Molti condividono un segreto del quale si vergognano: pensano che i successi e i riconoscimenti che ottengono siano una truffa, frutto di un bluff, o, nella migliore delle ipotesi, di un colpo di fortuna. Credono che presto o tardi verranno smascherati. Provano la cosiddetta «sindrome dell’impostore» che, nonostante il nome, non c’entra con un disturbo mentale, ma è un’esperienza emotiva piuttosto comune. A soffrirne anche personaggi insospettabili come il premio Oscar Tom Hanks. In un’intervista rilasciata a un periodico nel 2016, si chiedeva: «Quando scopriranno che, in realtà, sono un imbroglione e mi porteranno via tutto?». Come lui anche l’attrice e regista Jodie Foster che, dopo aver vinto l’Oscar, temeva di doverlo restituire. Pensava che sarebbero andati a casa e le avrebbero detto: ci scusi, in realtà intendevamo darlo a un’altra, a Meryl Streep. Alla lista si uniscono la stessa Meryl Street, Kate Winslet e molti altri. Con i social media la «sindrome dell’impostore» sta diventando sempre più diffusa; non riguarda soltanto i luoghi di lavoro ma colpisce bambini, adolescenti, madri e padri. Se ne è occupata Sandi Mann, docente di Psicologia all’Università di Central Lancashire e direttrice della clinica Mind Training di Manchester, nel Regno Unito, nel suo libro, appena pubblicato in italiano, intitolato La sindrome dell’impostore. Perché pensi che gli altri ti sopravvalutino. (Feltrinelli).
Professoressa Sandi Mann, che cos’è la sindrome dell’impostore?
È la sensazione che si prova quando le persone pensano che tu sia formidabile e tu invece pensi il contrario.
Chi ne è colpito?
Si è visto che può affliggere in pari misura uomini e donne. Dalle ricerche si desume che circa l’ottanta per cento di noi sperimenti questa sensazione in almeno un periodo della vita, anche se è comune soprattutto fra chi raggiunge i traguardi più alti. Succede a chi, nonostante i successi evidenti, non crede di meritarsi ciò che ha ottenuto e pensa sia frutto della fortuna oppure di altri fattori.
Quali sono le cause?
La sindrome dell’impostore è una condizione probabilmente collegata anche a bassi livelli di autostima, autoconvinzione e fiducia in sé stessi. Una delle cause principali tende ad essere l’avere successo in qualcosa. La sindrome colpisce le persone che raggiungono traguardi importanti senza aspettarselo. Può accadere a chi vede arrivare i risultati all’improvviso, senza averlo messo in conto, e pensa che siano dovuti alla fortuna. Succede anche a chi ha lavorato duro e quindi crede che i successi non siano frutto di una particolare intelligenza. Altre cause riguardano il modo in cui si è trascorsa l’infanzia. Può, infatti, colpire chi da bambino è stato messo su un piedistallo dai genitori, con la pressione di diventare il migliore, ed è cresciuto con il timore di non essere mai all’altezza. Capita a chi viene da famiglie dove si è gli unici a scegliere certi percorsi, come andare all’università, col peso delle aspettative di tutti i parenti. Chi vive queste situazioni, quando raggiunge obiettivi anche importanti, è sempre come se non ci credesse.
Quali sono le caratteristiche di chi sente un impostore?
Chi si sente un impostore sminuisce in continuazione i propri successi, cercando giustificazioni che non c’entrano con le reali ragioni per cui li ha ottenuti e cioè la bravura e il duro lavoro. Attribuisce eccessivo valore alla fortuna ed è convinto che presto verrà scoperto e perderà tutto. Cerca sempre un modo per ridimensionare il giudizio degli altri che invece ribadiscono quanto sia bravo e in gamba. C’è una discrepanza evidente tra ciò che percepisce chi si sente un impostore e ciò che gli viene rimandato dall’esterno.
La sindrome non si manifesta soltanto in ambito lavorativo?
Gli studi tradizionali si sono concentrati sull’ambito lavorativo, mentre il mio libro è il primo che cerca di offrire altre prospettive. E questo perché nella mia attività clinica ho incontrato persone che manifestavano la sindrome dell’impostore senza che avesse a che fare con il lavoro. In particolare, ci sono madri sempre in affanno, insicure del loro ruolo, nonostante si sentano dire dagli altri che sono mamme meravigliose e che stanno facendo un lavoro incredibile con i figli. Qualche volta mi è capitato anche con i padri: non si riconoscono nella visione di chi li circonda e li considera dei bravi papà e degli ottimi modelli. E ci sono bambini e adolescenti con grande talento che non pensano di averlo. Io credo che sia proprio una dimensione dovuta a questo periodo storico, all’influenza dei social media.
Che influenza hanno i social media?
Il problema con i social media è che presentano la versione migliore delle persone, «photoshoppata», soltanto con i punti di forza, senza mostrare gli sforzi. Quindi, quando paragoniamo le nostre vite a quelle degli altri siamo destinati a non sentirci mai all’altezza. Con i social media la sindrome dell’impostore si enfatizza attraverso confronti dettagliati con persone di tutto il mondo. In passato questo non accadeva perché, in genere, ci paragonavamo soltanto a chi conoscevamo.
Come si può superare la sindrome dell’impostore?
Cercando di essere il più possibile obiettivi rispetto ai propri successi. Un modo è scrivere su un foglio quali sono i fatti che provano che si è bravi in qualcosa e quelli che invece indicano il contrario. Si può chiedere agli altri di esprimere un parere sincero. Si può analizzare come si giudicano gli altri che sono nella propria stessa condizione. E non va dimenticato che in una certa misura – senza chiaramente perdere il senso della realtà e affliggersi – la sindrome dell’impostore può rivelarsi utile perché permette di essere onesti, di perfezionarsi, di migliorarsi sempre. È un modo per avere una spinta a fare sempre di più.
* L’intervista è stata tradotta e in alcuni passaggi adattata dalla giornalista.
La sindrome dell’impostore
Psicologia - C’è chi pensa di non meritare successi e riconoscimenti e si sente un imbroglione. Succede a personaggi famosi come Tom Hanks e Jodie Foster ma non solo. E con i social media la situazione è peggiorata
/ 12.04.2021
di Stefania Prandi
di Stefania Prandi