Il neurobiologo Gerald Hüther è considerato uno dei più importanti ricercatori sul cervello in Germania (www.gerald-huether.de). Da anni dedito alla divulgazione scientifica in molti dei sui libri si occupa di bambini, scuola e apprendimento. Dal 2015 fa parte del comitato dell’Accademia per lo sviluppo del potenziale. Il suo ultimo progetto è l’iniziativa www.liebevoll.jetzt. Il prossimo 18 maggio sarà ospite del convegno nazionale Lapurla organizzato dal Percento culturale Migros, nel suo intervento parlerà del risveglio della creatività infantile repressa. Lo abbiamo intervistato.
Da un anno le nostre vite sono dominate dal coronavirus. I bambini riescono a superare una crisi del genere meglio degli adulti?
I più piccoli, che perlopiù restano a casa e non indossano la mascherina, non se ne accorgono ancora. I bambini della scuola d’infanzia e delle elementari rispettano meravigliosamente le norme igieniche e di distanziamento. Noi adulti ci rallegriamo di quanto siano bravi, ma non siamo consapevoli del prezzo che stanno pagando.
Che prezzo stanno pagando?
Ogni bambino cresce con certi bisogni, come ad esempio essere coccolato dai nonni, giocare con gli altri, scoprire il mondo, insomma deve fare qualcosa. Per rispettare le misure anti-coronavirus, il bambino deve reprimere molti di questi bisogni e ciò è estremamente faticoso. Di conseguenza, il cervello umano si organizza in modo tale che sui reticoli che generano un determinato bisogno siano collocati dei freni inibitori. Così, il bisogno poi svanisce.
E dopo?
Ad un certo punto, la voglia di star vicino ai nonni semplicemente scompare. Se in seguito il bambino può di nuovo andare dai nonni, si accorgeranno che è insicuro e timido come di fronte un estraneo. Se anche i nonni reagiscono con insicurezza, credendo che il nipotino non li sopporti più, allora potrebbero non trovarsi più bene assieme per il resto della vita. Il bambino si comporta in modo analogo con il bisogno di giocare con gli altri, scoprire il mondo, imparare qualcosa ed esplorare l’ignoto. Ci sono bambini che dopo quasi un anno di lockdown dicono di non aver più voglia di giocare con gli amici. Se i genitori non li aiutano a reintegrarsi, è probabile che da soli non ce la facciano.
Supponiamo che non ce la facciano, che ne sarà di questi bambini?
Diventeranno delle persone addestrate all’obbedienza, senza spirito ribelle, che funzionano come i robot e gli automi digitali. Mai prima d’ora nella storia umana era successo che i bambini fossero costretti a reprimere i propri bisogni per far piacere a noi. Se un bambino si oppone a un padre autoritario o a una regola, egli conserva la volontà e continuerà a capire di cosa ha bisogno.
Proprio come i giovani che in Svizzera si sono ribellati alle misure contro il coronavirus. A San Gallo, ad esempio, ci sono stati disordini prima delle ultime aperture.
Alcuni giovani non sopportano più queste misure. Hanno già fatto le loro esperienze e si oppongono al fatto che i loro bisogni primari vengano ignorati. Inoltre, gli ormoni sessuali mettono il loro cervello in un tale tumulto che non riescono assolutamente a reprimere i loro bisogni.
Lei dimostra comprensione per questi giovani.
Credo che non abbia senso lagnarsi per questi sfoghi e comminare sanzioni, perché non fa che peggiorare le cose. Sarebbe bene dimostrare comprensione perché si trovano in una situazione catastrofica e riflettere assieme su cosa si può fare. Esistono più spazi aperti di quanto si creda. Se i locali per poter far festa sono chiusi, ci si potrebbe anche incontrare in una cava di pietre o in riva al lago e tenervi un concerto pop mantenendo la giusta distanza dagli altri. Dobbiamo aiutare i giovani ad appagare i loro bisogni seguendo le regole. Penso che sia normale che reagiscano, non vogliamo seguaci devoti e persone senza opinioni. Vogliamo persone caparbie, specialmente in Svizzera.
