In Svizzera una persona su cinque beve troppo, regolarmente oppure occasionalmente. «Al di là dei rischi sanitari, l’alcol disinibisce e può far perdere il senso della realtà e il suo consumo eccessivo può provocare vuoti di memoria, con conseguenze talvolta gravi», è la sintesi di quanto afferma l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) secondo cui vi sono motivi sufficienti per combatterne il consumo. Uso e abuso di alcol sono al centro della nuova campagna di sensibilizzazione promossa dall’Ufsp.
«L’alcol non fa mai bene», esordisce il professor Luca Gabutti, capo dipartimento di medicina interna dell’Eoc e primario di medicina interna all’Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli (Orbv), al quale abbiamo chiesto di spiegarci se e quanto nuoce bere vino o altre bevande alcoliche. «Sgomberiamo subito il campo da malintesi: bere alcol non fa bene alla salute, in ogni caso, e il fatto che si sia dimostrato che alcune sostanze contenute nel vino rosso, se assunto in quantità moderata, possano avere un effetto benefico sulla salute non significa che bere porti beneficio», spiega il professor Gabutti, che ribadisce: «I benefici che queste sostanze potrebbero apportare non vanno assolutamente confusi con l’alcol che, per contro, fa sempre male».
Il nostro interlocutore porta ad esempio gli effetti positivi che potremmo trarre dal mangiare del cioccolato: «Ma siccome sovrappeso e obesità sono un problema di salute pubblica, è chiaro che bisogna mettere le due cose in perfetto equilibrio, ragionevolmente confrontandoci con il fatto che il consumo di cioccolato può portare a un aumento ponderale». Un bicchiere o di più, si tratta dunque sempre di una misura oggettiva, spesso difficilmente valutabile dalla persona che inizia a bere.
«La tentazione è quella di ricorrere al bicchiere d’alcol per vincere la timidezza e sentirsi più cool: chi beve si sente più audace, più forte, più allegro, alcuni freni o problemi di comunicazione si allentano e ciò pare facilitare il relazionarsi, cosa oggi apparentemente più difficile di un tempo», afferma Gabutti che però mette in guardia sul fatto che questa è pure la subdola molla per consumare sempre più alcolici, il cui rovescio della medaglia sta nel perdere inconsapevolmente proprio quella misura di cui abbiamo accennato.
Quanto è troppo? Alla domanda sui rischi che bere alcol comporta, il nostro interlocutore non lascia margine: «Parafrasando il monaco Thich Nhat Han (una delle figure più rappresentative della spiritualità buddista a livello mondiale) direi che il modo migliore per affrontare questo tema è non bere affatto». Secondo Gabutti, un unico bicchiere di vino al pasto, sporadicamente, è un «quantitativo prudente» che non dovrebbe esporre a tossicità: «Nondimeno, a una persona che ha manifestato segni di tossicità si consiglia di non bere, e soprattutto non bere superalcolici (ndr: con effetti ancor più nefasti), perché il confine fra tolleranza e nocività è piuttosto fragile e il limite considerato tossico non corrisponde allo stato di ebbrezza».
L’Ufsp ricorda che: «I rischi variano secondo la persona, la situazione, l’età, il peso e anche il sesso». Gabutti concorda con il fatto che i rischi per la salute sono difficilmente quantificabili a priori: «Anche se non mi ubriaco, l’alcol mi può far male e il suo danno metabolico non è proporzionato al suo effetto farmacologico sul sistema nervoso centrale». In concreto: «Se parliamo di abuso di alcol, inteso come consumo importante, questo può tradursi in una malattia cronica del fegato che viene danneggiato dapprima attraverso un’infiammazione che cronicizza, costituita da cicatrici disorganizzate (cirrosi epatica); non viene risparmiato il muscolo cardiaco, il cui danno indiretto dovuto a un consumo importante di alcol può manifestarsi attraverso un’insufficienza cardiaca; e se pensiamo al cervello, il consumo di alcol aumenta il rischio di sviluppare un declino cognitivo o una demenza, senza dimenticare il rischio di formazione di tumori del tratto superiore esofageo e quant’altro».
E se dal consumo di alcol occasionale andiamo verso la dipendenza, alla lista bisogna aggiungere alcune malattie metaboliche: «Oltre alle conseguenze date dalla tossicità dell’alcol, si manifestano carenze vitaminiche e altri scompensi dovuti ai suoi contenuti nutritivi (calorie) che sostituiscono gli altri nutrimenti necessari al corpo». Parrebbe banale affermare che bere alcol non fa bene, eppure lo scenario inerente i suoi effetti nefasti sulla salute non è affatto trascurabile.
«Che si tratti di eccessi o di dipendenza, gli effetti negativi dell’abuso di alcol hanno ripercussioni anche sulla società nel suo complesso», afferma l’Ufsp che ricorda come nel 2010, tra costi diretti (malattie e infortuni) e indiretti (dovuti alla perdita di produttività, assenze, diminuzione della capacità di lavoro), l’abuso di bevande alcoliche è costato alla collettività 4,2 miliardi di franchi. Dati confermati dal nostro interlocutore, al quale chiediamo come cogliere i primi segnali d’allarme: «Quando parliamo di alcolismo ci riferiamo a una malattia, reale, che coinvolge la propria rete sociale: i rapporti sociali e col partner entrano in crisi, il lavoro è un’altra criticità e lo si può persino perdere, la guida è a rischio e pericolosa, si assiste a una progressiva perdita dell’indipendenza personale».
Secondo Gabutti, il malessere di chi si ubriaca non è da sottovalutare: «Già questo è un segnale di disagio, perché nessuno vuole addormentarsi a causa dell’alcol, o svegliarsi al mattino seguente con mal di testa, nausea e vomito, senza avere il controllo della situazione». Altro campanello inquietante è la disinibizione da alcol associata all’aggressività: «L’alcol può portare in superficie anche un disagio psichico, una malattia psichiatrica soggiacente…».
È chiaro che eliminare il consumo di alcol rimane un’utopia: «Resta però importante, per se stessi e per gli altri, rendersi conto di quando la situazione sfugge di mano, mentre la soluzione sta nel creare maggiore coscienza collettiva sulla nocività dell’alcol, parimenti al fatto che tutti abbiamo la responsabilità sociale e primaria di costruire una famiglia, relazioni, una società i cui presupposti dell’abuso di alcol siano ridotti al minimo». Non un mondo ideale, ma: «Le persone non si dovrebbero trovare nel compromesso di una dinamica nella quale il bere sembri essere l’unica soluzione; per questo dovremmo metterci in ascolto, a disposizione dell’altro, restituendogli la sua dignità di persona, e sono convinto che così le cose cambierebbero radicalmente, senza il bisogno di ricorrere all’alcol».