Bibliografia

- Paul Ascot, La storia del clima. Donzelli, (Roma), 2016, 223 pp.
- Enrico Camanni, Storia delle Alpi. Edizioni della Meridiana (Pordenone), 2017, 349 pp 
- Umberto Monterin, Il clima sulle Alpi ha mutato in epoca storica? Consiglio Nazionale delle Ricerche (Roma), 1938, pp. 309-358.
- Museo Regionale di Scienze Naturali, Le variazioni climatiche succedutesi negli ultimi 11mila anni nelle Alpi occidentali, (Torino), 1990.
- Michael McCormick & Paul Mayeski, Why 536 was «the worst year to be alive», Antiquity 10, 2018.


La storia narrata dai ghiacciai

Glaciologia - Dall’optimum termico fino alla piccola glaciazione – Seconda parte
/ 04.11.2019
di Alessandro Focarile

Si parla di surriscaldamento ed effetto serra, eppure faceva più caldo dopo l’optimum termico dell’era romana, che ha visto il culmine e la decadenza romana, nonché alcuni episodi di recrudescenza climatica (Göschenen, cantone Uri), nel Quattrocento dopo Cristo.

Verso l’Ottocento dopo Cristo ha inizio un periodo favorevole per l’esistenza umana: l’optimum termico medievale che sarebbe durato ben seicento anni, fino al 1400. La temperatura è prossima ai 16°C. I Vikinghi raggiungono con Erik il Rosso nell’852 le coste della Groenlandia sud-orientale, battezzata terra verde, insediandovisi per oltre cinquecento anni. Le cavallette, favorite da un clima caldo e siccitoso invadono l’Europa provocando carestie ed epidemie. II popolo Walser di origine bavarese occupa lentamente e pacificamente le valli intorno al Monte Rosa sui due versanti, spingendosi fino alla Valle Formazza e a Bosco Gurin. Favoriti dai signori feudatari dell’epoca, da monasteri e abbazie proprietari di quelle alte terre, i Walser praticano un’agricoltura «eroica», scoprendo e attivando nuove tecniche colturali e la pastorizia sedentaria, che consentono la vita permanente in altitudine. 

Quest’epoca climaticamente favorevole all’uomo in montagna necessita la progettazione e realizzazione di canali di irrigazione, spesso vere opere d’arte di ingegneria idraulica. Le bisses nel Vallese, e i rus in Valle d’Aosta captano dai torrenti glaciali l’acqua addotta che, spesso dopo decine di chilometri, serve a irrigare gli aridi versanti a valle esposti al sole, territori coltivati a cereali, o prati da sfalcio. L’altitudine di queste prese d’acqua è in funzione della quota delle bocche dei ghiacciai e, variando tale quota nel corso del tempo, si hanno preziose testimonianze sul progresso e regresso dei ghiacciai. 

Altri aspetti favorevoli, che si concretizzano durante l’optimum termico medievale, sono rappresentati dall’innalzamento della vita animale e vegetale, e soprattutto del bosco, di 300-500 metri superiore all’attuale. Una situazione che si ripete, dopo diversi secoli, ai nostri giorni, essendo stato documentato (2005) il peregrinare degli stambecchi fino a 2800 metri al limite inferiore della calotta glaciale, sul Basodino e di marmotte sulla vetta a 3471 metri dove ricercavano i resti di cibo abbandonati dagli alpinisti (informazione di Giovanni Kappenberger). 

Per quanto riguarda il limite del bosco, numerosi sono i ritrovamenti di tronchi di albero (pino cembro, soprattutto) ributtati dai ghiacciai verso valle. Sia nel gruppo del Monte Rosa, sia al Monviso nelle Alpi Cozie piemontesi. Testimonianze di un limite del bosco a quote superiori di 300-500 metri di quelle attuali (Montérin 1938).

Due pernici, una tometta e un litro di olio di noce, all’epoca, sono la decima dei valdostani di Valtournanche (ai piedi del Cervino) al vescovo di Sion nel Vallese. Per onorare il loro debito verso la Chiesa, devono valicare in processione il Colle del Teòdulo (3371 metri) e senza scendere a Praborna (Zermatt) sorpassano per una buona mulattiera il Colle d’Hèrens (3480 metri) per portarsi a Sion. Dal Colle del Teòdulo, allora sgombro di ghiaccio, transitano spesso carovane di 25-30 muli e molto bestiame, ricordando che in quell’epoca è di minori dimensioni rispetto a quelle di oggi (autentiche «fabbriche di latte»!). 