Perché dice specialmente in Svizzera?
Gli svizzeri sono di per sé un po’ testardi. Penso che abbia a che fare con la Storia. La Svizzera non ha mai avuto un ordinamento con un re al vertice, dove tutti facevano quello che diceva il sovrano. Ogni cantone ha le proprie caratteristiche regionali e decide in autonomia. Ecco perché gli svizzeri – visti dall’estero – sono più difficili da mettere in riga…
... rispetto ai tedeschi?
In Germania è sempre tutto preordinato e attuato nel modo più uniforme e burocratico possibile. Attualmente litigano perché non tutti i Länder si attengono alle misure decretate dal governo di Berlino. In ogni Land tedesco la situazione è un po’ diversa. Alla luce del numero dei contagi in crescita, si discute continuamente di un lockdown immediato a livello nazionale. In alcune regioni c’è già la chiusura totale, mentre in altre la gente non ce la fa più.
In alcuni Länder tedeschi non ci sono lezioni in presenza da quasi un anno. Come si possono aiutare i bambini che non possono andare a scuola e incontrare i loro coetanei?
I genitori dovrebbero dargli molte opportunità a casa, affinché si sentano ancora vivi: cantare, ballare, suonare, dipingere. Le idee di Lapurla (v. a lato) offrono tantissimi spunti. Non appena possibile, le famiglie dovrebbero tornare a incontrarsi. È tanto più importante in quanto gli insegnanti e le autorità scolastiche cercheranno di recuperare le lezioni perse. I genitori dovrebbero insistere affinché vengano considerati i bisogni dei bambini.
Lei è un fervente critico del nostro sistema scolastico. Cosa c’è di tanto sbagliato?
Nelle scuole occidentali, i bambini sono ancora visti troppo spesso come oggetti. Oggetti di aspettative, di insegnamenti e valutazioni. In questo modo si violano due loro esigenze basilari: la comunanza e la creatività personale. Se i bambini non le possono appagare, devono reprimerle oppure compensano con soddisfazioni sostitutive, ad esempio con i consumi o i videogiochi. Paradossalmente, le scuole che abbiamo nelle società consumistiche occidentali sono proprio quello che ci vuole, perché generano consumatori a sufficienza. Per fortuna, non tutti se ne lasciano sedurre e soprattutto fuori dalle città ci sono ancora tanti bambini e adolescenti molto legati alla natura, che si prendono cura di qualcosa che per loro è importante.
Lei cosa auspica?
La cosa più importante che dovrebbe accadere a scuola è che nessun bambino vi perda mai più la gioia di imparare, che in loro è innata. Se la scuola può garantire che tutti i bambini siano felici di imparare, apprenderanno tutto ciò di cui hanno bisogno.
Che tipo di sistema scolastico ha in mente?
Uno che non ordina ai bambini cosa devono imparare, ma che gli domanda cosa gli interessa.
Ma solo con il piacere funzionerebbe davvero? Ad esempio, ai bambini piace imparare una lingua straniera, ma poi provano fastidio a sgobbare sui vocaboli?
Probabilmente ci siamo fatti un’immagine distorta. Costringere i bambini a imparare una lingua straniera, impedisce loro di innamorarsi di questa lingua. Nell’ex Germania dell’Est, dove sono cresciuto, dovetti studiare il russo per almeno dieci anni. Oggi l’ho dimenticato. L’inglese non l’ho studiato a scuola, ma per conto mio perché mi piaceva ed oggi è una lingua che parlo perfettamente.
Una volta ha detto che da bambino ha avuto molta fortuna, perché i suoi genitori avevano poco tempo da dedicarle. Che cosa intendeva?
