Negli ultimi anni, non è stato infrequente leggere notizia di un presunto ritorno in auge dei dischi in vinile, ed è assai probabile che l’argomento riceverà attenzione anche in futuro. Il motivo è semplice. La generazione dei cosiddetti boomers sta andando in pensione e per loro il canto delle sirene della nostalgia diverrà di giorno in giorno più attraente. Prendere in mano un album, sfilarne il disco, posarlo sul piatto del giradischi, accomodare la puntina e rilassarsi in poltrona sarà come immergere una madeleine nella tazza del tè. I gesti di oggi trarranno dalla profondità del passato le sensazioni di ieri, e il tempo – per loro – sembrerà non essere trascorso.
L’industria discografica ha ben compreso il potere della nostalgia, cosicché – per esempio in occasione del cinquantesimo di album importanti – sforna edizioni di classici del rock in vinile di una qualità che non ha eguali con quella dei dischi di cinquant’anni or sono, offrendo l’opportunità a chi non ha mai smesso di opporre l’analogico al digitale di ribadire che il suono del vinile è incomparabilmente superiore a quello dei CD.
Peccato che il ritorno al vinile a uno standard molto alto è stato possibile solo grazie alla rivoluzione digitale. Prendiamo l’esempio di The Dark Side of the Moon, album che i Pink Floyd pubblicarono nel 1973. Nel marzo di quest’anno ne è uscita una versione, in occasione del cinquantesimo, sia in vinile, così come in CD (più precisamente Blu-ray Disc e DVD). La peculiarità di questa edizione consiste in una nuova masterizzazione che permette di apprezzare tutti i dettagli del lavoro compiuto in studio dalla band inglese tra il maggio del 1972 e il febbraio dell’anno successivo.
Allo scopo di ottenere questo risultato è stato necessario digitalizzare alla massima risoluzione possibile i nastri analogici originali sui quali furono registrati i vari strumenti. Ciò significa che la nuova edizione di The Dark Side of the Moon è stata realizzata, scavalcando tutta la sequenza dei processi analogici che, mezzo secolo fa, portò ai dischi in vinile; e il tanto apprezzato nitore acustico delle nuove edizioni in formato vinile dei classici del rock è il risultato di una filiera produttiva interamente digitale di una qualità tale da compensare anche l’inevitabile perdita di udito dei boomers.
Il processo descritto permette di comprendere bene, invece, ciò che sta davvero caratterizzando l’odierna fruizione musicale, vale a dire la cosiddetta «musica liquida». Dopo la qualità davvero scarsa dei CD audio di un tempo e dopo la brutta qualità dei file .mp3 che ci sta purtroppo accompagnando ancora oggi, gli album di qualità cosiddetta HighRes (in generale 192kHz/24-Bit), si scaricano dai negozi online o si ascoltano in streaming.
Alla ricerca di musica riprodotta nella miglior qualità audio possibile (denominata anche lossless e che va molto di là dello standard CD), negli ultimi anni, gli amanti della musica classica e del jazz in particolare, si sono orientati verso servizi di download come «Highresaudio.com», «NativeDSD» o «Qobuz»; oppure servizi di streaming come «TIDAL».
La «musica liquida» scaricata dai servizi web e oppure fruita in streaming richiede l’uso di un dispositivo che non è più né un lettore di CD audio, né un giradischi. Si tratta di una filiera di fruizione nuova, che ha due punti d’ingresso possibili: un computer oppure un dispositivo mobile; mentre il punto d’uscita finale resta il tradizionale impianto Hi-Fi (oppure un paio di cuffie). I passaggi intermedi che caratterizzano la cosiddetta «musica liquida» è semplice descriverli.
Dopo la qualità davvero scarsa dei CD audio e la brutta qualità dei file .mp3, arrivano gli album di qualità cosiddetta HighRes
Nella sua più recente versione, l’album dei Pink Floyd citato è in vendita presso vari negozi online. Il processo di download di un album HighRes è preceduto dalla selezione del formato audio desiderato, che sarà ottenuto in una cartella assieme con l’immagine di copertina, allo scopo di costituire un album digitale.
I brani musicali in tal modo scaricati nel proprio computer sono fruibili con i software in generale installati nei computer con lo scopo di avere una collezione di album, come per esempio iTunes, Amarok, TunesGo. Tuttavia, l’applicazione più apprezzata da chi fruisce di «musica liquida» di alta qualità audio è «Audirvana» perché ha la prerogativa di ottimizzare il computer allo scopo di renderlo un dispositivo principalmente dedicato alla riproduzione musicale quando in uso, e perché è in grado di gestire tutti i formati audio della più alta risoluzione possibile.
Ottenuto un album digitale attraverso il download e resolo disponibile alla fruizione grazie a una applicazione come «Audirvana», il passaggio successivo consiste nella conversione dell’informazione digitale in segnale analogico realizzata da un dispositivo denominato DAC (Digital Audio Converter).
Dispositivi simili se ne trovano dentro i computer, così come dentro i lettori di CD audio, tuttavia la loro qualità è scarsa e inadeguata a gestire formati audio di risoluzione molto alta. Per questo motivo, il DAC è un dispositivo a sé, collegato al computer per mezzo della porta USB. A valle del DAC, poi, il segnale analogico è disponibile per alimentare un paio di cuffie, oppure per l’ingresso nella presa AUX di un amplificatore o un preamplificatore tradizionali.
Un’alternativa possibile alla filiera qui descritta è l’uso di un dispositivo wireless di ricezione del segnale digitale, che contenga in sé anche un DAC. Un esempio possibile tra i più economici ma allo stesso tempo i più apprezzati dagli audiofili è il francese «Octavio»: il segnale digitale lascia il computer per entrare nella rete wireless di casa usando la tecnologia UPnP (che ha la caratteristica di avere una qualità audio molto migliore della qualità CD), giunge a «Octavio», che a sua volta lo converte nel segnale analogico utile per essere amplificato e riprodotto.
In alternativa all’uso del computer per collezionare gli album musicali e inviarli al DAC, si sta diffondendo la tendenza a usare un dispositivo dedicato a questo scopo, uno streamer casalingo, cui si collega l’hard disk con la collezione di album, navigabile per mezzo di uno smartphone.
Quanto descritto riferendoci all’uso di un computer o di uno streamer, è possibile anche con un dispositivo mobile. Se si tratta di uno smartphone o di un tablet, l’accorgimento necessario è l’uso di un DAC e di un’applicazione audio in grado di riprodurre i formati di più alta risoluzione. Se si tratta, invece, di un dispositivo dedicato alla riproduzione musicale – per esempio i prodotti HiBy Music –, allora il DAC non è necessario perché il dispositivo è già stato progettato e costruito per svolgere al meglio la filiera qui descritta, cosicché basta collegarvi un paio di cuffie, oppure collegarlo con un cavo all’impianto tradizionale.
I supporti in vinile continueranno a essere venduti anche nei prossimi anni, ma saranno oggetti galleggianti sulla marea montante della musica liquida, destinata a riversarsi in mille rivoli dentro qualunque tipo di dispositivo digitale.