L’innovazione tecnologica da sola non basta

L’innovazione tecnologica, pur rimanendo al centro dello sviluppo della formazione professionale, deve essere abbinata ad altre competenze, non da ultimo quella di un pensiero critico. Al convegno nazionale l’attenzione su questo aspetto è stata richiamata da Fabio Merlini, direttore dell’Istituto regionale dello IUFFP per la Svizzera italiana. Nel suo contributo ha sottolineato come non si debba «confondere l’innovazione tecnologica con l’emancipazione. Non vi è nessun automatismo che dalla prima consenta di passare alla seconda». Il passaggio avviene se si inscrive l’innovazione «in campi d’azione capaci di promuovere il bene comune, il rispetto verso le diverse forme di vita, la generatività sociale e ambientale».

Da noi sollecitato sul ruolo della formazione professionale a questo livello, Fabio Merlini risponde: «Nelle scuole professionali esistono gli strumenti per stimolare gli allievi a riconoscersi e attivarsi come cittadini prima che come utenti dei servizi tecnologici. Ne è un esempio la materia d’insegnamento “Cultura generale” il cui compito è anche quello di aiutare a chiarire i nodi con i quali è confrontata la società. In questo modo la formazione assicura nel contempo istruzione e educazione».

Un ulteriore elemento rilevante, secondo il direttore regionale dello IUFFP, è l’attuale trasformazione, perlomeno a livello di principi, del modello economico tradizionale verso forme di produzione sostenibili nei confronti dell’ambiente e della società. Fabio Merlini: «In questo ambito la scuola può mostrare nuove vie percorribili all’interno delle singole professioni. Rispondere alle esigenze del mercato del lavoro resta la base della formazione professionale, cui si affianca però il compito di sensibilizzare sull’impatto della produzione a livello generale. Il nostro Istituto regionale, con sede a Lugano, promuove già da diversi anni questa riflessione anche attraverso incontri pubblici. La formazione professionale assume così un ruolo propositivo, contribuendo ad indicare quali, fra i diversi modelli economici, siano i migliori candidati a favorire benessere ed emancipazione dal punto di vista sia sociale sia ambientale».

Fabio Merlini (IUFFP/Ben Zurbriggen))

Le nuove competenze e la formazione professionale

Intervista – Di sfide e opportunità future abbiamo parlato con Barbara Fontanellaz direttrice dell’Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale del convegno nazionale NewSkills
/ 28.06.2021
di Stefania Hubmann

Come sarà l’insegnamento del futuro? Quali competenze dovrà trasmettere la formazione professionale per assicurare l’entrata nel mondo del lavoro delle nuove generazioni? La pandemia ha evidenziato il ruolo chiave della digitalizzazione, fornendo un impulso innovativo anche al settore formativo. Alla sfida delle nuove competenze e alle prospettive di sviluppo in questo settore l’Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale (IUFFP) ha dedicato il convegno nazionale NewSkills, svoltosi lo scorso maggio e durante il quale è pure stato assegnato il premio Enterprize 2021, che ha ricompensato l’associazione basilese ICT Scouts/Campus, la quale ricerca e promuove i giovani talenti nel campo dell’informatica. La formazione professionale si muove però anche in altre direzioni, come ha rilevato l’incontro nazionale sul quale abbiamo interpellato la direttrice dello IUFFP Barbara Fontanellaz.

Signora Fontanellaz, anche il convegno NewSkills quest’anno ha dovuto essere organizzato in modalità online. Quale bilancio trae da questa applicazione pratica dell’innovazione tecnologica? Quale ruolo riveste quest’ultima nella formazione professionale?
L’interesse per le nuove competenze nel nostro settore è molto elevato e con il convegno abbiamo voluto approfondire diversi aspetti: come si sviluppano le professioni in relazione alle innovazioni, quale bagaglio di qualifiche necessitano lavoratrici e lavoratori e se è possibile delineare approcci generali a fronte di esigenze settoriali diverse. Oltre al programma principale, diffuso in tre lingue, i circa 750 partecipanti hanno potuto scegliere tra dieci programmi paralleli collegandosi alle cosiddette «transfer room» dedicate ad esempi pratici. Se da un lato una manifestazione online facilita la partecipazione individuale, dall’altro anche al termine di questo evento abbiamo sentito la mancanza degli scambi interpersonali in presenza. Si tratta di una conclusione evidente che vale anche per l’insegnamento e l’apprendimento, non solo nella formazione professionale.

