Lasciare il vicolo cieco

Psicologia – In periodi di incertezza prolungata come quello che stiamo vivendo, può diventare necessario e benefico un «disimpegno dagli obiettivi» rinunciando a traguardi troppo difficili
/ 01.03.2021
di Stefania Prandi

In periodi di incertezza prolungata come quello che stiamo vivendo, può diventare necessario «aggiustare gli obiettivi» prefissati. Dagli studi di Carsten Wrosch, professore di psicologia alla Concordia University di Montreal, è emerso che perseguire traguardi difficili da raggiungere ha ripercussioni negative sulla salute a causa dell’aumento dei livelli della proteina C-reattiva, collegato a malattie cardiache, diabete e invecchiamento precoce negli adulti. Alle stesse conclusioni è arrivato Gregory Miller, docente di psicologia all’Università della British Columbia, che ha realizzato una serie di ricerche sui benefici derivanti dal «disimpegno dagli obiettivi». Miller ha scoperto che, in molti casi, passare da uno scopo problematico a un altro, più raggiungibile, aumenta il senso di benessere.

Non è semplice capire quando fare un passo indietro, sia nella vita personale sia in quella lavorativa. Seth Godin, tra i più celebri pensatori nel panorama dell’economia e del management, spiega che quando ci si trova in un momento di forte difficoltà bisogna domandarsi se si tratta di una situazione temporanea e superabile oppure se è meglio cambiare strada. Non è detto, infatti, che impiegare tutte le proprie energie per farcela, nella direzione che si è intrapresa, sia la scelta migliore. Secondo Godin, che al problema ha dedicato un breve manuale, diventato bestseller, intitolato Il vicolo cieco. Il piccolo libro che vi insegna a comprendere se insistere o rinunciare (Mgmt edizioni), le persone che hanno successo sanno quando è il momento di mollare. Tra le domande da porsi per capire quando si è davvero in un cul-de-sac, è fondamentale chiedersi se il percorso scelto coinvolge i propri punti di forza oppure la capacità di superare la debolezza; in quest’ultimo caso sarebbe logico lasciare perdere. Inoltre, è importante interrogarsi sulla propria strategia per superare l’impasse e valutare se gli sforzi che si stanno facendo valgono la pena. Ci si deve anche chiedere: ho la capacità di resistere per arrivare alla meta? Se il percorso e i vari passaggi sono chiari, ma non si hanno le risorse (ad esempio tempo o denaro) per continuare abbastanza a lungo da raggiungere l’obiettivo, prima si smette prima si potranno reinvestire gli sforzi in attività più fruttuose.

Kathleen D. Vohs, professoressa di marketing alla Carlson School of Management dell’Università del Minnesota, autrice di diversi libri tra cui Handbook of Self-Regulation (The Guilford Press), ha studiato il problema in relazione alle persone che sono sempre a dieta. Perdere peso (e non riacquisirlo), sostiene Vohs, è tra gli obiettivi più frustranti in assoluto. Chi impiega energie in qualcosa che provoca una frustrazione costante, ha meno probabilità di riuscire negli altri ambiti della vita. Forse, allora, varrebbe la pena fare un passo indietro e dire: «Cercherò di vivere una vita sana e non mi sforzerò così tanto di dimagrire».

A volte l’incapacità di mollare supera il buonsenso. Ori e Rom Brafman, autori del libro Sway: The Irresistible Pull of Irrational Behaviour (Broadway Books), sostengono che «c’è un’enorme quantità di forze sociali e psicologiche che impedisce alle persone di smettere in tempo». A dimostrazione della loro teoria, citano l’esempio fornito da un esperimento di Harvard nel quale è stata analizzata la reazione di diversi gruppi di persone che hanno preso parte all’asta di una banconota da venti dollari. I partecipanti potevano offrire la cifra che ritenevano più opportuna per avere in cambio i venti dollari. La maggior parte si è ritirata quando arrivava a dodici dollari, perché non credeva convenisse andare oltre. Ogni volta, però, restavano sempre due contendenti che continuavano a puntare a oltranza, incapaci di accettare l’idea di perdere. Il risultato è che si è arrivati all’offerta record di duecentoquattro dollari per una banconota da venti.

Questa tendenza a sentirsi così coinvolti in una situazione – o troppo imbarazzati per ammettere di avere scelto la strada sbagliata – permea tutti gli aspetti della nostra vita. Tra gli obiettivi da abbandonare ci possono essere anche grandi sogni oppure progetti importanti. Secondo Godin, «smettere è come morire. Proteggiamo ciò a cui siamo attaccati troppo a lungo perché non ci sembra sicuro allontanarci».

Maria Cristina Bombelli, fondatrice e presidente di Wise Growth, autrice di molti libri e coach per persone e aziende, dice ad «Azione»: «Nella cultura americana l’idea del cambiamento non è così drastica come da noi. Si prova una strada e se non funziona si cerca altro. In Europa, invece, deviare dal percorso iniziale può diventare quasi un’onta verso se stessi. In realtà, è soltanto sperimentando che ci si rende conto se quello che si sta facendo sta portando da qualche parte. Bisognerebbe ridurre l’idea allo sperimentare e non al fallimento».

C’è, in generale, una grande resistenza a lasciare andare una professione, anche se non è soddisfacente, perché nella nostra società è un fattore identitario. Secondo Bombelli, per capire se un cambiamento, motivato dal desiderio oppure da un sogno, è giusto, serve «ancorarlo» alla realtà. Per usare le parole di Herminia Ibarra, esperta di leadership e sviluppo, le possibilità vanno «assaggiate». Occorre intraprendere un percorso per potersi accorgere se funziona. Il problema è quando si investono troppe energie e aspettative e si persevera, nonostante ci siano evidenti segnali negativi. In ogni caso, per cambiare è sempre necessario valutare la fattibilità: ad esempio, se si ha una passione diversa dal proprio lavoro, prima di lasciarlo bisogna specializzarsi, con corsi ad hoc, e crearsi una rete di nuove relazioni.

In questo momento di isolamento, afflitti dalla Covid fatigue, ci sentiamo «congelati». «Eppure – conclude Bombelli – se ci pensiamo bene, potrebbe essere anche una fase per interrogarci sui nostri percorsi e provare a sondare nuove possibilità, magari con i corsi online. In rete c’è il mare magnum, per la formazione personale davvero l’imbarazzo della scelta».