«Il bambino si sviluppa, non viene sviluppato. Cresce, non viene cresciuto. È questa la buona notizia che vorrei dare a voi genitori: non preoccupatevi troppo, divertitevi con i vostri figli, perché se vi rilassate va tutto meglio e i bambini diventano comunque adulti, che voi vi agitiate o no». Stiamo parlando con Andreas Wechsler, uno dei pediatri svizzeri più amati, lavora a Lugano, e quello che è appena uscito è il suo secondo libro. Di formazione biologo, il dottor Wechsler ha scritto dapprima Genitori per divertimento, figli per passione, rivolto a chi ha figli tra 0 e 3 anni; ora, Casagrande Editore ha pubblicato il «sequel»: Infanzie calzanti per piccoli e grandi. Istruzioni per l’uso dai 3 anni all’adolescenza.
Si tratta di un manuale con parti narrative che espongono il punto di vista del pediatra, del genitore e del figlio (l’autore dichiara subito che per questioni di semplicità usa la forma maschile e l’esempio della famiglia tradizionale mamma-papà, ma che ovviamente ogni coppia e ogni bambino o bambina è incluso nel suo discorso). Con tono ironico e allegro, in meno di 140 pagine affronta le leggi dello sviluppo dei piccoli cuccioli di umano dal momento (circa) in cui prendono la parola al momento in cui (adolescenti) ce la tolgono o ce la tirano contro. «Leggerezza però non significa superficialità», ci tiene a ribadire. «Desidero che i genitori si gustino di più i momenti con i figli, e questo è un discorso profondo anche se uso un tono lieve. Quello che più mi preme dire è: una mamma, un papà, non sbagliano mai. Non sbagliano perché le intenzioni sono buone, quindi al limite c’è un malinteso. Spiegare alcuni punti dello sviluppo infantile serve a ridurre questi malintesi, con lo scopo finale di divertirsi di più».
Quello che un genitore dovrebbe fare è dunque: non prendere mai niente sul personale di ciò che arriva dai figli; cercare gioia anche in ambiti in cui i propri pargoli non c’entrano niente; non fingere né cercare di avere più pazienza di quella che si ha.
Quindi, se è una giornata no, meglio dirlo subito. Il dottor Wechsler lo ha capito quella volta che ha preso per il collo suo figlio. «Mentre lo sollevavo e le sue gambe penzolavano, pensavo che questo non era affatto il mio modello educativo. Dopo tale episodio ho imparato a dire: Oggi non è giornata». I figli stranamente capiscono all’istante, filano in camera e fanno quello che vogliono senza dare disturbi.
È bene anche dire loro esplicitamente quando non si ha voglia di giocare. È ottimo anche far sapere che si ha proprio voglia di uscire con i propri amici o andare a fare un’attività solo per adulti. I figli non devono sentirsi responsabili della felicità dei genitori e gli fa un gran bene sentirsi dire che alla mamma e al papà piacciono tante altre cose al mondo oltre a loro.
La parte più difficile, per molti, soprattutto con adolescenti per casa, sarà il non prenderla sul personale. E allora il pediatra suggerisce un allenamento: imparare a distinguere il disagio dalle parole espresse. E poi: rispondere a quel disagio e non alle parole. Per esempio se il bambino mi chiama befana, o il ragazzo elenca tutti i miei difetti posso semplicemente rispondergli: «Che peccato».
E così, di consiglio pratico in consiglio pratico, questo libro si legge con facilità, persino ridendo. Per ogni età (3-6 anni; 7-11; 12-16) si affrontano i temi del linguaggio e della comunicazione, per esempio: «Ai bambini piccoli cercate di parlare come parlano i nonni, cioè senza spiegare ma raccontando». Oppure: togliete dal vostro vocabolario la parola perché e puntate di più sul concetto di fiducia. A uno di quattro anni che fa il balordo sul marciapiede dite «Siamo in strada, ci diamo la mano». A uno di sette che non vuole uscire di casa proprio quando la macchina è caricata per due settimane al mare: «Oggi è il giorno giusto per andare in vacanza». E a un adolescente depresso non chiedete niente. Però state bene in ascolto.
