Il vortice polare Elliott ha scaraventato bufere di neve e freddo estremo in Canada e in molti stati USA, fino al confine con il Messico. È stata la tempesta di Natale più fredda registrata nella storia moderna in molti Stati americani, una drammatica apocalisse di neve, ghiaccio e venti gelidi. Lo stato di New York e la zona dei Grandi Laghi, particolarmente le città di Buffalo e Fort Erie, sono state le aree più colpite con temperature fino a 40°C sotto zero, in grado di causare sintomi di congelamento dopo pochi minuti. I residenti hanno dovuto affrontare muri di neve ghiacciata a bloccare totalmente gli edifici e frequenti lunghe interruzioni della corrente elettrica. Persino l’enorme flusso di acqua (oltre 3000 tonnellate al secondo) che alimenta le cascate del Niagara si è parzialmente congelato, evento occorso solamente altre cinque volte nella storia.
Tuttavia il 2022 appena concluso sarà classificato come uno degli anni più caldi mai documentati. Il 22 dicembre, mentre il termometro nel Montana segnava –59°C, a Florida city venivano registrati +27°C. Spiega Giulio Betti (meteorologo e climatologo del Consorzio Lamma-CNR e di Ampro, Associazione meteorologi professionisti) che «all’origine di questa tempesta c’è in realtà un’anomalia di caldo al Polo Nord». È stato proprio un potente anticiclone, cioè una situazione di bel tempo, sull’Artico a causarla, eccezionale per intensità, ma di breve durata. Perché? «Per loro natura, gli anticicloni nell’Artico liberano delle propaggini di aria gelida verso sud. In Europa ce ne accorgiamo meno, perché siamo avvolti dall’Atlantico e dal Mediterraneo caldi, e diverse catene montuose ci riparano dai venti settentrionali. Ma per il Nordamerica sono situazioni ricorrenti». Il caldo record registrato anche in Svizzera in queste festività ha analogie con il gelo che ha colpito l’America del Nord orientale, tanto che i due fenomeni sono considerati due facce della stessa medaglia. «Sono le conseguenze del cosiddetto jet-stream – chiarisce il climatologo Bernardo Gozzini (direttore del Consorzio Lamma-CNR) – la naturale circolazione d’aria ad andamento sinuoso che a 9-12 km di altitudine attraversa tutto il Pianeta, influenzando il posizionamento dei sistemi di alta e bassa pressione».
Normalmente il vortice polare resta in posizione grazie alla jet-stream, la corrente a getto che si genera a causa della differenza di temperatura tra il polo, gelido, e le zone temperate, meno fredde. Si tratta di una grossa massa d’aria a bassa pressione, una corrente estremamente intensa che ruota attorno al Polo Nord e che, come una barriera, separa l’aria fredda dell’Artico e l’aria più mite a sud. Quando il vortice si affievolisce o muta, sconfina a latitudini per lui insolite, determinando freddo intenso.
Nell’immagine che trovate nella gallery qui sopra a sinistra è illustrato un vortice polare stabile che contiene l’aria fredda all’interno del circolo polare artico. A destra, l’aria calda che si insinua nel flusso del vortice polare e che determina una mutazione e uno spostamento sinuoso e irregolare verso sud della tempesta artica. Uno degli elementi che causa le modifiche nel vortice polare è l’aumento delle temperature nell’Artico, con conseguente riduzione delle aree innevate e incremento dell’evaporazione dell’acqua dagli oceani, che si stanno riscaldando. Un motivo per cui i Poli, così come i ghiacciai, si stanno riscaldando a una velocità maggiore che il resto del Pianeta è la riduzione delle immense estensioni bianche che riflettono e rimandano nell’atmosfera i raggi e il calore solari (effetto albedo), cosicché le radiazioni solari sono assorbite dalla superficie terrestre libera dai ghiacci. La maggiore quantità di energia termica in atmosfera, unitamente alla rapida alterazione del clima dell’ultimo decennio, devia il flusso delle correnti e modifica la traiettoria del getto, provoca un’anomalia dei venti e quindi l’ingresso di aria polare anche a latitudini più basse. A fronte di un riscaldamento globale del pianeta e particolarmente dei Poli, in alcune regioni delle medie latitudini, come l’Asia centrale e la Siberia orientale, negli ultimi decenni si registra una riduzione delle temperature invernali. Il cambiamento climatico determina mutazioni radicali nel ciclo dell’acqua ed è fortemente alimentato da tali variazioni.
Il 2022 è stato un anno di eccessi climatici. La bufera artica nel nord America è stata l’ultimo eccesso in ordine di tempo, ma numerosi eventi hanno determinato conseguenze ben più gravi e durature. La siccità estrema che ha interessato la Cina e l’Europa per quasi nove mesi. La penuria di precipitazioni che ha ridotto ai minimi storici gli accumuli di neve nelle Alpi e determinato il quasi prosciugamento di molti fiumi e significativamente il Po. Similmente anche il Mississippi, dove è intervenuto l’esercito a costruire argini per evitare che l’acqua salata del Golfo del Messico risalisse il fiume. Le ondate di calore che si sono susseguite in Europa nei mesi estivi, facendo rilevare temperature di oltre 40°C nel Regno Unito per la prima volta nella storia. L’eccezionale portata d’acqua dei monsoni asiatici, che ha causato apocalittiche inondazioni in Pakistan, dove un terzo del territorio è stato invaso dall’acqua. Anche l’Argentina e il Paraguay hanno vissuto un peggioramento dei cambiamenti climatici, mentre le ondate di calore record hanno continuato a bruciare l’Australia, il Brasile, la California e ad alimentare una crescente crisi umanitaria in Africa orientale. Il tifone Noru che si è abbattuto sulle Filippine, passando da tempesta tropicale di grado 1 ad uragano forza 5 nell’arco di 12 ore, così come l’uragano Ian che ha colpito i Caraibi, Cuba e la Florida.
Le testimonianze dell’accelerazione delle mutazioni climatiche sono evidenti e non devono essere percepite solamente come fatti occasionali. Sono realtà che colpiscono direttamente l’esistenza di milioni di persone, e indirettamente la vita dell’intero Pianeta.