Non avevano tempo per mettersi al tavolo con me e discutere su come andavano fatti i calcoli. Non avevano tempo e non potevano neppure portarmi a qualche manifestazione dove avrei potuto imparare qualcosa. Erano contenti quando il pomeriggio andavamo in giro con gli altri bambini. Tornavamo a casa a mezzogiorno, gettavamo le nostre cartelle in un angolo e andavamo fuori: è allora che iniziava la vita. Giravamo per il paese e in modo scherzoso scoprivamo come andava la vita, come andare d’accordo, le cose belle da fare, come dar prova di coraggio.
Studi svizzeri dimostrano che il tempo completamente libero di cui dispongono i bambini piccoli è diminuito di un terzo negli ultimi 20 anni. È un problema?
È dimostrato scientificamente che i bambini fanno le esperienze di apprendimento più importanti quando scoprono le cose in modo ludico. Devono saper risolvere talmente tanti problemi diversi. Non dovremmo sgomberargli la strada dagli ostacoli, ma magari mettergliene ancora qualcuno. Se imparano a risolvere i problemi, acquisiscono sicurezza. Il sistema nervoso, infatti, lavora come il sistema immunitario, che si diventa pigro se non deve sviluppare anticorpi contro i germi. Anche la capacità di risolvere i problemi diminuisce se non viene allenata.
Che cosa succede se manca lo spazio il gioco?
Se non c’è spazio per giocare, c’è solo la possibilità di seguire le norme e le prescrizioni degli adulti. E queste potrebbero anche essere sbagliate. Per dirla in modo drammatico: durante il nazismo si sbagliavano terribilmente e costrinsero anche i loro figli a diventare dei piccoli nazisti. A quei tempi c’erano già le cosiddette scuole riformate. Se avessero prevalso queste ultime, dove la libertà di giocare e la responsabilità individuale recitavano un ruolo importante, Hitler non avrebbe mai trovato abbastanza soldati per le sue guerre.
La Sua critica alla scuola è anche una critica alla società.
La scuola è sempre come la società. Affinché possa cambiare, deve cambiare prima la società. È quel che sta accadendo in questo momento, anche a causa della problematica del coronavirus.
Quindi la pandemia porta con sé anche qualcosa di buono?
Il coronavirus ci mette di fronte all’evidenza che non possiamo controllare la vita. Poiché adesso molto di quello si è fatto finora non è più possibile, le persone si sono ripiegate su se stesse. Siccome non possono più fare compere, andare a bere un caffè, viaggiare, ora devono affrontare la questione di come vorrebbero dar forma alla loro esistenza. E di cosa è veramente importante per loro. Sempre più gente giunge alla conclusione che c’è anche qualcos’altro oltre a quello che finora ritenevano importante. Qualcosa che forse è molto più denso di significati.
Lei ha fondato l’iniziativa «Liebevoll jetzt!» (“ora l’affetto”, ndt.). Che scopi persegue?
Molte persone sono talmente insicure a causa dell’attuale crisi, che hanno bisogno di una spinta, di idee su come poter fare qualcosa di buono nel loro piccolo. Oppure di essere vicine nonostante le restrizioni o di essere un po’ più amorevoli con se stesse.
Lei è sempre amorevole con se stesso?
No. E non lo sono stato sempre neppure con gli altri. Ma ho notato che mi fa bene e quindi cerco di esserlo regolarmente. Esco tra la natura e vado volentieri anche nei musei a guardare cosa hanno fatto le persone prima di noi.
Lei è padre di due figlie: cosa ha fatto di veramente bene e cosa ci consiglierebbe?
Il problema è che tutti noi impariamo quel che sarebbe stato giusto dagli errori commessi. Anche mia moglie e io non abbiamo agito come faremmo oggi. Ma c’è una cosa di cui andiamo entrambi orgogliosi: abbiamo due figlie determinate e testarde. Vivere insieme non è sempre facile, ma sono contento che abbiamo preso la loro strada e facciano la loro vita.