Un rituale di coccole e di benessere. Immersi nell’alveum, nell’acqua calda e profumata delle terme romane (i progenitori delle attuali SPA: salus per aquam), ci si rilassava al piacere di una carezza: l’effetto di una spugna morbida come la seta, un massaggio lieve e uno scrub naturale a cui le dame romane non rinunciavano.Quando ci immergiamo nei mari e nei laghi di tutti i continenti e osserviamo i colori delle spugne, le forme diversissime, le tante varietà che le rendono talvolta irriconoscibili, non pensiamo che questi sono animali antichissimi. Eppure sembra che esse siano i primi animali (l’animale zero per antonomasia) ad essersi evoluti sul pianeta Terra.Oggi si fa presto a dire semplicemente «spugna». Le spugne possono essere naturali o sintetiche, delicate o esfolianti, colorate, grandi e piccolissime… sicuramente scegliere la spugna adatta ad ogni utilizzo è un’impresa. E un breve excursus degli usi nelle ere passate lascia di fatto sbalorditi.
L’utilizzo delle spugne è stato documentato sin dall’antichità, nelle civiltà egizie e fenice (1). Si sono conservati reperti di pitture murali realizzate con spugne nella dimora della regina di Knossos (1900 AC), nella cultura cretese e minoica. Il loro utilizzo per creare elementi decorativi sui muri ha attraversato millenni ed è diffuso anche ai giorni nostri.
Sono conservati reperti di vasellame dell’epoca greca (765 AC) finemente decorato con illustrazioni di scene in ambienti termali (2), dove le spugne erano utilizzate come status symbol. Nell’impero romano, la spugna utilizzata nelle terme era una per antonomasia: la comune spongia officinalis, ricca di spongina (che è una proteina del collagene) e pertanto molto morbida ed elastica. All’epoca era diffusa nel mar Mediterraneo, anche a modesta profondità, e il principale centro di raccolta era Kalymnos (in Grecia) dove la pesca delle spugne costituiva la principale fonte di reddito della maggior parte delle famiglie. Le spugne erano poi usate dai miliziani romani per attutire e ammorbidire l’interno delle armature e degli elmi, allo stesso modo in cui i moderni caschi da motociclista sono imbottiti di materiale sintetico assorbente. Una delle testimonianze storiche più ricorrenti è sicuramente quella delle sacre scritture (Vangelo di Matteo) dove è riportato che tramite una spugna fu data da bere a Gesù crocefisso una bevanda a base di acqua e aceto.
Sino al Medioevo le spugne furono usate in chirurgia (non come la intendiamo ai nostri giorni). Prima dell’intervento, l’effetto anestetico era ottenuto facendo inalare al paziente una «spugna soporifera». Era una pratica di antiche tradizioni arabe, che consisteva nel far assorbire alla spugna un liquido in cui erano disciolti hashish, papavero e alcaloidi come atropina e scopolamina (ioscina). La spugna veniva poi fatta asciugare al sole. All’occorrenza, veniva umettata e posta nelle narici del paziente. Le mucose del naso assorbivano le sostanze, che inducevano narcosi e un sonno pesante (3). Per il risveglio, era utilizzata sempre una spugna, imbevuta di aceto e posta sotto le narici.
Potremmo mai immaginare che le comuni spugne sono anche oggetto di sculture? Ebbene sì: due opere d’arte di portata internazionale sono conservate in musei e collezioni private. Sono la Blue Sponge (1959) al Solomon R. Guggenheim Museo di New York e la Sponge Relief (1960) allo Städel Museum di Francoforte, realizzate dall’artista francese Yves Kein. Tuttavia, l’utilizzo più bizzarro è probabilmente quello come contraccettivo. Spugne naturali saldamente attaccate a un filo, imbevute di acqua acidulata (con succo di limone e aceto) e avvolte in coperture di seta, venivano inserite nella vagina prima del coito come metodo barriera. Risale al 1823 la prima campagna educativa per il controllo delle nascite4 nel Regno Unito, che enfatizzava l’effetto contraccettivo di tale pratica. Le «spugne contraccettivo» rimasero popolari sino alla prima metà del secolo scorso, e nel 1983 negli USA fu commercializzata la «Today Sponge» (5), una spugna sintetica contenente spermicida.
Dei primi pescatori di spugne si hanno notizie grazie ad Aristotele (350 a.C.). Le spugne adatte alle abluzioni si trovavano a poca profondità e pertanto erano raccolte tramite gaffe e arponi. Ma ben presto questa tipologia di pesca fu sostituita da persone che si immergevano utilizzando una zavorra, che li facilitava nella permanenza sui fondali. Ai tempi di Alessandro Magno, detta zavorra era la skandalopetra, una pietra piatta con gli angoli smussati, la forma idrodinamica, frequentemente in granito, del peso variabile tra gli 8 e i 14 kg, legata con una fune da un capo al raccoglitore di spugne, dall’altro alla barca. Un compagno sulla barca seguiva il tuffo dalla superficie e recuperava l’apneista-pescatore con la «petra», salpando la fune al termine dell’immersione.
