«Siamo sempre più numerosi, nel corso delle nostre vite moderne, a cambiare radicalmente traiettoria. Molto spesso è per lanciarsi in un’attività artigianale». Con poche significative parole, questa frase esprime il pensiero che attraversa La lezione del legno, un libro di Arthur Lochmann tradotto in italiano nel 2020 dall’editore Salani. L’autore, veniamo a sapere, si divide equamente fra due occupazioni principali e apparentemente inconciliabili: quella di traduttore di saggistica e narrativa dal tedesco e dall’inglese, e quella di carpentiere. Il libro ne rivela il percorso personale, le oscillazioni che caratterizzano la sua traiettoria, la doppia attività che dà forma alla sua identità. Come si intuisce dal titolo, l’autore mette maggiormente l’accento sul versante autenticamente artigianale di queste attività, quello legato alla lavorazione del legno.
Molte delle pagine che Lochmann scrive sono dedicate alla presentazione di un’arte fatta di trucchi, di riti e di saperi imparati lavorando all’aria aperta, magari sui tetti di una casa. Strutturato in capitoli che prendono spunto, spesso, da un’esperienza personale, La lezione del legno illustra l’unicità e i pregi che fanno del legno un materiale da costruzione prezioso e insostituibile. Descrivendo situazioni e momenti in cui maneggia e dà forma al materiale, l’autore francese ne mette in risalto le principali virtù: tanto che si ha quasi l’impressione di toccarlo con mano, quel legno di cui parla, di sentirne e di respirarne l’odore.
Ma qual è, ci si potrebbe chiedere, la lezione che impariamo dal legno? Quali sono gli insegnamenti insiti nel suo impiego come materiale da costruzione che Arthur Lochmann, con pazienza e mestiere, si impegna a trasmettere al lettore? La saggezza popolare, si sa, fa spesso capo a oggetti e materiali comuni per esprimere gli alti e i bassi del quotidiano. Nel linguaggio, parlato e scritto, esistono un certo numero di modi di dire che associano il legno a una saggezza popolare radicata in cose, persone, e territorio. «Portare legna al bosco», per esempio, indica un’azione insensata: perché sforzarsi a portare legna in un luogo che ne è, per definizione, già provvisto? Chi «aggiungerà legna al fuoco» tenderà invece a esacerbare una discussione già tesa, rischiando di farla degenerare in lite. «Caricarsi di legna verde» sarà invece una scelta poco previdente: quando la legna è verde, si sa, stenta a bruciare. Chi si riferisce a un «legno torto» si troverà in presenza di una situazione difficile, oltremodo complicata, oppure alle prese con un individuo il cui carattere è particolarmente spigoloso, irascibile, poco malleabile. L’espressione «toccare legno», infine, è del tutto analoga al più comune «toccare ferro», e indica un gesto scaramantico, una precisa volontà di tenersi alla larga dalla sfortuna.
A fornire il punto di appoggio alle espressioni linguistiche di cui abbiamo riferito sono, come detto, le caratteristiche specifiche che definiscono la materialità del legno. Molte delle espressioni citate – salvo forse «toccare legno» – indicano una mancanza di equilibrio, un troppo o un troppo poco, oppure una situazione oltremodo tortuosa e poco edificante. Come mai? La domanda trova nel libro di Lochmann una risposta sfumata, e lo stesso materiale, come detto, viene rivalutato ampiamente in chiave positiva. I racconti e le descrizioni che incontriamo nelle pagine del libro ci portano diritti al nocciolo della questione, alla lezione di cui parla il libro.
Per apprezzare veramente il valore del legno, la sua versatilità e la sua pregevolezza, bisogna capire che esistono tanti tipi di legno, ognuno dei quali si distingue per colore, odore, resistenza. Tanto che, per dire, un tipo di legno può essere adatto per un lavoro e poco idoneo per un altro. Chi costruisce con il legno, inoltre, sa che si tratta di un materiale vivo, che si dilata o si restringe a seconda delle condizioni meteorologiche. Tagliare il legno, lisciarlo e prepararlo per costruirci qualcosa, sono operazioni che comportano una conoscenza e un’accortezza che coinvolgono corpo e mente in un unico gesto. Analogamente, trasportare una trave in legno da un punto all’altro di un cantiere richiede che tutti i sensi siano allertati, allenati e coordinati a portate a termine quel compito.
Nell’insieme, la vicenda personale di Lochmann diventa il punto di partenza per riflettere sull’importanza della manualità, sui benefici che questa può avere per l’equilibrio di corpo e mente; e su un possibile ritorno all’artigianato come stile di vita. Come afferma l’autore stesso: «a poco a poco mi è parso chiaro che uno dei fattori di progresso per la nostra epoca, più che una fuga in avanti, è il riutilizzo di vecchie conoscenze o di rapporti col mondo combinati con le tecniche moderne. La moltiplicazione dei nuovi artigiani, dei fablab, dei microbirrifici, in città come in campagna, ne è il riflesso». Sulla scia di queste parole, giova ricordare come la bottega dell’artigiano, atelier o workshop che dir si voglia, sia ormai diventata un’immagine così popolare e trasversale, tanto da inglobare, negli anni, una quantità crescente di attività.