«Capita di essere sollecitati per soccorrere un animale selvatico impigliato in qualche rete di recinzione e non sono momenti semplici, né per l’animale stesso e neppure per noi che dobbiamo riuscire a liberarlo. Ad esempio, ogni anno interveniamo puntualmente per liberare cervi o caprioli che si incastrano nelle recinzioni in nylon utilizzate per i recinti delle pecore», il presidente della Società protezione animali di Bellinzona e Valli, Emanuele Besomi, conferma la pericolosità di alcuni tipi di recinzioni utilizzati in agricoltura e nell’allevamento.
In sé, questi servono a non fare allontanare gli animali dal pascolo e a tenere a bada gli ospiti indesiderati come i cinghiali, i grandi predatori e gli ungulati. «Per gli animali selvatici questi recinti costituiscono tuttavia dei confini innaturali nel loro habitat e può darsi che vi restino impigliati perché non li hanno visti, tramutandosi così in trappole mortali», conferma il nostro interlocutore che sottolinea l’importanza di posare recinzioni sicure solo se esercitano una funzione: «Quando le greggi rientreranno nelle stalle, a fine stagione, bisogna che gli allevatori le rimuovano tutte, senza lasciarne di aperte o anche solamente alcuni pezzi, in modo che gli animali selvatici non vi entrino per sbaglio, restandovi impigliati senza sapere come uscirne».
Dal canto suo, giunge la conferma dalla Società Svizzera della Protezione Animali (PSA) che invita a posare «recinzioni sicure per gli animali da reddito e selvatici», portando le prove dei danni che quelle non idonee possono arrecare: «Ogni anno, nel nostro Paese, migliaia di animali muoiono o sono feriti a causa delle recinzioni. Ad esempio, solo nel canton Zurigo sono morti 31 animali selvatici sull’arco di dieci mesi, a causa di recinzioni diverse, di cui un terzo erano reti». Infatti, la liberazione del malcapitato può essere difficile, perché non è facile riuscire a liberare un animale selvatico quando rimane impigliato suo malgrado.
A questo proposito, abbiamo chiesto al presidente della SPAB di attingere all’esperienza del sodalizio per portarci qualche esempio di salvataggio e le relative difficoltà per chi soccorre e per l’animale stesso: «Spesso ci troviamo confrontati con recinzioni supportate sovente dalla corrente elettrica; proviamo allora a immaginare un animale che vi rimane impigliato, ricevendo la scossa di continuo per parecchio tempo prima che ci si renda conto e si allertino i soccorsi…». Doverosa premessa per entrare nel vivo del salvataggio che si rivela essere sempre piuttosto complicato: «Immaginiamo la stazza di un cervo, con le corna impigliate nella rete, che deve essere certamente sedato per essere soccorso e liberato. Già sarà stressato, con l’adrenalina a mille, per la situazione in cui si è venuto a trovare. Ecco, per un animale in queste condizioni, la dose di sedativo del fucile soporifero deve essere adeguata e spesso non ce la fa a causa dell’insieme di tutti questi fattori: stress della situazione, adrenalina a mille e sedativo: tutto insieme può causare un cedimento del cuore». Un vero peccato, se pensiamo che l’adozione di alcuni accorgimenti per l’utilizzo di reti «sicure» possono evitare queste incresciose situazioni.
La PSA, ad esempio, spiega la pericolosità delle recinzioni Flexinet: «Sono molto utili agli allevatori, perché permettono di essere molto flessibili nel delimitare i pascoli e allo stesso tempo impedire l’accesso agli animali indesiderati. Sono reti che, però, se non installate correttamente (o peggio lasciate sui pascoli anche se inutilizzate e non elettrificate) possono costituire trappole mortali per gli animali, domestici e selvatici».
Per questo, l’Ufficio del veterinario cantonale e l’Ufficio della caccia e della pesca richiamano a responsabilità gli utilizzatori di queste recinzioni: «Se non usate, devono essere rimosse e conservate fuori dalla portata degli animali». Le reti di recinzione sono dunque strumenti utili, che devono però essere utilizzate in modo adeguato, ribadisce Besomi: «Devono essere controllate quotidianamente, devono essere posizionate tese e soprattutto elettrificate, meglio se segnalate con quei nastri bianchi e rossi che si utilizzano spesso per i recinti dei cavalli, ben visibili agli occhi degli animali per i quali si minimizza in tal modo il rischio che ne restino intrappolati».
Un discorso molto importante che ha spinto la PSA alla redazione di un foglio informativo contenente spiegazioni esaustive e capillari sul tema. Osservazioni che il nostro interlocutore conferma su tutta la linea, pure sottolineando che fortunatamente è sempre più raro l’uso di alcune recinzioni problematiche come filo spinato, reti metalliche semplici o annodate e reti sintetiche da pascolo: «Il filo spinato è proibito, anche perché potrebbe essere molto pericoloso pure per l’essere umano. Vedo sempre meno animali incastrati nelle reti metalliche; le peggiori restano quelle sintetiche (quelle delle greggi) in nylon, molto fini, che si aggrovigliano solo a guardarle e sono di fatto poco visibili all’occhio dell’animale. Se un selvatico vi si impiglia, tira istintivamente e più tira e più la rete si stringe diventando un costante laccio emostatico che potrebbe portarlo alla morte».
Evidenziati i pericoli di alcune recinzioni, e i motivi addotti dagli esperti che spingono all’adozione di quelle più idonee, bisogna osservare che la sensibilità verso queste problematiche è crescente da parte di tutti, allevatori e agricoltori in primis, a beneficio degli animali selvatici.