La spontaneità favorisce la prevenzione

Scuole medie – Una giornata organizzata dal servizio del sostegno pedagogico Biasca e Valli per parlare con i ragazzi di salute mentale, sessualità, conflitti famigliari e dipendenze
/ 01.05.2023
di Sara Rossi Guidicelli

Durante il percorso formativo, educativo e di crescita che i ragazzi affrontano nelle Scuole medie si è sempre avuta una particolare attenzione per i temi sensibili come le droghe, la sessualità, i conflitti o i rischi legati alle dipendenze da internet. Ora però è in corso un progetto che adotta formule nuove per parlarne, ideato dalle Scuole Medie di Acquarossa e sperimentato anche in quelle di Biasca.

Il concetto ce lo spiegano alcuni membri del servizio del sostegno pedagogico Biasca e Valli che si sono assunti l’impegno dell’organizzazione di queste giornate dedicate alla prevenzione. «Durante il periodo della scuola dell’obbligo, i ragazzi e le ragazze vivono ancora in un ambiente abbastanza protetto, nel senso che a scuola ci sono antenne che possono accorgersi di un loro disagio e che conoscono in generale quali sono i casi con situazioni di fragilità», racconta l’educatrice Mariarosa Vadilonga-Gambina. «Quando finiscono le Medie le cose cambiano: se dovessero incorrere in un problema, sono loro a dover andare in cerca di aiuto. È molto diverso. Quindi è necessario renderli più consapevoli di alcuni rischi e anche informarli sui vari servizi offerti dal territorio per aiutare a risolvere i problemi in cui possono incorrere».

Siamo alla Vetreria di Lodrino, un meraviglioso stabile che oggi appartiene alla famiglia Ferrari. Costruito alla fine del Settecento, in seguito l’edificio è diventato una fabbrica tessile, chiusa negli anni Novanta. Oggi restano spazi ampi, dalle vetrate generose e bellissime, arredati in modo accogliente. «Era importante che questa giornata si svolgesse fuori dal contesto scolastico – prosegue Mariarosa – I docenti hanno accompagnato qui le quattro quarte medie di Biasca e poi se ne sono andati. Gli allievi oggi stanno con noi e soprattutto con gli esperti dei vari temi di cui hanno scelto di parlare».

I membri del servizio di sostegno pedagogico, durante i mesi scorsi, sono andati nelle classi a incontrare i ragazzi e le ragazze, hanno parlato di prevenzione e hanno provato a capire quali sono i temi a loro più vicini, quelli che suscitano più domande, che fanno più paura o che li toccano in modo più diretto. Sia nelle quarte medie di Biasca sia nelle terze di Acquarossa sono emersi gli stessi argomenti: salute mentale (in particolare ansia scolastica), relazioni tra pari (incluso bullismo), conflitti famigliari, sostanze stupefacenti, sessualità (il tema del consenso), dipendenze da videogiochi, shopping, pornografia e social media. Già dai primi incontri sono scaturite informazioni importanti, sia su di loro sia sui contesti famigliari. Per esempio gli educatori riportano che spesso i ragazzi, discutendo di quante ore passano sui dispositivi elettronici ogni giorno, raccontano che molti genitori preferiscono che stiano in casa piuttosto che vederli uscire, perché sono più tranquilli quando sanno dove si trovano. Dopo questa prima fase, il servizio di sostegno ha poi contattato alcuni esperti e ha invitato i ragazzi a iscriversi ai vari laboratori, secondo le loro preferenze. E oggi eccoci qui, con sette gruppi di circa dieci allievi, che lavorano insieme a sette tutor, rappresentanti di varie associazioni e servizi: Radix, Pro Juventute, Lega Polmonare, Servizi medico-psicologici (Smp), Zona Protetta. Ogni gruppo ha uno spazio tutto per sé. Per questioni di privacy non mi permettono di avvicinarmi. La persona che funge da tutor cerca di creare un ambiente intimo per portare i ragazzi a esprimersi, fare domande, raccontarsi.