Inoltre, attraverso il Teòdulo transitano uomini e mercanzie provenienti da Gressoney, la valle dei mercanti (Krämertal) (Mònterin, 1938). Durante lunghi decenni, gli alti valichi alpini diventano sede di attivi traffici di uomini, animali e idee. L’optimum termico medievale perdura dall’800 al 1400 ed è un lungo periodo di relativo benessere nelle Alpi. I ghiacciai sono lontani, e limitati all’alta montagna oltre i 3500 metri di quota. Nelle Alpi occidentali la temperatura raggiunge quasi 16°C. Una situazione ambientale che conosceremo tra qualche decennio, quando i ghiacciai alpini saranno quasi completamene scomparsi. In tempi successivi (dopo il 1400-1500), quelle che sono ubertose praterie alpine sul Rutor, nelle Alpi Graie valdostane, vengono lentamente ricoperte da un maestoso ghiacciaio a mantello. Durante un periodo di particolare sviluppo, l’apparato glaciale costruisce un imponente sbarramento morenico che delimita un lago. Il reiterato crollo di questa diga provoca lo svuotamento rovinoso dello stesso, portando distruzioni e morti fino ad Aosta. (Un’analoga catastrofe si produce al ghiacciaio del Glétroz nelle Alpi Pennine vallesane nel 1560, e l’onda d’urto distrugge Martigny, nel Vallese).

Nel corso del 1400 avvengono quattro episodi di capitale importanza per i popoli dell’Europa occidentale. Dapprima si ha una sequela di epidemie di peste di origine orientale, che dimezza la popolazione. Poi la cultura europea beneficia dell’invenzione della stampa con caratteri mobili (Gutenberg 1420-1498). La caduta di Costantinopoli ad opera degli Ottomani nel 1453 segna la fine dell’Impero Romano d’Oriente. Infine, la (ri-)scoperta dell’America nel 1492 ad opera di Cristoforo Colombo. Grandiosi avvenimenti che ebbero un’influenza decisiva sulla storia dell’Europa occidentale. 

Durante questo secolo si formavano le prime avvisaglie di quell’altro imponente fenomeno climatico: la «piccola era glaciale» durato fino al 1860 sulle Alpi. «Le stagioni si raffreddano rapidamente, e l’avanzata dei ghiacciai, spettacolare e disastrosa, coinvolge tutto il mondo alpino. Nel 1575 un contadino di Saint-Gérvais in Savoia ai piedi del Monte Bianco, convocato al Tribunale di Chamonix, definisce il villaggio un luogo coperto dai ghiacci, i campi sono completamente spazzati via e il grano è trasportato dal vento nei boschi e sui ghiacciai… Le valli, un tempo ricche di pascoli, furono sepolte dalla sabbia e dal ghiaccio». (Camanni 2017). 

Quali sono i risultati che la piccola era glaciale, durata 400 anni, ha comportato per la vita umana e naturale?

L’abbandono dei traffici alpini attraverso gli alti colli, l’abbandono della pastorizia alle quote più elevate, i rapporti umani da una valle all’altra, regresso del limite superiore del bosco, scomparsa della flora e della fauna nelle aree coperte dall’avanzamento dei ghiacciai. Nell’arco di 25mila anni, al culmine della massima glaciazione del Würm, si sono succedute otto fasi alterne di avanzata e di ritiro dei ghiacciai, quale conseguenza di imponenti e spesso duraturi cambiamenti climatici (e non «variazioni»!) di origine cosmica, e di origine antropogenica in epoca recente, dopo il 1700, causata dall’uomo, alterando drasticamente i cicli naturali, le caratteristiche ambientali, la diversità biologica, il destino dello stesso uomo.

Avremo un drastico ridimensionamento delle aspettative economiche e finanziarie originate dalla produzione dell’energia elettrica e dall’esercizio degli sport invernali.