Lasciamoli sbagliare

Il caffè delle mamme – L’errore è un’opportunità per imparare, non qualcosa da evitare assolutamente: i bambini devono potersi autocorreggere senza essere giudicati
/ 29.03.2021
di Simona Ravizza

«Ma allora un errore può diventare una cosa bella!». A Il caffè delle mamme, che per l’ennesima volta torna a essere un appuntamento virtuale visti i bar chiusi causa Covid-19, l’altra mattina mi presento più orgogliosa che mai: mio figlio Enea, 7 anni, ha appena finito di leggere, seduto sulle mie ginocchia, Il libro degli errori di Corinna Luyken (ed. Fatatrac, gennaio 2021) e la sua sintesi è perfetta. Non per avere un bel voto a scuola, ma per la vita che verrà. Questa per lo meno è la mia speranza. Così a Il Caffè snocciolo tutti i motivi per cui ritengo fondamentale che i bambini non vedano l’errore come una cosa brutta da evitare, ma come un’opportunità per imparare. Mai demoralizzarsi, piuttosto autocorreggersi e reagire. Per argomentare la mia tesi scomodo uno dei più grandi scrittori per bambini, Gianni Rodari, la pedagogista Maria Montessori, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome, e mi attacco al telefono con il mio collega del «Corriere della Sera» Beppe Severgnini, cresciuto alla scuola Montessori di Crema come racconta nel suo ultimo libro Neoitaliani. Un manifesto, infine chiedo altre informazioni a Paola Favretto, docente e formatrice montessoriana. «Lasciamoli sbagliare», è alla fine il mio appello ad amiche non troppo convinte. Ecco come e perché.

Iniziamo innanzitutto a dare il benvenuto al Signor Errore, come lo definisce Maria Montessori che l’ha trasformato in un personaggio per fare capire che ci accompagnerà per tutta la nostra vita. Meglio, allora, imparare a conviverci il prima possibile. «Meglio sarà avere verso l’errore un atteggiamento amichevole e considerarlo come un compagno che vive con noi ed ha un suo scopo, perché veramente ne ha uno – dice Montessori –. Da qualunque parte si guardi, troveremo sempre il Signor Errore! Se vogliamo andare verso la perfezione, conviene stare attenti agli sbagli perché la perfezione verrà solo correggendoli e bisogna guardarli alla luce del sole, bisogna ricordarsi che essi esistono come esiste la vita stessa» (a proposito di perfezione: io in famiglia, per giustificare i miei innumerevoli sbagli, ricordo sempre che è noiosa, ma questa è un’altra storia!).

I bambini, insisto con foga a Il caffè delle mamme, non vanno protetti dagli errori. Esempi pratici pescati dalla scuola Montessori che possiamo copiare nella vita di tutti i giorni a casa: i tavolini sono volutamente in legno chiaro, in questo modo le macchie di pennarelli, penne o quant’altro risultano ben evidenti; e dopo un po’ il bimbo capisce che deve stare attento a non sporcare. I piatti e bicchieri anche per i più piccoli non sono in plastica ma in vetro e ceramica: se cadono si rompono facendo comprendere così l’errore commesso. Gli alunni a turno fanno i dispensieri, ossia servono ai tavoli in mensa: rovesciare una portata può capitare, la prossima volta il bambino starà più attento. Così Beppe Severgnini ricorda una visita recente alla scuola Montessori di Crema dov’è cresciuto: «Sembra di entrare in una città in miniatura, dove tutti hanno qualcosa da fare. Giocare, ovviamente. Ma anche lavare i piatti, lavare i panni, lucidare le scarpe. Spingere il carrello con il pasto e servire i compagni (“il dispensiere/la dispensiera” è un incarico ambito). Ho notato un bimbo – avrà avuto quattro anni – che impugnava un coltello alto la metà di lui. “Cosa fa?”, ho chiesto, preoccupato. “Affetta il pane”, mi ha risposto la direttrice, Emilia Caravaggio. “Ma non rischia di tagliarsi?!”. “Be’, sì, ogni tanto i bambini si fanno qualche taglietto, niente di grave. Così capiscono che i coltelli sono pericolosi, e vanno maneggiati con cura”». Ora non pensiamo che le nostre case debbano diventare un terreno di battaglia dove il tavolo si sporca, i piatti si rompono, il cibo cade a terra e le dita vengono riempite di cerotti: ma allo stesso tempo dobbiamo armarci di pazienza e spingere i nostri figli a fare cose pratiche anche a rischio di qualche imprevisto. La convivenza con l’errore inizia da qui: e se è tutto uno «stai attento», «questo non farlo, quell’altro non romperlo» non gli diamo mai davvero la possibilità di capire e auto-correggersi. «Sbagliano a farsi il nodo delle scarpe?», non interveniamo subito noi per fare in fretta, ma diamo il tempo di rifarlo un po’ di volte. Oggi ci sono da chiudere i bottoni del cappotto e il bimbo impara a riprovare se lo allaccia storto, un domani è un qualsiasi altro errore: «Altrimenti uno va avanti a fare tutta la vita solo ciò che sa già fare», riflette la docente Favretto: «Così, però, nessuno farà mai il salto in più».

