L’inverno delle Isole

Brissago – Sono una squadra di quattro giardinieri: durante la bella stagione rendono il Giardino Botanico fruibile al meglio per i visitatori, ma è d’inverno che svolgono i lavori più importanti
/ 22.02.2021
di Sara Rossi Guidicelli

Il mestiere del giardiniere è fatto di occhi, cura e pazienza. Umiltà e solitudine. Me lo racconta Mattia Boggia, capogiardiniere del Giardino Botanico su una delle Isole di Brissago, da vent’anni ormai. La sua squadra è composta da quattro persone, che la mattina si sparpagliano per l’isola e si ritrovano per pranzo. Se d’estate il loro lavoro è più un’opera di manutenzione, svolto con discrezione per non intralciare il visitatore, d’inverno, quando le Isole sono chiuse al pubblico, si fanno i «lavori grossi», come potare, rifare le aiuole, curare, preparare alla nuova stagione. 

«Lo scopo del Giardino è culturale», mi fa notare Mattia, «perché si conservano specie rare e si diffonde la conoscenza delle piante. Come un museo vivente, uno zoo, una riserva naturale dà la possibilità di scoprire e osservare esemplari sconosciuti o di cui conosciamo solo un prodotto lavorato, come la vaniglia, l’agave, l’albero del pepe rosa». La tradizione si deve a Antonietta, figlia illegittima dello zar Alessandro II, che nel 1885 si stabilì sulle Isole di Brissago con il pallino per la botanica e i giardini esotici. Il clima delle Isole di Brissago si rivelò incredibile: quasi subtropicale, cioè temperato e umido, compatibile con la vegetazione del Mediterraneo. La notte infatti la temperatura scende raramente solo di pochi gradi sotto lo zero e anche gli inverni sono miti: le montagne proteggono, l’acqua del lago conserva il calore e lo rilascia piano piano, spesso soffia un’aria mite dal Golfo di Genova. Nel Novecento, le isole divennero poi proprietà e dimora di Max Emden, ricchissimo ebreo in fuga dalla Germania che costruì la splendida villa e si occupò del giardino. Dopo la sua morte, l’isola restò per anni abbandonata e quando fu ritirata da Cantone, Comuni di Ascona, Brissago e Ronco s/Ascona, Lega Svizzera per la difesa del patrimonio nazionale e Pro Natura, gran parte del lavoro botanico fu da rifare. Gli anni sotto la guida scientifica del direttore biologo Guido Maspoli sono stati anni di scambio intenso di semi con i parchi botanici di tutto il mondo. Ora sono presenti circa 2000 specie di piante, da un anno il Parco è gestito dal Dipartimento del Territorio ed è a concorso il posto per la figura del direttore scientifico.

«Facciamo il giro del mondo!», invita Boggia. «Abbiamo ricreato gli ambienti vegetali di cinque regioni che hanno un clima mediterraneo, con inverni freschi e umidi e estati calde e secche: bacino del Mediterraneo, Regione del Capo in Sud Africa, costa californiana, coste sudorientali dell’Australia e zona centrale del Cile. Ognuna di queste zone di mondo ha il suo spazio sull’isola, dove secondo la nostra filosofia la pianta deve essere il più libera possibile e coltivata in modo sostenibile. Si riproduce, si propaga, si attornia da ciò che comunemente si chiamano “erbacce”, viene bagnata il meno possibile e d’inverno non viene protetta in modo particolare». Pochissime piante infatti sono trasferite nella serra durante il periodo freddo: alcune di quelle che fanno parte del giardino di piante utili, come gli aromi e le erbe di cucina, le spezie, le piante medicinali.

La meteo è la prima sfida del giardiniere. «Di fronte a lei siamo impotenti, ma possiamo prevedere alcuni problemi. Altri invece ci arrivano addosso, come l’alzarsi dell’acqua di questo autunno: alcuni metri di isola sono stati sommersi. Avevo appena trapiantato alcune piantine e tutte sono state spazzate via. Quando le acque si sono ritirate hanno lasciato un’immensa quantità di legname che abbiamo dovuto ripulire».

Un’altra sfida del giardiniere sono i parassiti. C’è un fungo sull’isola, l’armillaria, contro cui da tempo si batte la squadra di Boggia. Visto che non ci sono cure per debellarlo, durante l’inverno si provvede a ripulire alcune aree, cambiando la terra, trattando con funghi antagonisti e sostituendo le piante colpite.

C’è poi la cura della vegetazione, il suo studio, la vita di ogni esemplare della collezione da valorizzare. Per esempio, un albero vecchio e marcio dentro ha dovuto essere abbattuto («ma poi gli daremo nuova vita, grazie a qualcuno che creerà un’opera d’arte con il materiale rimasto», ci tiene a precisare il giardiniere). Un’altra pianta, del Sud Africa, non sopporta i ristagni d’acqua e allora Mattia ha sostituito la terra sotto di lei con un substrato minerale di lava e pomice drenante.

Ma le fatiche si sommano ai regali. In questo periodo ci sono fioriture che possono godersi solo gli addetti ai lavori: vedo una Protea della Regione del Capo che fiorisce proprio in questo periodo, prima della primavera. Oppure un fiore minuscolo immerso fra aghi verdi che mi fa notare il mio accompagnatore: «A volte questi fiori piccoli “da scoprire” sono più belli di quelli sgargianti che si offrono facilmente alla vista». Ecco, perché non mettere qualche pannello informativo oppure perché non creare un’audioguida che racconti la storia dell’isola, la suddivisione in continenti, qualche curiosità, il lavoro che sta dietro a un giardino esotico? Chissà. Magari un giorno. Guido Maspoli a suo tempo sognava un sistema di sfruttamento dell’energia solare per muovere una flotta di catamarani tra la terraferma e le Isole per il trasporto dei visitatori. Tutti progetti che troveranno forse vita nei prossimi anni.

Il lato didattico è importante in ogni Giardino Botanico. Qui, oltre all’esperimento di far vivere specie selvatiche dei cinque continenti, si mostrano anche quegli esemplari di piante esotiche che vanno molto di moda ma che pochi sanno come si presentano: avocado, liquirizia, macadamia, curcuma, zenzero, cardamomo, tea tree, canna da zucchero... La vaniglia ha una storia buffa, che fa comprendere come ogni elemento di vita su questa terra faccia parte di un ecosistema: trapiantata qui, è riuscita benissimo a crescere, ma non a riprodursi. Perché? Perché nessun insetto «ticinese» voleva impollinarla. Per far riprodurre la vaniglia, i giardinieri delle Isole la impollinano dunque a mano...

Camminiamo. Ascoltiamo il vento, che in ogni fronda suona uno strumento diverso. Mi fa ridere la Tillandsia usneoides, che cresce nella serra, perché penzola dal soffitto come dei capelli turchini di principessa; Mattia ne strappa un pezzetto e lo lancia sulle foglie di vaniglia. «Ecco», dice, «ora qui ricrescerà, si attaccherà alle foglie e da lì riprenderà a penzolare. Non ha bisogno di nulla, si arrangia da sola». Per concludere il giro, e naturalmente per ricominciarlo sognando, c’è il giardino magico. Siamo pur sempre in territorio di misteri, teosofia e balabiott. In questo angolo del Giardino si coltivano piante speciali e segrete: vegetali velenosi, allucinogeni, puzzolenti... Per arrivarci c’è un labirinto e quando ci andrete voi, ci sarà la nebbia. Una nebbia densa che Nicola Colombo, mago di Bellinzona esperto nel riprodurre nubi e lampi, ha creato qui, per ricoprire di mistero l’entrata del giardino magico.