Lavorare da casa, un’analisi

Home office – Uno studio di Travail.Suisse evidenzia vantaggi e difficoltà espressi da lavoratrici e lavoratori sull’esperienza durante il confinamento. Ne abbiamo parlato con Natalia Ferrara
/ 12.10.2020
di Stefania Hubmann

Home office, pro e contro. A prescindere dagli aspetti messi in luce, l’esperienza accumulata durante il confinamento in ambito di lavoro a casa avrà un ruolo determinante nello sviluppo di una modalità lavorativa finora poco diffusa nel nostro cantone. Una recente inchiesta a livello nazionale condotta dal «Barometro condizioni di lavoro» – progetto dell’organizzazione mantello Travail.Suisse e della Haute école spécialisée bernoise – evidenzia i vantaggi e soprattutto le difficoltà espressi da lavoratrici e lavoratori di fronte a questa necessità nel periodo dell’emergenza pandemica. Scuole chiuse, strutture d’appoggio per le famiglie pure e nonni isolati hanno reso difficile conciliare lavoro e famiglia fra le mura domestiche. Il potenziale di questo strumento ne risulta però accresciuto, per cui è necessario puntare su un sistema misto con una chiara regolamentazione. Natalia Ferrara, responsabile regionale per il Ticino dell’Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB), spiega le reazioni dei dipendenti di questo settore che, come diversi altri, è stato chiamato ad essere operativo e più performante durante il confinamento, riuscendo nell’intento grazie al lavoro da remoto svolto al domicilio.

Lo studio di Travail.Suisse, rappresentativo a livello nazionale e i cui risultati sono stati pubblicati in agosto, evidenzia proprio in primo luogo come il carico di lavoro durante il confinamento sia variato in funzione dei settori di attività. Quasi la metà dei salariati – le donne molto più degli uomini – è stata comunque confrontata in questo periodo con accresciuti obblighi di presa in carico. In particolare il telelavoro ha pesato sui nuclei familiari con figli di età inferiore ai 12 anni. A favore dell’home office sono emersi il risparmio di tempo nelle trasferte, la protezione contro l’infezione da COVID-19, come pure una maggiore autonomia e tranquillità nella gestione del lavoro. Critico invece il giudizio sulla mancanza di contatti sociali, la cattiva ergonomia, la costante reperibilità, le ore supplementari e i già citati problemi di conciliabilità fra lavoro e vita familiare.

Questi ultimi sono però in massima parte imputabili alla situazione straordinaria vissuta la scorsa primavera, come conferma anche Natalia Ferrara per il settore bancario. «Durante il confinamento siamo rimasti in stretto contatto con i nostri affiliati che in Ticino sono quasi mille, mentre a livello svizzero circa 7800. Soprattutto via mail abbiamo ricevuto richieste di consigli sia generici che puntuali. Il prolungamento della chiusura delle scuole ha suscitato molta apprensione con conseguente necessità di capire se fosse possibile una soluzione flessibile, anche di riduzione del tempo di lavoro, senza essere penalizzati. La gestione del tempo di lavoro sull’arco della giornata e la solitudine sono altri problemi legati all’attività in modalità home office. Il fatto di essere tutti iperconnessi ha però permesso alla nostra associazione di fornire consigli mirati in tempo reale. A volte si è trattato di piccoli suggerimenti pratici, come l’organizzazione di una pausa caffè virtuale con colleghe e colleghi o l’uso di cuffie durante le telefonate. È inoltre importante evidenziare come lavorare a casa quotidianamente sia diverso da un telelavoro sporadico, ad esempio durante una trasferta professionale».