Enea, il mio bambino appassionato di calcio e mountain bike, sempre mentre è seduto sulle mie ginocchia a leggere Il libro degli errori, la riassume così: «Sbagliare e riprovare. Calcio, sbaglio il tiro e riprovo fino a che ce l’ho fatta. Quando cado in bici mi rialzo e riprovo». Cuor di mamma pensa: «Se sarai davvero capace a reagire così, la strada della vita per te sarà meno in salita». Ma saranno davvero capaci, lui e tutti i nostri figli, ad accettare gli errori e soprattutto a imparare da essi?

Il segreto, mi dice ancora Favretto, è di non giudicarli, ma aiutarli a capire in autonomia dov’è lo sbaglio. Mai umiliarli: frasi come «Sei stupido!», «Ma non hai ancora capito?», «Guarda che guaio!», non solo non li aiutano a raggiungere il risultato ma sono controproducenti. Quante volte un bimbo cerca di infilare cose piccole in una ciotola grande e poi cose grandi in una piccola, prima di cogliere da sé la differenza? Ogni tentativo fallito lo induce a provare ancora. Non diciamogli subito: «Ma non vedi che…». Beppe Severgnini ci ride su: «Ricordo i giochi di legno a incastro, in particolare quello delle regioni italiane: insistevo a ficcare l’Umbria nello spazio della Basilicata». Provare e riprovare da solo dà al bambino più sicurezza. È tutto un procedere per prove e tentativi.

Ne La grammatica della fantasia Gianni Rodari scrive: «Sbagliando s’impara, è vecchio proverbio. Il nuovo potrebbe dire che sbagliando s’inventa». Perché in ogni errore – è la tesi dello scrittore che faccio mia a Il caffè delle mamme – giace la possibilità di una storia. È quel che emerge con illustrazioni divertenti ne Il libro degli errori di Corinna Luyken: un occhio troppo grande si trasforma in un paio di occhiali; una strana macchia scura diventa un cespuglio, il gomito e il collo extra lungo offrono l’opportunità di metterci un colletto con decori di trine e inserti di stoffa; lo spazio in più tra il suolo e la scarpa della ragazza – un errore anche quello – spinge a metterle ai piedi i pattini a rotelle; e la ragazza, con la gamba lunga lunga, sembra sia stata creata proprio per scalare quell’albero. Persino le macchie d’inchiostro sparpagliate nel cielo possono diventare foglie. L’idea di Rodari: «Una volta, a un bambino che aveva scritto – insolito errore – cassa per casa, suggerii di inventare la storia di un uomo che abitava in una cassa». Ci proviamo anche noi?