L’arte con tutti gli altri sensi

Un progetto della Supsi sta permettendo l’elaborazione di linee guida per enti museali al fine di facilitare la loro accessibilità a persone cieche e ipovedenti
/ 03.07.2017
di Sara Rossi Guidicelli

Perché andiamo alle mostre? Perché molti provano emozioni di fronte a un quadro, una scultura, un’installazione? Perché chiediamo agli artisti di organizzare per noi una spiegazione del senso della vita? Domande senza risposte, o con migliaia di risposte, belle, banali, plausibili, utili o inutili. Fatto sta che chi apprezza e segue le proposte dei musei e delle gallerie d’arte ha piacere a frequentare le mostre. E succede non di rado che alcune di queste persone siano cieche o ipovedenti. La Supsi, in particolare il Laboratorio cultura visiva, ha deciso insieme a Unitas di fare qualcosa per rendere accessibile l’arte anche a persone con disabilità visive.

Esistono varie strade che i musei d’arte del mondo hanno intrapreso per questa opportunità da offrire a tutti; il progetto di mediazione culturale inclusiva della Supsi intende fare ricerca con verifica sul campo per mettere in rete un grande numero di proposte, attraverso una piattaforma web (www.mci.supsi.ch) già piena di risorse attualmente consultabili oltre che grazie alla creazione di linee guida finali, che a dicembre saranno a libera disposizione di tutti i musei svizzeri.

Questa ricerca-azione è già iniziata un anno e mezzo fa, e a noi la racconta Valeria Donnarumma, responsabile del progetto. «Siamo in partenariato con tutti i principali musei d’arte del cantone e questo è importante. Lavoriamo a stretto contatto con loro, oltre che con gli utenti interessati. Dopo un primo periodo di ricerca e analisi, stiamo ora sperimentando diverse soluzioni facilmente praticabili affinché il mondo della cultura e dell’arte in Ticino sia accessibile anche a persone con diverse disabilità visive». Qualche esempio: visite guidate appositamente concepite per ciechi o ipovedenti, individuali o di gruppo, audioguide con descrizione oggettiva dell’opera e critica, possibilità di toccare quadri e sculture, aggiunta di altri canali sensoriali, come l’udito, il gusto e l’olfatto, abbinandoli alla scoperta dell’opera d’arte.

La maggior parte degli utenti interessati sono persone che hanno sempre frequentato le offerte culturali e artistiche e ad un certo punto della loro vita hanno perso la vista, senza però perdere il desiderio di continuare a seguire le mostre. Ci vanno di solito accompagnati da qualcuno o dal proprio cane guida. La ricerca della Supsi rivela che per un buon numero di loro il modo migliore di essere accompagnati alla scoperta di un museo o di una nuova mostra è in piccolissimi gruppi, soffermandosi su alcune opere scelte (meglio poche a cui dedicare il tempo che ci vuole) con una guida che le descrive oggettivamente prima, soggettivamente poi e eventualmente che propone una critica artistica. La descrizione oggettiva spiega la posizione nello spazio dell’opera, le sue dimensioni, poi ne racconta i colori e il contenuto. Quella soggettiva aggiunge ciò che evoca il guardarla, come una particolare atmosfera, un sentimento o un rumore («dà una sensazione di oppressione», «infonde serenità», «sembra di sentire le onde del mare», e così via). La critica è quella che di solito propongono le classiche audioguide: l’opera viene commentata e collocata nel suo contesto storico e artistico.

Anche la possibilità di esplorare tattilmente, quando c’è, è molto utile: ci sono musei che hanno costruito la maquette di alcune opere, oppure ci sono quadri di cui si può sentire la materia sfiorandoli con un dito e sculture che si possono toccare. La presenza dell’artista, inoltre, come per tutti, è sempre un piacere.

«L’idea è quella di costruire un kit da lasciare a disposizione di tutti i musei svizzeri, con le soluzioni che meglio hanno funzionato, quelle più efficaci, apprezzate e meno costose. Sarà un po’ come un ricettario, in cui ognuno potrà scegliere quello che meglio fa per lui. Ci saranno linee guida su come impostare le informazioni di base sul proprio sito, in modo che i lettori vocali sappiano riconoscerle e trasmetterle a chi fa uso di tali dispositivi; ci saranno anche consigli su come organizzare la mobilità del proprio edificio e sulla possibilità di orientarsi per una persona cieca o ipovedente». A fine novembre o dicembre ci sarà una giornata di presentazione di questo strumento che raccoglie e mette in rete tutte le facilitazioni così che i musei sensibili a questo tema possano trovare spunti e riflessioni e soprattutto idee pratiche per rendersi più accessibili.

«Quello che vorrei – conclude Valeria Donnarumma – è che diventasse normale avere la possibilità di andare al museo, con qualsiasi disabilità, così che tutti davvero possano scegliere di quale offerta culturale usufruire. D’altronde è proprio compito del museo fare in modo che tutti possano accedere al patrimonio artistico che custodisce e promuove. Vorremmo restare a disposizione e profilarci come punto di riferimento per i mediatori culturali e i musei stessi. Forse potremmo continuare la ricerca con altri utenti o su altri enti».

Un ultimo aspetto che cura la Supsi, in quanto scuola, è la sensibilizzazione dei suoi studenti. Il Laboratorio cultura visiva del Dipartimento ambiente costruzioni e design crea ponti tra ricerca e didattica, collaborando con vari altri dipartimenti per workshop rivolti a studenti di grafica, di lavoro sociale, di tecnologie interattive, sui ruoli che ognuno può svolgere nella facilitazione a persone cieche e ipovedenti di godere dell’arte.