Un altro tema è quello dell’autoregolazione e le cose, a detta dell’autore, sono piuttosto semplici. Dai 3-7 anni se noi genitori ci comportiamo bene, il nostro piccolo ci imiterà. A casa sarà anche un diavoletto ma fuori tutti ci diranno che è bravo, educato, dice per favore e saluta… cosa che non gli avete mai visto fare ma che lui vede fare a voi. Idem per la dieta: i bambini vengono su benissimo anche se non mangiano tutta la verdura e la frutta che si è soliti consigliare. Ma è importante che vedano i genitori mangiare frutta e verdura, perché devono poterli imitare quando saranno più grandi.
Se poi il bambino, nella fase in cui si sente un supereroe decide che vuole partire di casa, aiutatelo a fare la valigia. Tornerà di certo, e invece di filosofeggiare con lui sul concetto di famiglia, solitudine e pericoli della strada, voi aiutatelo a disfare la valigia. Meglio sempre restare sul concreto, secondo Wechsler.
Gli altri temi sono lo sviluppo cognitivo, quello neuromotorio, l’arrivo del fratellino e la coppia di genitori che si separa o l’entrata di qualche variazione importante nella composizione famigliare.
Il libro è costellato di chicche, come per esempio: «I genitori devono solo esserci, proporre il meno possibile, strutturare ancora meno. Siamo arrivati ai tre anni? Bene, il più è fatto. Io sono la mamma, lui è il papà. Basta così. Il resto lasciamoglielo scoprire da solo». Sembra molto rilassante, ma se a dirlo è un esperto dello sviluppo infantile diventa subito galvanizzante, non trovate?
Con i fratelli, l’importante è creare alleanza fra loro. Quindi, se un figlio fa una marachella, è sempre meglio dare la colpa a tutti i figli, dicendo: «Mi avete scocciato» e mandarli fuori dalla porta. Wechlser addirittura ai suoi figli di solito raccomandava di «menarsi come si deve in modo che almeno uno dei due cominci a sanguinare» poi si appostava alla finestra e vedeva come si mettevano a giocare sereni e coalizzati.
Poi arriva l’epoca scolastica e la scuola, va ricordato, è «quella cosa inutile intorno alla ricreazione». Provate a dire a vostro figlio: «Chi se la cava durante la ricreazione, se la caverà tutta la vita» e vedrete i benefici, anche sul piano scolastico. E per le birichinate: non dimenticate che ci vuole cervello, inventiva e coraggio a farle, quindi gioite, genitori, gioite!
Alla fine, c’è la fase del distacco, l’adolescenza, quando la mamma e il papà si appendono un grande bersaglio sul petto con scritto «sparate qua» e i figli obbediscono come mai avevano fatto. Il genitore diventa vittima consenziente e sta all’erta: se il figlio ce la fa a continuare un’attività extrascolastica come per esempio uno sport, possiamo stare tranquilli che non si autodistruggerà: saprà fermarsi prima, come siamo riusciti noi. È normale che alla sera i ragazzi non dormano, perché siamo stati cacciatori per decine di migliaia di anni ed è al crepuscolo che si esce a caccia, «non importa se nella foresta, in discoteca o su un dispositivo elettronico». Quindi il fatto di non prendere sonno la sera è un fenomeno biologico e il dottor Wechsler dà dunque qualche consiglio per attenuare le conseguenze negative che ne derivano.
Il nostro ruolo è quello del tassista che porta il figlio a fare attività interessanti con altra gente. E alla fine, la natura prevede il distacco; «emancipazione significa giovani adulti liberi da una parte, genitori abbandonati dall’altra. Se tutto va bene, dunque, i genitori devono essere salutati, e rimanere solo quello che sono: una mamma e un papà».