L’epoca d’oro per i pescatori di spugne resta tuttavia l’inizio del secolo scorso. Gli uomini partivano dalla Sicilia, da Cipro, dalla Libia per recarsi nel Mar Egeo e trascorrevano insieme settimane sui caicchi (barche turche) dedicandosi alla raccolta della Spongia officinalis. Era un lavoro molto faticoso e tanti furono vittime della malattia da decompressione, che può causare infermità, paralisi parziali, dolori molto intensi, quali conseguenze della occlusione improvvisa di un vaso sanguigno e della conseguente necrosi dei tessuti rimasti privi di nutrimento.
Nel mare Adriatico, l’isola di Krapanj (la più piccola e bassa isola popolata croata) divenne famosa per la raccolta delle spugne. Ebbe inizio nel 1700 e nel XIX secolo oltre 40 imbarcazioni si dedicavano alla raccolta delle spugne. Solamente nel 1893 i raccoglitori iniziarono a indossare una rudimentale muta subacquea, che poi evolse in un’attrezzatura antesignana di quella utilizzata dai tecnici che lavorano in alto fondale.Fu durante il Medioevo e il Rinascimento, nel periodo di maggior splendore della Serenissima Repubblica di Venezia e dei suoi ricchi commerci sovrannazionali, che le spugne fecero rotta verso l’Oriente. Allo stesso tempo centinaia di imbarcazioni e migliaia di raccoglitori da Italia, Malta, Grecia, Turchia e Tunisia depredarono i banchi del Mediterraneo senza controllo, soprattutto lungo le coste dalmate e del mar Egeo.
Nel 1840 furono scoperti banchi di spugne lungo le coste Mediterranee del Nord Africa e iniziarono le importazioni dalle «Indie Occidentali»: soprattutto da Florida, Bahamas, Cuba. Gli effetti del sovrasfruttamento non tardarono a manifestarsi. Dall’inizio del secolo scorso, gli eventi di moria e sofferenza dei banchi si fecero evidenti, al punto in cui alcune spugne furono considerate vicine all’estinzione (Webster, 2007). Negli anni Novanta dello scorso secolo il declino degli stock fu drammatico: in Grecia, Turchia, Cipro, Siria, Egitto e Tunisia la raccolta fu proibita per due anni (Castritsi-Catharios et al. 2005).
L’introduzione di spugne sintetiche negli anni Cinquanta ha influito significativamente sull’industria della pesca e sul commercio delle spugne naturali. Tuttavia negli ultimi anni si rileva una ripresa consistente.Nel Mar Mediterraneo, oggi le spugne sono minacciate dal degrado di alcuni ambienti marini, dovuto solo in parte all’inquinamento ma più spesso da fattori quali la torbidezza dell’acqua, la pesca con le reti a strascico che distrugge i fondali coralligeni su cui si insediano le spugne, la pratica illegale dei pescatori di datteri che distruggono il substrato per estrarre il mollusco, la competizione con le alghe e gli invertebrati per insediarsi in un fondale idoneo alla crescita, e più recentemente, le anomalie termiche che hanno resi inadatti alla sopravvivenza i luoghi ove le spugne sono cresciute, provocando morie in aree estese.
Alcune specie di spugne particolarmente vulnerabili e soggette a una pesca massiva sono state inserite negli allegati II e III della Convenzione di Berna e nel protocollo SPA/BIO (Specially Protected Areas and Biological Diversity in the Mediterranean) della Convenzione di Barcellona.
In un prossimo articolo vi illustreremo le particolarità biologiche delle spugne e il loro valore nell’ecosistema marino.
Note e bibliografia
1. Chiavarà D. (1920), Le spugne e i loro pescatori dai tempi antichi ad ora, Memorie del Regio Comitato Talassografico Italiano.
2. Arndt W. (1935), Bildliche darstellungen von schwämmen im Kretisch‐mokenischen kulturbereich, Sitzungsberichte der Gesellschaft Naturforschender Freunde.
3. Al-Bakri A.K., Takrouri M.S.M., Ghori S.K., Seraj M.A. (1999), Surgical advances and practice of anaesthesia in early Islamic Era.
4. Place F. (1822) Illustrations and Proofs of the Principle of Population, 1967 edition, George Allen & Unwin, London.
5. Edelman D.A., North B.B. (1987) Updated pregnancy rates for the Today contraceptive sponge, American Journal of Obstetrics and Gyne-cology.