La vecchia sede delle scuole comunali durante il cantiere (Ti-Press)

Proteggere, progettare, trasformare

Patrimonio architettonico 2 – La replica dell’autore dell’articolo del 9 luglio

Alberto Caruso

Come ha precisato il Presidente della STAN arch. Pisoni, la Società Ticinese per l’Arte e la Natura ha indicato la necessità di conservare l’edificio delle ex scuole di Locarno molto tempo prima rispetto all’epoca della sua individuazione come possibile sede del Palazzo del Cinema. La riflessione, tuttavia, che ho cercato di promuovere con il testo pubblicato nel no. 28 di «Azione» è sul valore dell’esito di questa battaglia, che mi sembra fallimentare. Penso, cioè, che l’impegno debba essere finalizzato soprattutto alla realizzazione di progetti di trasformazione che siano compatibili con la sostanza architettonica degli edifici che si chiede di proteggere. Altrimenti l’esito è quello di Locarno, dove del vecchio edificio è rimasta soltanto la crosta.

L’art.5.3 del bando del Concorso di progettazione del Palazzo del Cinema recitava: …«Attualmente il fondo è occupato dal Palazzo delle ex scuole comunali, l’edificio non è oggetto di vincoli di protezione e può essere demolito». Lo stesso concetto era ribadito all’art.5.7: …«L’edificio non è oggetto di tutela da parte dell’ufficio dei beni culturali». Il bando è stato oggetto di approvazione da parte delle istituzioni preposte, e quindi mi permetto di contestare che, come afferma l’arch. Pisoni, «la manifesta avversione per la demolizione del Palazzo delle Scuole fu vasta e trasversale ai partiti e alla società civile».

A fronte di un programma che prevedeva tre sale di proiezione e tanti altri spazi la cui dimensione era, con evidenza, eccedente le superfici e i volumi dell’edificio preesistente, era ragionevole supporre che la sua piena realizzazione potesse avvenire soltanto attraverso la demolizione dell’edificio o una sua trasformazione così integrale da sfigurarne l’immagine e la sostanza spaziale.

L’arte cinematografica è arte moderna per eccellenza. È nata e si è evoluta, sia dal punto di vista tecnologico che espressivo, negli stessi anni dell’architettura moderna. A quasi tutti i partecipanti al concorso per il nuovo Palazzo del Cinema è apparso chiaro che il Festival Internazionale di Locarno (la città di Luigi Snozzi e di Livio Vacchini) dovesse essere rappresentato da un’architettura autenticamente contemporanea. L’alternativa non poteva che essere una trasformazione offensiva della storia e dei caratteri spaziali del vecchio edificio. Sia per chi li riteneva di qualità, sia per chi – come chi scrive – non lo riteneva affatto.

Ritenete che questo intervento di «riuso» sia un modello di conservazione e trasformazione virtuosa, che consenta al manufatto di continuare a offrire spazi significativi, ospitando attività nuove e diverse da quelle per le quali è stato al suo tempo progettato?

Nutro rispetto per l’attività della STAN e per le istanze che si battono per proteggere e valorizzare i beni culturali. Le loro battaglie assumono un importante valore civile quando sono capaci di valutare le qualità spaziali – cioè la sostanza architettonica – dei manufatti e di promuovere progetti di trasformazione coerenti con le predette qualità.


La STAN e il Palacinema

Patrimonio architettonico 1– Pubblichiamo le precisazioni della Società ticinese per l’arte e la natura in merito al nostro articolo del 9 luglio scorso sulla protezione dei beni culturali
/ 10.09.2018
di Antonio Pisoni*

Nell’articolo «Per una protezione “non protezionistica”», pubblicato su questo settimanale il 9 luglio scorso, l’architetto Alberto Caruso ha presentato sue opinioni sulla conservazione del patrimonio architettonico. Il tema merita di essere trattato con osservazioni generali e riferimenti teorici che non possono trovare spazio in questa sede, ma che svilupperemo con articoli specifici nei prossimi numeri della nostra rivista sociale «Il nostro Paese».

Nel suo articolo Caruso cita un solo esempio concreto di intervento su un edificio storico, il Palazzo del Cinema di Locarno, e lo descrive in termini negativi. Si sofferma anche sul ruolo avuto in questa vicenda dalla nostra associazione, la Società ticinese per l’arte e la natura (STAN). La sua ricostruzione è tuttavia inesatta e necessita di precisazioni.

La pluridecennale vicenda che nel 2017 ha condotto all’inaugurazione del Palazzo del Cinema, ebbe una svolta quando il Municipio sposò «l’idea di inserire la Casa del Cinema nel palazzo delle ex-Scuole comunali di Piazza Castello» avanzata dall’allora direttore dell’Ufficio federale della cultura Jean-Frédéric Jauslin (cfr. sito internet del Comune di Locarno). Lo «Studio di fattibilità La Casa del Cinema» (2009) concludeva che «il palazzo delle ex scuole è – con il pretorio, l’ex Palazzo del Governo (…), il Grand Hotel e l’ampliamento del convento di San Francesco (…) – uno degli edifici più rappresentativi dell’architettura di fine Ottocento e inizio Novecento rimasti in città. Non fosse che per questo motivo, l’ipotesi di un suo riutilizzo appare dunque assolutamente adeguata» (p. 26). La fallita aggregazione dei Comuni della sponda sinistra della Maggia fermò l’iter, che si sbloccò il 20 marzo 2012 in seguito alla sottoscrizione di un accordo tra il Municipio di Locarno e la Fondazione Stella Chiara. Quest’ultima mise a disposizione del progetto 10 milioni di franchi, ponendo però diverse condizioni, tra le quali la realizzazione all’interno del Palazzo del Cinema di tre sale cinematografiche (una di 500 posti e due con 142 posti ciascuna) e l’inizio dei lavori entro l’ottobre del 2013.

