complicare il tutto, il professor Pedrazzini sottolinea che accorgersi di essere ipertesi non è cosa semplice: «Non a caso, l’ipertensione è definita “killer silenzioso” perché non dà segni della sua presenza, salvo manifestarsi in tutta la sua gravità quando contribuisce a provocare quelle complicazioni gravi e temute, come infarto e ictus cerebrale». E intanto nell’organismo si produce un danno lento e progressivo: «Le arterie diventano più rigide e meno capaci di rispondere ai bisogni del corpo; si possono formare lesioni arteriosclerotiche, specie in presenza di ipercolesterolemia; rigidità e restringimenti dei vasi riducono l’apporto di sangue e ossigeno al cervello e il cuore si affatica diventando sempre meno attivo».

È facile immaginare che questa progressione aumenti notevolmente il rischio di infarto, ed è pertinente chiedersi come possiamo accorgerci per tempo di avere la pressione alta. «Tra 40 e 50 anni è consigliato un controllo generale dal medico di famiglia, nel quale si misurano anche i valori pressori, con particolare attenzione per quei pazienti che già presentano altri fattori di rischio, i quali, se associati all’ipertensione, possono aumentare in modo esponenziale i rischi delle conseguenze ipertensive».

Parliamo di ipercolesterolemia, fumo di sigaretta, sovrappeso, diabete, per i quali la prevenzione rimane la chiave per evitare il peggio e preservare la propria salute: «È infatti possibile prevenire l’ipertensione e ridurne i valori senza ricorrere ai farmaci, almeno nelle forme più leggere: basta seguire qualche semplice regola come non essere sedentari a favore di un movimento regolare, insieme a tutte quelle regole di igiene di vita che contribuiscono a preservare la salute: non fumare, non eccedere a tavola e via dicendo».

La natura dilagante dell’ipertensione giustifica infatti ampiamente l’accento sulla prevenzione: «Si stima che il 30-35 per cento della popolazione sia ipertesa, percentuale che sale ad almeno 50-60 per cento se si considerano le persone oltre i 60 anni». Questo anche perché l’ipertensione fa comunque «parte del processo di invecchiamento del nostro organismo». Quando, per contro, si manifesta in età più giovane, vanno ricercate le cause di quella che allora è definita ipertensione secondaria: «Parliamo della ricerca di eventuali problemi endocrini, alle arterie renali o di altra natura come patologie ormonali (sindrome di Cushing, ipertireosi, malattie endocrine…): tutte patologie che possono essere associate alla comparsa della pressione alta».

È pure importante ricordarsi che nella donna può verificarsi la sindrome metabolica: «Parliamo di donne in età post menopausa, in sovrappeso, che in virtù di ciò tendono a sviluppare ipertensione, resistenza all’insulina (diabete tipo 2), che a loro volta accentuano il rischio cardiovascolare». È quindi buona regola che tutti conoscano i valori della propria pressione arteriosa, ed è pure importante aderire alle sporadiche iniziative in cui si invita la popolazione a farsela misurare: «Si riesce a individuare molto più precocemente se misurata dal medico di famiglia ad ogni visita, e se ci si abituasse a misurarla a casa di tanto in tanto».

Dunque, spesso chi è iperteso non lo sa, ma d’altronde, anche se lo sa, non sempre si cura a dovere: «La persona ipertesa tende a sottostimarne i rischi, si sente relativamente bene, spesso accetta di malavoglia una terapia di durata indefinita di cui sovente vede solo gli effetti negativi e dopo un po’ smette di assumere i farmaci che andrebbero invece assunti per sempre». Infatti, il cardiologo spiega che dall’ipertensione non si guarisce, ma si può fare molto per tenerla controllata in modo da non permetterle di causare quei danni ben più gravi di cui si è parlato: «Abbiamo a disposizione un’ampia varietà di farmaci, prescrivibili in modo individuale: diuretici, beta-bloccanti, ACE-inibitori, Calcio antagonisti, e via dicendo, senza dimenticare che la pressione segue il ritmo delle stagioni: in estate, con il caldo, può calare, ma ciò non significa che si possano eliminare le cure e, se sorgono dubbi, prima di prendere iniziative bisogna sempre consultare il medico».

Ci sono speranze anche per la minoranza di pazienti resistenti alle terapie: «La farmacologia sta studiando soluzioni alternative, ma la maggior parte dei fallimenti terapeutici dipende dalla scarsa aderenza alle cure. In certi casi, se la terapia farmacologica non fosse sufficiente, si considera la cosiddetta denervazione renale: un intervento percutaneo che ha come obiettivo di modulare, mediante ablazione, la risposta del sistema simpatico a livello delle arterie renali e, di conseguenza, portare a un abbassamento stabile dei valori di pressione».

Per migliorare le cure, in Ticino si sta costituendo un Gruppo cantonale di lavoro interdisciplinare dell’ipertensione, composto da cardiologi insieme a nefrologi, internisti e pediatri. «Il Ticino dispone di un Label di qualità come centro di eccellenza per l’ipertensione», conclude Pedrazzini, ribadendo che è molto più diffusa di quanto possiamo pensare, in genere non dà sintomi, non è una malattia ma aumenta notevolmente il rischio di ammalarsi: «Molti ipertesi non sanno di esserlo, o non si curano adeguatamente». Eppure, uno stile di vita sano e farmaci efficaci possono scongiurare un danno davvero grave e talvolta inesorabile.

Mercoledì 15 dicembre, alle 18.30 sarà possibile seguire una conferenza pubblica virtuale sul tema. Qui si potranno porre domande a due specialisti, il professor Giovanni Pedrazzini (primario cardiologia Cardiocentro Ticino EOC) e la dottoressa Francesca Scopigni (Caposervizio).