Bibliografia

- Stoppani A. (1873) Corso di geologia del professore Antonio Stoppani. Vol 2, Milano, Editore G. Bernardoni.

- Stoppani A. (1876) Il Bel Paese, conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia. Milano, Editore Giacomo Agnelli.


L’era in cui l’uomo scompone la natura

Geologia - Osservazioni di un sacerdote-naturalista che già nel 1873 intuì la portata dell’impatto dell’uomo sull’ecosistema globale
/ 10.08.2020
di Rudolf Stockar

La consapevolezza che le attività umane, sebbene di durata irrisoria a scala geologica, abbiano un impatto determinante e persistente sull’ecosistema Terra è ormai radicata in tutti noi. Siamo appena entrati nell’Antropocene, termine informale proposto da Crutzen e Stoermer nel 2000 per l’epoca attuale, e già ci chiediamo come ne usciremo. Non si tratta tuttavia di una presa di coscienza del tutto inedita.

L’influsso dell’uomo sull’ecosistema globale è stato, infatti, minuziosamente descritto per la prima volta nel 1873 da Antonio Stoppani (1824-1891), che introdusse il termine «Antropozoico» per indicare un’era iniziata con «il primo indizio dell’uomo (…), nuova forza tellurica che, per la sua potenza e universalità, non sviene in faccia alle maggiori forze del globo». 

Nato a Lecco nel 1824, ordinato sacerdote nel 1848, Stoppani fu patriota, geologo, paleontologo e infine direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano tra il 1882 e il 1891. Alla nuova era dedica dieci pagine del secondo volume del suo Corso di geologia pubblicato nel 1873. La visione di Stoppani non ammetteva alcun conflitto tra Sacre Scritture e scienza. Forte della sua concezione liberale di cattolicesimo, tenta di conciliare scienza e fede, rigettando ostinatamente l’idea darwinista (L’Origine delle specie era apparsa pochi anni prima, nel 1859). Le leggi della natura sono per lui la dimostrazione della sapienza e potenza divina. Quale contrasto poteva mai sussistere tra fede e scienza, giacché quest’ultima conduceva a Dio attraverso la comprensione della sua opera? 

L’influenza dell’uomo sull’ambiente è conseguenza di quel «dominio sovrano che da Dio venne all’uomo trasmesso» che si riallaccia al passo della Genesi «Crescete, moltiplicatevi e riempite la Terra. Avranno timore e spavento di voi tutti gli animali della terra e tutti gli uccelli del cielo». Se l’approccio è tale da spingere molti a etichettare Stoppani come un cieco anti-evoluzionista ormai fuori dal suo tempo, resta comunque lucidissima – e attualissima – la sua percezione dell’impatto dell’uomo sulla Terra. 

Nel Corso di geologia ritroviamo, infatti, i criteri alla base dell’attuale definizione di Antropocene. «Rivale dei poderosi agenti del mondo interno, l’uomo scompone ciò che la natura ha composto» si riferisce alla produzione dei metalli che introduce elementi inesistenti in natura, ora disseminati sulla superficie del globo attraverso i cosiddetti tecnofossili. «Già sorgono nuovi monti ove esistevano antiche valli» indica invece l’azione dell’uomo come agente modellatore del paesaggio, oggi prevalente su quella dovuta ai processi naturali di erosione. Guarda all’Inghilterra, culla della Rivoluzione industriale, «ovunque tarlata e minata da tanti insaziabili cercatori di carbone, di salgemma, di calcari e di metalli». E si chiede «Che sarà quando tutta l’Europa sia lavorata come l’Inghilterra, e tutto il mondo come l’Europa?». Antonio Stoppani osserva, portando numerosi esempi, l’alterazione dell’uomo sulla distribuzione geografica degli animali e delle piante. «Così a poco a poco alle flore locali si sostituisce una flora universale, derivante dalla fusione di esse». 

È un concetto attualissimo, che spinge alcuni studiosi a definire l’epoca corrente «Omogenocene» anziché «Antropocene», poiché segnata da un’omogeneizzazione della biogeografia e degli ecosistemi per opera delle specie aliene (neofite e neozoa) disseminate dall’uomo, con conseguente diminuzione della biodiversità. 

Stoppani riconosce addirittura come l’influenza dell’uomo si estenda all’atmosfera in cui «riversa a torrenti i prodotti della sua industria, i gas de’ suoi fuochi e de’ suoi grandiosi laboratori». Oggi conosciamo le conseguenze di ciò che lui vedeva come il «respiro dell’umana intelligenza». La sua conclusione «La Terra non uscirà dalle mani dell’uomo, se prima non sia tutta profondamente istoriata dalle sue orme», è da lui intesa come suggello della potenza del Creatore, ma ha oggi per noi, consapevoli uomini dell’Antropocene, il suono di un oscuro monito.

Nel 1876 Stoppani pubblica Il Bel Paese, libro che lo renderà famoso in tutto il mondo consacrandolo quale primo divulgatore scientifico italiano, missione che assunse come un apostolato. Un vero best-seller, o piuttosto un long-seller adottato come libro scolastico fino al 1948 con oltre 150 ristampe, in cui veste i panni di uno zio naturalista che, con l’oralità tipica della fiaba, racconta ai suoi nipoti le bellezze geologiche d’Italia. 

Un’opera che gli valse il premio letterario intitolato alla memoria dei fratelli Giacomo e Filippo Ciani quale «miglior libro di lettura per il popolo italiano» ma che contribuì a far passare in secondo piano l’importanza delle sue osservazioni prettamente scientifiche. Anche se la sua «Era Antropozoica» non fu mai accolta nelle scale geologiche ufficiali, gli effetti oggi palesi delle attività antropiche sugli ecosistemi ci devono portare a riconoscere l’incredibile pertinenza delle osservazioni del sacerdote-naturalista.