Durante il lockdown Alessandro Bianchi ha messo a disposizione sul suo sito un gioco sui grotti ticinesi

L’inventore di giochi

Incontri – Dietro ogni gioco c’è sempre un inventore. Il sogno di un giovane momò
/ 14.09.2020
di Jonas Marti

Quando nel 1580 il granduca di Toscana Ferdinando I De’ Medici regalò «il nuovo e molto dilettevole gioco dell’oca» al re di Spagna Filippo II, non poteva immaginare il successo che stava scatenando. Il monarca spagnolo rimase così affascinato dal curioso gioco, tanto da diffonderlo nelle corti di mezza Europa. Quella dei giochi da tavolo è una storia millenaria che risale agli albori della civiltà. Frammenti sono stati trovati in molti siti archeologici sparsi per il mondo intero, e di alcuni giochi addirittura non conosciamo nemmeno le regole… «Che bella cosa!», ci interrompe scherzando Alessandro. «Non conosciamo le regole perché in passato le regole si trasmettevano solo oralmente. Una gran fortuna per gli inventori di giochi di allora, che si sono risparmiati così la terrificante impresa di scrivere il libretto del regolamento».

Non manca certo lo spirito giocoso ad Alessandro Bianchi, inventore di giochi sin dalla scuola elementare («che inventavo giochi sui banchi di scuola me lo dicono i miei vecchi compagni, ma io sinceramente ricordo molto poco…»). Grafico e creatore di siti web, 29 anni, di Riva San Vitale, il suo grande sogno è riuscire a riempire il frigorifero solamente inventando giochi. «Ci sentiamo fra 5 anni e ti potrò dire se ce l’ho fatta». In realtà Alessandro non è assolutamente alle prime armi. Il primo gioco, autofinanziato e autoprodotto con il sostegno degli amici, è uscito nel 2018. Barlòtt, si chiama. Un gioco da tavolo ambientato sul territorio e dedicato alle leggende ticinesi. «L’idea è arrivata leggendo un libro: sono rimasto sorpreso che in Ticino ci fossero così tante storie incredibili, con risvolti molto fantasy». Così Alessandro si è messo al lavoro. Mostri, briganti e spiriti maligni hanno rubato i tesori del villaggio, e i giocatori devono recuperare il maltolto. Con la meccanica squisitamente nostrana di lanciare bocce in miniatura, con le dita, su una minuscola pedana. Più tardi, in collaborazione con Infogiovani, ha pubblicato Il villaggio dei diritti, per i 30 anni della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo. Scopo del gioco è raccogliere punti per costruire, entro il tempo stabilito, case, scuole, parchi e ospedali che favoriscono la messa in pratica dei diritti fondamentali.

«Ma per fare un gioco di successo non c’è bisogno di chissà cosa. Basta un foglio quadrettato e una matita», precisa Alessandro, che è pure riuscito ad inventarsi una escape room (un gioco di logica nel quale i concorrenti devono cercare una via d’uscita da una situazione) su un semplice foglio A4. Durante i mesi di lockdown ha invece messo a disposizione, in modalità completamente gratuita sul suo sito lafucinadiefesto.ch, un gioco ambientato nei grotti ticinesi, da giocare con carta, matita e smartphone. «Le regole? Mmm, non me le ricordo più, ne faccio così tanti…»

Creare un gioco è un lavoro lungo e faticoso. Si comincia con l’idea. Poi bisogna costruire il prototipo e bisogna testarlo con dei giocatori. «Ho molti amici che uso come cavie. All’inizio ci sono sempre molti nodi da risolvere. Si gioca, si modifica, si gioca ancora e si modifica ancora, e si continua così finché si diventa troppo vecchi per continuare, o finché il gioco non fila via liscio», scherza Alessandro. Poi, però, bisogna scrivere il regolamento. «È la parte peggiore, un incubo: non ho ancora sentito di un autore contento di scrivere regolamenti». E infine, il grande scoglio: trovare chi crede nel progetto, ed è disposto a finanziare e produrre il gioco. «Ma in Ticino ancora non si vede la potenzialità di questo settore e nessuno vuole investirci.»

Eppure negli ultimi anni – le cifre parlano chiaro – i giochi da tavolo stanno vivendo un inaspettato rinascimento. Nel 2019 in Svizzera le vendite sono cresciute di oltre il 50% rispetto all’anno precedente. Una tendenza riconoscibile anche a livello internazionale. Secondo alcune stime, il fatturato mondiale dei giochi da tavolo dovrebbe aumentare dagli attuali 13 miliardi di franchi a oltre 21 nel 2025, con un incremento del 60%. Spiega Alessandro: «Oggi si vedono anche signore di una certa età che giocano con il proprio smartphone mentre sono dal parrucchiere. Le app di gioco che scarichiamo sul telefonino ci stanno portando ad apprezzare nuovamente i vecchi e buoni giochi da tavolo. Del resto il mercato si sta espandendo anche in Asia. Dieci anni fa nelle fiere dedicate non trovavi quasi nessun gioco, oggi ce ne sono sempre di più».

Eppure, tra tutti i mestieri del mondo, l’insolita professione dell’inventore di giochi continua a essere vista come una curiosità da giardino zoologico. «Il gioco è ancora considerato un’attività legata allo svago, al divertimento frivolo, tutt’altro che un’attività seria». Il problema, secondo Alessandro, è che «si è sempre considerato il gioco un’attività infantile. Nulla di più falso, anzi: storicamente è solo negli ultimi tempi che i giochi sono stati destinati ai bambini. In passato i giochi erano per gli adulti. Servivano per scopi strategici, come gli scacchi, oppure avevano una funzione rituale. Gli animali usano inoltre il gioco per imparare. I giochi da tavolo sono ottimi strumenti per veicolare messaggi».

Un illustre esempio è Monopoly. Quando nel 1903 la scrittrice e attrice americana Lizzie Magie inventò il gioco da tavola più venduto di tutti i tempi, in realtà intendeva solamente lottare contro le ingiustizie del sistema economico. Monopoly voleva dimostrare, concretamente e sotto gli occhi di tutti, come la concentrazione di terreno nelle mani di poche persone fosse pericolosa: i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

Ma purtroppo i sogni non sempre bastano. Bisogna sostenerli con impegno e dedizione. E così una mattina Alessandro si è svegliato e ha deciso di iscriversi a un corso di game design, che ora segue virtualmente, causa virus. «Lo fanno in Italia, dove ci sono molti autori di giochi professionisti. Alcuni di loro producono fino a venti giochi all’anno e riescono a vivere di questo». La scuola offre lezioni di storia dei giochi da tavolo, di meccaniche ed elementi di progettazione, di storytelling, di marketing, dà consigli per pubblicare e distribuire. E insegna come redigere un perfetto regolamento.

«In realtà il game design è una professione alla portata di tutti. Non servono competenze specifiche, anche se alcune possono aiutare. Se sei bravo in matematica puoi sviluppare ottimi giochi matematici. Se sei bravo nella psicologia, puoi scavare nell’animo dei giocatori e capire che cosa li fa divertire e che cosa li spinge a prendere decisioni».

Alessandro Bianchi sta ora lavorando a nuovi progetti, alcuni anche ibridi tra gioco da tavolo e videogame, ed è arrivato in finale in due concorsi internazionali di game design. Diceva Friedrich Schiller: «l’uomo è veramente uomo soltanto quando gioca». Ma ricordiamoci che ci vuole sempre qualcuno che inventi il gioco per lui.