Quali sono le principali sfide della formazione professionale in relazione all’accelerazione dell’innovazione tecnologica?
Come per altre questioni la sfida principale è costituita dalla ricerca di un equilibrio dinamico e sostenibile, come quello fra i necessari tempi di adattamento e la qualità della formazione o quello del numero di ore in ogni luogo di formazione (azienda, corsi interaziendali, scuola). O ancora, a scuola, l’equilibrio tra l’insegnamento delle materie professionali e quello di cultura generale. La pandemia ha dato una grande spinta all’impiego degli strumenti digitali per cui nell’insegnamento a distanza si sono potute raccogliere nuove e preziose esperienze. Ora il compito è quello di sviluppare forme di insegnamento sensate, al passo con i tempi e pedagogicamente valide. Un buon insegnamento richiede però sempre anche relazioni sociali positive. I migliori strumenti online non possono sostituire il contatto personale, sono semplicemente mezzi ausiliari. Anche qui sarà necessario trovare un nuovo equilibrio per impiegare in futuro i vantaggi dell’apprendimento digitale in modo ottimale.

Questo dimostra come tutte le sfide rappresentino al tempo stesso delle opportunità. Quali le sembrano le più importanti nel contesto della formazione professionale?
Abbiamo l’opportunità inaspettata di trovare forme di insegnamento moderne, collaborative; l’opportunità di trovare un nuovo modo di interagire con le persone in formazione, di promuovere nuove culture dell’apprendimento nelle quali esse possano lasciarsi coinvolgere completamente, lavorando e sviluppandosi su un piano di parità con le persone formate. La formazione professionale deve svilupparsi costantemente, sia a livello di contenuto, sia di sistema. A tale scopo, Confederazione, Cantoni e settore economico lavorano in stretta collaborazione. In qualità di principale centro di expertise della Confederazione e scuola universitaria vogliamo sfruttare questa opportunità. Partecipiamo pertanto a progetti innovativi tra l’altro con fondazioni, aziende, organizzazioni del mondo del lavoro e scuole professionali.

Da un’altra prospettiva, quale spazio deve riservare la formazione professionale alle soft skill?
Sebbene l’obiettivo di una formazione professionale resti quello di acquisire in un determinato settore abilità specialistiche tali da poter esercitare la professione con competenza, nell’esercizio vero e proprio le soft skill assumono un’importanza sempre maggiore. Mi riferisco a competenze sociali, comunicative – plurilinguismo incluso – competenze personali e la capacità di dare il meglio di sé in un team. Per avere successo nella propria professione sul lungo termine, occorre essere in grado di far fronte ai rapidi sviluppi, in poche parole occorre la volontà di imparare. Come hanno sottolineato il presidente della Confederazione Guy Parmelin e il direttore del Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca Empa Gian-Luca Bona, la curiosità è probabilmente il prerequisito fondamentale di tutte le soft skill e personalmente aggiungerei anche l’apertura.

Il convegno ha affrontato il tema delle nuove competenze in maniera globale, includendo politica, economia, formazione e ricerca. Come trovare un buon equilibrio fra le diverse esigenze di questi settori?
La ricetta per bilanciare con successo queste esigenze è racchiusa in una parola: dialogo. La politica e l’economia hanno sempre lavorato a stretto contatto nella formazione professionale. Questo partenariato è unico nel suo genere a livello mondiale e funziona molto bene, come abbiamo potuto di nuovo constatare nell’attuale pandemia. In quanto task force «Prospettive tirocinio 2020», i vari attori della formazione professionale hanno lavorato insieme per gestire al meglio la situazione, che si trattasse di garantire l’accesso all’apprendistato o di assicurare la conclusione della formazione. La collaborazione si rivela però impegnativa anche al di fuori dell’attuale situazione eccezionale, in particolare quando si tratta di accordarsi sulle esigenze richieste per l’ulteriore sviluppo di una professione.

Il presidente della Confederazione Guy Parmelin nel suo intervento ha sottolineato il ruolo essenziale del «lifelong learning», vale a dire dell’apprendimento permanente. Secondo lei è un’attitudine che va promossa maggiormente?
Non lo possiamo sottolineare abbastanza: la costante riqualifica professionale, e di riflesso anche personale, è sempre più importante. Nella formazione professionale le possibilità sono numerose. Già oggi, circa la metà di chi conclude una formazione professionale con attestato federale di capacità, cinque anni dopo esercita un’altra professione, mentre un quarto lavora in una professione con un livello di qualifica superiore. Questa tendenza si accentuerà. L’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, anche affiancato al lavoro, è un privilegio meraviglioso che può aprire sempre nuove prospettive. Il fatto stesso di restare aperti e confrontarsi a tali opportunità è presumibilmente la «nuova competenza» più importante ed esigente.