Lo stress professionale può minare seriamente l’equilibrio dell’impiegato fra lavoro e vita privata. Questo disagio più o meno accentuato dei dipendenti incide inoltre in modo massiccio anche sull’azienda stessa e sulla sua produttività. Se ne è parlato lo scorso 5 ottobre al centro Eventi di Cadempino, nella conferenza «Meno stress – Più competitività (esperienze d’Oltralpe per un Ticino più competitivo)», con la partecipazione di Promozione Salute Svizzera che, con la SECO (Segreteria di Stato dell’economia), da oltre un decennio segue e misura questo fenomeno. Per quanto attiene alla produttività aziendale, PSS rivela (2016): «La perdita dovuta allo stress è di circa 5,7 miliardi di franchi l’anno, in termini di mancata produttività (75 per cento) e di costi dovuti all’assenza per malattia (25 per cento)». Inoltre, differenti indagini confermano che lo stress costituisce ormai una delle maggiori sfide odierne del mondo del lavoro e mina altresì la qualità della vita dell’essere umano.
Abbiamo incontrato l’ingegner Roberto Fridel, promotore dell’evento ticinese, per parlare del benessere in azienda e in particolare dell’equilibrio fra vita privata e lavoro: «Dal sondaggio Job Stress Index 2016 pubblicato da Promozione Salute Svizzera in collaborazione con l’Università di Berna e la Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo, risulta che un lavoratore su quattro soffre di stress sul lavoro. Ovvero, che i fattori di carico superano le sue risorse, e che un altro 46,3 per cento, a cui bisogna prestare attenzione, si trova in zona sensibile». E il canton Ticino è assolutamente in linea con la tendenza che, dati alla mano, ci è confermata dal nostro interlocutore: «Questo fenomeno è rilevato da diversi studi, tra cui l’Obsan (Osservatorio svizzero della salute) e la SECO che nel 2000 rilevava un 23 per cento di lavoratori con una sensazione di stress alto o medio; dopo dieci anni la percentuale toccava il 35 per cento e possiamo desumere che nel 2016 essa sia ancora superiore».
L’obiettivo di PSS per arginare questo fenomeno in evoluzione è quello di sensibilizzare le imprese, orientandole verso un sistema organico e integrato della gestione della salute in azienda: «I dati sull’impatto economico nelle azienda permettono oggi al datore di lavoro di comprenderne l’opportunità, al di là dell’eventuale responsabilità sociale, così da attivare un maggiore ascolto e specifiche misure che riducano lo stress dei dipendenti e permettano di aumentare qualità e produttività dell’azienda, oltre al loro benessere».
Secondo Fridel, sempre più aziende stanno rendendosi conto di questa realtà, insieme a un altro fatto imprescindibile: «Chi risente maggiormente dello stress è la fascia dei giovani e degli oltre cinquantenni a fine carriera: queste persone declinano il tutto attraverso un crescendo di problematiche e soffrono sempre più. Sono individui ai quali ci rivolgiamo, così come pure rendiamo attenti i vertici aziendali del fatto che la mancanza di produttività generata dallo stress dei dipendenti si misura sì in assenteismo, ma anche e soprattutto nei presenzialisti che dimostrano però un significativo calo di produttività». Ne è ben cosciente, ad esempio, Migros che è uno dei partner svizzeri di Promozione Salute Svizzera nell’approccio molto ampio del suo sistema di gestione della salute in azienda («sistema di qualità, assicurazione salute in azienda…»): dal 2015 Migros Ticino è la prima azienda in Ticino ad essere certificata Friendly Work Space.
E qui, «nella piccola e media azienda», può venire in aiuto il sistema S-Tool che fornisce strumenti di riflessione e di lavoro alle aziende e ai loro dipendenti: «Si tratta di un sistema organico BSA secondo i criteri del marchio di qualità Friendly Work Space (FWS) introdotto nel 2009, i cui criteri (sviluppati dall’European Network For Workplace Health Promotion) sono stati adattati da PSS al contesto svizzero». Disponibile in nove lingue, il questionario S-Tool è scaricabile da www.s-tool: «Esso mette in rapporto le risorse e il carico di lavoro dei collaboratori: se le due variabili sono in equilibrio, il benessere dei dipendenti è elevato e la loro prestazione, di conseguenza, è buona».
Attraverso questi formulari compilati anonimamente dai dipendenti, l’azienda dispone di utili informazioni circa l’entità di questo fenomeno e il suo potenziale impatto sulla produttività e competitività aziendale, mentre i singoli dipendenti hanno modo di fotografarsi oggettivamente nel proprio vivere, ricavandone parecchie informazioni e suggerimenti per migliorare i propri comportamenti nel lavoro. Non è sufficiente, però, lavorare solo sulla dimensione aziendale: «Non dimentichiamo che esiste una responsabilità individuale, perché lo stress è una situazione soggettiva che richiede capacità e competenza nel fare pulizia fra tutte le varie aspettative, imparando a fissare le priorità nella gestione del nostro tempo, al lavoro così come nella vita privata».
Su questo aspetto, il nostro interlocutore spiega come il metodo MyEquilibrium, da lui sviluppato e già premiato in Italia, va proprio ad agire sull’individuo che deve fare chiarezza nel ridefinire i propri obiettivi e le proprie priorità di vita e professionali, che andranno poi perseguiti. «Si tratta di prendersi del tempo per comprendere cosa è importante a livello individuale e cosa lo è di meno, tra la dimensione personale e quella aziendale, esplorando bene le aree della salute, della famiglia e della casa, dello svago e magari dell’impegno sociale».
Fridel conclude aggiungendo che la «condizione vincente per migliorare una situazione di stress (dunque abbassare la sua percentuale) sta proprio nel prendersi tempo per se stessi, ridefinendo le proprie priorità di vita e di lavoro, e perseguendole con tenacia nell’azione quotidiana».