Dai fulmini, sì, anche dai fulmini si può capire quanto e come stia cambiando il clima del nostro tempo storico. E c’è di che rimaner sbalorditi nell’osservare la statistica nazionale dei fulmini registrati da MeteoSvizzera nei primi cinque mesi di quest’anno. La sorpresa si manifesta già con i dati di gennaio, visto che nel primo mese del 2018 i fulmini registrati sono stati ben 304, un valore di dieci volte superiore a quello relativo alla media degli ultimi 18 anni, dal 2000 al 2017.
«Questo significa che a gennaio c’erano già condizioni climatiche simili a quelle che normalmente riscontriamo in primavera, con temporali e forti precipitazioni. Una situazione che fino a pochi anni fa non si riscontrava in modo così netto», fa notare il meteorologo e glaciologo Kappenberger. E la stessa cosa si può dire per lo scorso mese di marzo, con 340 fulmini, e di maggio, con oltre 6600 saette. Per questi due mesi si tratta di valori che hanno superato di molto – della metà per marzo e di un terzo per maggio – il valore medio rilevato a partire dal 2000. «Anche questi dati ci dicono di come le stagioni non corrispondano più a quanto abbiamo finora pensato – continua Kappenberger – un numero così elevato di fulmini in marzo, ad esempio, significa una cosa sola e cioè che fenomeni meteorologici tipici della primavera inoltrata o dell’estate si sono manifestati con largo anticipo, già alla fine dell’inverno». Si tratta, va precisato, di dati nazionali pubblicati da MeteoSvizzera che riguardano i cosiddetti fulmini principali. Non rientrano in questa statistica i fulmini secondari, di portata minore.
Non esistono dati specifici relativi al solo Ticino, anche se gli esperti di MeteoSvizzera ci hanno fatto sapere che, in particolare il Sottoceneri, è stato in questi mesi colpito con una frequenza davvero elevata da fulmini e temporali. La tendenza registrata in questi ultimi mesi e anni non è però regolare. «Prendiamo l’esempio del mese di maggio di quest’anno – ci dice Stephan Bader, climatologo presso MeteoSvizzera – Ebbene in maggio abbiamo avuto valori ben superiori alla media ma ci sono stati mesi di maggio con un’attività molto più intesa. Nel 2009 sono stati contati 12’600 fulmini principali e nel 2001 quasi 11’000. Se guardiamo a gennaio invece notiamo che ci sono stati anni con un numero di fulmini ben superiore alla media – che lo ricordo è di 30 fulmini – e altri con valori molto inferiori. Nel gennaio del 2011 c’era stato ad esempio un solo fulmine principale». Seppur altalenante e non regolare la tendenza indica comunque che le attività temporalesche nel nostro Paese sono in aumento, anche al di fuori delle stagioni classiche. «Penso che questo sia legato ai cambiamenti climatici in corso e al surriscaldamento del pianeta», sottolinea Giovanni Kappenberger. Il meteorologo ci invita a fare due calcoli. Se l’aria si riscalda di un grado, essa può contenere 7% più umidità. Aumentando l’evaporazione, questo comporta un incremento dell’umidità che in meteorologia significa energia, quella che poi in alta quota porterà allo sviluppo dei temporali e di conseguenza anche dei fulmini. E se nel corso di una giornata, le temperature aumentano di diversi gradi in una massa d’aria abbastanza instabile, è facile immaginare quali possano essere le conseguenze.
«Quanto sta capitando in questi mesi è dovuto essenzialmente a due ragioni principali – fa notare Stephan Bader, di MeteoSvizzera – Da una parte l’afflusso verso la Svizzera di aria calda e umida, dall’altra una costante instabilità atmosferica. In queste condizioni la probabilità di un temporale è molto elevata. Un “meccanismo” che inizia già poche ore dopo l’alba. L’aria calda e umida comincia già di buon mattino a ribollire e questo porta alla formazione di temporali, grazie all’incontro-scontro con l’aria più fredda che si trova in alta quota. Se temperature e umidità fossero inferiori avremmo un numero più basso di temporali o addirittura non ne avremmo nemmeno uno». In altri termini con una situazione di caldo e secco non ci sarebbero temporali. «Dobbiamo abituarci a questa situazione relativamente nuova – ci dice Giovanni Kappenberger – una situazione che si può definire di “estate mediterranea” con il clima che da noi, nelle regioni alpine, assomiglierà sempre più a quello della Puglia o della Grecia. E dobbiamo abituarci anche a dividere gli anni in sole tre stagioni, con un inverno davvero ridotto».
Tutto questo possiamo capire analizzando la statistica dei fulmini pubblicata da MeteoSvizzera. Ma cosa dobbiamo dunque attenderci dai prossimi mesi, se la media sul medio-lungo termine indica un aumento costante delle attività temporalesche? «A questo proposito disponiamo di modelli di calcolo che riguardano essenzialmente le temperature estive, da giugno e agosto – sottolinea Stephan Bader, climatologo presso MeteoSvizzera – E questi dati ci dicono che quest’anno in tutta la Svizzera avremo un’estate con temperature superiori alla media. Per quanto riguarda i temporali non abbiamo previsioni a disposizione. Val la pena ricordare che di anno in anno si riscontrano forti differenze per quanto riguarda il numero di fulmini. Nel 2016 ad esempio ne abbiamo registrati 29mila in tutta la Svizzera. Nel 2011 ben 85mila. E non possiamo dire cosa succederà nei prossimi anni».
Possiamo però ricordare che dei fulmini è meglio diffidare, la prudenza in questo ambito non è mai troppa. E qui Giovanni Kappenberger ha un consiglio da dare legato alla cosiddetta «corrente di passo» che si verifica quando una persona o un animale viene colpito da un fulmine. Il consiglio è quello di rimanere fermi, unendo il più possibile i piedi così da avere un solo punto di contatto con il suolo. In questo modo la corrente da sopportare è minima, se i punti di contatto sono due – o quattro per un buon numero di animali – il fulmine diventa invece molto pericoloso. Ma al di là di questi consigli c’è in fondo parecchio da scoprire, attraverso i fulmini. Anche e soprattutto per capire quanto e con quale velocità stia effettivamente cambiando il nostro clima.