Poi all’ora di pranzo, il laboratorio non si ferma, il gruppo mangia insieme al tutor, continuando a chiacchierare. La spontaneità è fondamentale per aprirsi e avere un momento di scambio con un adulto che non fa parte della scuola. In generale si parte da domande rivolte ai ragazzi, racconti di «situazioni tipo» da commentare, riflessioni che si condividono dando la parola a tutti i partecipanti. Poi si passa a un livello più personale, per chi sente il desiderio di condividere qualcosa di sé. Nel gruppo che lavora sulle dipendenze, per esempio, o in quello che si occupa di salute mentale, ci si sofferma non solo su sé stessi e su quello che può succedere personalmente, ma anche su come comportarsi se si vede un compagno o una compagna in difficoltà. «Molti non conoscono quello che il territorio offre come sportelli dove chiedere informazioni, numeri dove chiamare per ricevere un aiuto, oppure lo sanno in maniera astratta senza però conoscere le persone che ci lavorano. Vedere qualcuno in carne e ossa che oggi è venuto qui per parlare con loro, fa bene; anche il fatto di avere condiviso un picnic insieme è un modo per accorciare le distanze: i ragazzi ora si possono immaginare meglio cosa significhi rivolgersi all’ufficio per esempio di Zona Protetta, che si occupa di salute sessuale. Non è più solo un volantino: dopo aver conosciuto una delle persone che vi lavorano, farà meno paura chiamare». E l’utilità è reciproca: mi dice una delle coach di oggi che «riuscire ad agganciare i giovani prima che arrivino loro stessi nei nostri uffici, conoscere i loro bisogni ascoltandoli in prima persona, ci fa capire meglio come fare prevenzione. Noi ovviamente speriamo che poi nessuno di questi ragazzi abbia bisogno di comporre un giorno il nostro numero di telefono…».

Dopo pranzo, c’è un momento finale in cui i gruppi preparano una breve presentazione agli altri compagni di ciò che hanno imparato sulla tematica a cui si erano iscritti. Nel pomeriggio è dunque previsto il momento del plenum, in cui un gruppo dopo l’altro espone alcune linee guida. Obiettivo finale è quello di acquisire una maggiore consapevolezza di quello che succede quando si è adolescenti, a volte per renderci conto che c’è un problema, altre volte invece per ricordarci che non siamo gli unici a cui capita; ogni gruppo racconta di aver discusso di cosa si può fare quando si sente un malessere di qualsiasi tipo, quali sono le risorse interne che abbiamo a disposizione e infine anche a chi ci si può rivolgere quando si presenta il bisogno di aiuto esterno.

Uno dei ragazzi mi confida che è stato bello anche perché le classi si sono mescolate. Non sarebbe stato lo stesso parlare ed esprimersi di fronte allo stesso gruppo di persone con cui sei in aula dalla prima media e che conosci benissimo.

Una delle coach, che ha condotto il gruppo sui conflitti famigliari, mi dice che all’inizio tutti hanno negato di viverne a casa propria, ma poi durante la giornata sono emerse situazioni diverse e più complesse. «Penso che sia stato interessante per loro fare un’esperienza insolita; oggi ci siamo detti che era importante affrontare anche tematiche difficili. E insieme abbiamo cercato soluzioni possibili: il dialogo, l’evitare di stare chiusi sulle proprie posizioni, cercare aiuto rivolgendosi ad adulti di riferimento o amici».

È fondamentale, si è ribadito, che ognuno nella propria vita scopra qualcosa che favorisca il proprio benessere (può essere una passione, un hobby, un modo di esprimersi o parlare con l’amico del cuore, fare sport, scrivere, ascoltare musica…). Va bene tutto purché non sia nocivo per la salute fisica o mentale. Tanti adulti ancora non sanno come comportarsi di fronte a certe difficoltà della vita e subiscono i momenti tristi passivamente: giornate come quella vissuta nella vetreria di Lodrino aiutano i giovani a essere più consapevoli, sicuri che le situazioni negative possano essere affrontate, attraversate e superate.