Il 20 luglio 2012 il Municipio di Locarno bandì il concorso internazionale di architettura per la progettazione del Palazzo del Cinema sul sito del Palazzo delle vecchie Scuole comunali. Secondo quanto scritto da Caruso, la STAN sarebbe intervenuta allora per chiedere la protezione dell’edificio in questione. Ciò non corrisponde alla realtà. Per cominciare, già nel 2005 la STAN aveva pubblicato sul n. 283 de «Il nostro Paese», nel dossier intitolato «Non cali mai il silenzio sugli edifici storici minacciati», una scheda a firma degli architetti Riccardo Bergossi e George Feistmann, già capo dell’Ufficio tecnico di Locarno, nella quale si indicavano il pregio storico, il valore architettonico e il ruolo urbanistico dell’oggetto e la conseguente necessità di conservarlo. Nel suo comunicato del 13 luglio 2012, precedente, quindi, all’apertura del concorso – contrariamente a quanto sostenuto da Caruso –, la STAN richiamò la necessità di conservare il palazzo. Si ricorda che l’edificio figura nella Guida d’arte della Svizzera italiana, edita dalla Società di Storia dell’Arte in Svizzera nel 2007, e che nell’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere (ISOS), pubblicato nel 2010, gli viene attribuito l’obiettivo di salvaguardia massimo (categoria A).

L’arch. Caruso sostiene, inoltre, che nella sua presa di posizione la STAN «minaccia ricorsi nel caso di aggiudicazione ad un progetto che ne preveda la demolizione». Il comunicato della STAN, ampiamente ripreso dai tre principali quotidiani ticinesi il 16 luglio 2012, non contiene minacce di alcun genere, si limita, invece, a esprimere preoccupazione per il destino del Palazzo delle scuole.

Che la vecchia sede delle Scuole comunali abbia «un valore architettonico davvero scarso» lo sentiamo per la prima volta dall’architetto Caruso. Mai, nemmeno prima che il suo destino incrociasse quello del Palazzo del Cinema i pregi dell’edificio riconosciuti da Jauslin, dalla STAN, dalla Società di storia dell’arte in Svizzera e dall’ISOS sono stati messi in discussione. Al contrario, ad avvalorare le ragioni della STAN, il Censimento dei beni culturali locarnesi, che le autorità comunali hanno dichiarato di aver ricevuto dall’Ufficio cantonale dei beni culturali il 25 luglio 2012, ne proponeva la tutela quale bene culturale di interesse locale.

Sempre secondo Caruso, la giuria, interpretando «l’atmosfera cittadina – allarmata dalla minaccia che avrebbe messo a rischio» la nuova sede del Festival, scelse l’unico progetto che «prevedeva il mantenimento integrale dell’involucro edilizio. L’esito è da vedere». Anche in questo caso la ricostruzione dei fatti proposta è inesatta. Il concorso internazionale e il relativo bando avviarono un dibattito pubblico sulla conservazione integrale del palazzo delle ex Scuole comunali, animato da cittadini di Locarno e del Locarnese, da consiglieri comunali e partiti rappresentati in Consiglio comunale che minacciarono di indire un referendum in caso di progetti fondati sulla distruzione dell’edificio. La manifesta avversione per la demolizione del Palazzo delle Scuole fu, quindi, vasta e trasversale ai partiti e alla società civile.

Quanto alla STAN, valutato inaccettabile lo snaturamento della sostanza storica dell’edificio che il progetto vincitore comportava, in sede di domanda di costruzione si oppose al progetto. Ritirò il ricorso quando fu trovata una soluzione transattiva con una serie di condizioni relative alle facciate, alle finestre, alla corona metallica, alla terrazza e alla sistemazione del piazzale.

In conclusione, se le autorità politiche di Locarno avessero avviato per tempo una campagna di tutele, conformandosi al dettato della Legge sulla protezione dei beni culturali del 13 maggio 1997, non solo si sarebbero salvati tanti edifici pregevoli del Quartiere nuovo, polverizzati dalla speculazione edilizia, ma anche il Palazzo delle Scuole sarebbe stato posto sotto protezione e non saremmo ora a confrontarci con «l’esito» che disturba l’architetto Caruso. Per il Palazzo del Cinema sarebbe stata scelta un’altra ubicazione e il Palazzo scolastico avrebbe continuato a vivere con destinazioni più appropriate alla sua tipologia.

Un discorso a sé meriterebbe infine il ruolo della giuria nella scelta del progetto a suo giudizio più meritevole, verso la quale la STAN era evidentemente del tutto estranea, ma non è questa la sede per approfondire questo tema.

* Architetto e Presidente della Società ticinese per l’arte e la natura