«Per il settore bancario – aggiunge l’intervistata – l’home office era un’eccezione che riguardava il 5% del personale a livello svizzero. Nel giro di poche settimane ci si è ritrovati nella situazione opposta con l’85% dei dipendenti impegnati a lavorare a casa, alcuni improvvisando postazioni poco salutari a lungo termine. Disporre di una postazione ergonomica, ordinata e pulita, che rifletta un atteggiamento professionale, è uno dei punti importanti per trasformare l’home office da soluzione di emergenza a risposta flessibile ed efficace ai nuovi bisogni della società». L’emergenza legata alla pandemia ha dimostrato che pure nel settore bancario, caratterizzato da complessi sistemi organizzativi e di sicurezza, lavorare a casa è possibile. Le richieste in questo senso da parte di impiegate ed impiegati non mancano per i vantaggi evidenziati anche dalla speciale inchiesta Coronavirus di Travail.Suisse. A fine settembre ancora circa la metà del personale bancario svizzero lavorava in modalità home office.

A Natalia Ferrara questo tema sta particolarmente a cuore anche come rappresentante politica. Granconsigliera nelle fila del Partito Liberale Radicale, lo ha sottoposto all’attenzione del Consiglio di Stato, unitamente a un gruppo di quasi venti colleghi di più partiti, già nel 2016. A distanza di quattro anni, considerato che purtroppo non era ancora nato un vero progetto di telelavoro, la deputata ha presentato con due colleghi un’altra mozione. Obiettivo: proporre da parte del Governo un progetto di telelavoro al domicilio per ogni ambito dell’Amministrazione cantonale e creare un fondo urgente per sostenere le imprese che promuovono questa possibilità, così come avviene per la mobilità aziendale. La mozione è datata 20 aprile 2020 ed evidenzia la forte accelerazione innescata dall’emergenza COVID-19 nella transizione verso modalità di lavoro innovative e flessibili, i cui benefici ricadono tanto sulle aziende (siano esse pubbliche o private) quanto sui loro dipendenti. «Nel frattempo, è nato un regolamento cantonale, solo l’inizio, ma nella giusta direzione», precisa la mozionante.

Per massimizzare i vantaggi del lavoro a casa riducendone le criticità, occorre regolamentare in modo adeguato questa forma di prestazione professionale. Per Natalia Ferrara è necessario da un lato elaborare condizioni quadro riguardanti gli aspetti essenziali e dall’altro prevedere accordi ad hoc per rispondere alle esigenze legate a determinate categorie professionali, alle loro funzioni, a situazioni contingenti o ancora alle persone a rischio. Precisa la responsabile di ASIB Ticino: «Aspetti cruciali che riguardano l’intero personale sono sicuramente il tempo di lavoro e la separazione fra vita professionale e privata. Un caso esemplare riguarda la reperibilità che deve rispettare momenti come la pausa pranzo anche quando l’impiegata o l’impiegato sta lavorando a casa. Per rendere l’idea: il capo non viene a prenderci per la giacca al tavolo della mensa o del ristorante. Eppure, se lavoriamo in home office, sembra normale telefonare, scrivere mail o fissare riunioni sul mezzogiorno. Per trovare una formula che duri nel tempo soddisfando entrambe le parti, queste ultime sono chiamate a compiere insieme valutazioni e scelte. L’home office, se ben organizzato, è un vantaggio per tutti. Oggi costituisce una delle attrattive nell’offerta di posti di lavoro e le aziende che lo hanno introdotto constatano da parte loro un aumento delle prestazioni intellettuali dei dipendenti e della produttività».

Per il futuro si prospetta verosimilmente la diffusione di una formula mista con una parte dell’impegno professionale effettuata in presenza e un’altra svolta a casa secondo regole che tutelino sia il personale, sia i datori di lavoro. La Confederazione già permette ai suoi collaboratori questa soluzione. A livello federale, alcuni deputati, fra i quali il consigliere nazionale ticinese Fabio Regazzi del Partito Popolare Democratico, si sono inoltre attivati di recente attraverso atti parlamentari per rendere l’home office più attrattivo, evitando in particolare a chi lo sceglie di essere penalizzato nel riconoscimento delle spese professionali. Sul piano cantonale i mozionanti auspicano pertanto che l’ente pubblico assuma pure un ruolo faro nella promozione di quella che è da annoverare fra le buone pratiche innovative.