Castagno fa subito rima con Malcantone, ma anche altre regioni e valli della Svizzera italiana sono strettamente legate a questo frutto e hanno avviato progetti per il recupero e la valorizzazione di selve o altre attività ed esso legate.
In ottobre, in Valposchiavo, c’è per esempio stata la Sagra della castagna, un appuntamento fisso nell’agenda che quest’anno ha pure accolto le celebrazioni per il decimo anniversario del riconoscimento della Ferrovia retica come patrimonio dell’umanità. A Moghegno, in Vallemaggia, il locale patriziato sta invece continuando a lavorare su un progetto che vuole contribuire alla valorizzazione dell’intera filiera del castagno, di cui un tassello fondamentale è la selva a ridosso della zona dei Mulini, a pochi passi dalle ultime case abitate e lungo la strada agricola forestale che congiunge Moghegno e Lodano (la strada «dal Törn»). Si tratta di un’area di circa 2,3 ettari, recuperata dall’abbandono già nel 2008.
La superficie in questi anni è stata gestita dalla famiglia Yerli, proprietaria di un’azienda agricola biologica, che si è occupata della manutenzione e, quando possibile, anche della raccolta dei frutti. La zona, particolarmente rocciosa, non ha di certo facilitato il compito dell’allevatore che, giunto alla pensione, nel 2016 ha passato il testimone al giovane agricoltore Giacomo Poli, pure lui di Moghegno, che si occupa attualmente della selva con i suoi 119 alberi di castagno. Nel progetto del patriziato sono rientrati anche oltre 400 metri di muri a secco, ricostruiti nella zona «ai Mulitt», dove a caratterizzare il territorio, come suggerisce il nome, sono i sette mulini presenti che sfruttano o sfruttavano la forza del torrente (l’ultimo è rimasto in funzione fino agli anni 90 circa). Si possono notare percorrendo il citato cammino che da Lodano conduce a Moghegno e sono quasi aggrappati alla montagna, inglobati in un brullo paesaggio fatto di rocce, sassi e tanto bosco. Nel 2014 il patriziato ha inaugurato il ripristino dei due mulini di sua proprietà: «Un edificio era parzialmente crollato, mentre dell’altro esistevano ancora i muri e il tetto, ma in pessime condizioni – spiega Daniele Binsacca del Patriziato di Moghegno – Il restauro è stato possibile anche grazie alla collaborazione di alcuni apprendisti della ditta AGIE che hanno fabbricato le parti metalliche dei mulini, come la ruota per esempio, sostituendone l’originale costruita in legno».
Il Mulino Franscioni è inoltre stato dotato di tutte le attrezzature necessarie per essere di nuovo funzionante. Una volta la campagna di Moghegno era infatti coltivata con frumento, segale e granoturco che, analogamente alle castagne, venivano macinati in questi mulini. L’altro mulino del patriziato è adibito a deposito, mentre i restanti cinque sono di proprietà privata, più o meno integri, in fase di restauro oppure, uno, trasformato in abitazione. «La particolarità dei quattro mulini più in alto – spiega Binsacca – è che sono a ruota orizzontale, ossia la forza dell’acqua viene (o veniva) trasmessa al mulino tramite una ruota posta orizzontalmente al suolo e non tramite la più classica ruota verticale».
Nel sistema di ruota orizzontale l’acqua deve poter scorrere al di sotto degli edifici e i mulini sono pertanto dotati di un passaggio alla loro base dove viene deviato il ruscello. Il progetto del patriziato si è protratto negli anni con piccoli ma importanti accorgimenti che vogliono consentire di macinare una parte delle castagne raccolte ed essiccate, un processo finora non sempre possibile.
Oltre alla selva e ai mulini in zona «Bagnadüü-Mulitt» c’è poi la grà in paese che ogni anno torna in funzione. L’iniziativa è di un gruppo di lavoro il quale, nel 2005, ne ha rilanciato l’esercizio, permettendo di caricarla di nuovo con i frutti raccolti nei boschi circostanti da ragazzi delle scuole o da privati. Parallelamente il Centro Natura Vallemaggia (CNVM), che ha assunto negli ultimi anni il ruolo di coordinatore, propone attività didattiche attorno allo scarico e alla battitura e ogni autunno coinvolge una decina di classi. La macinatura avviene per ora invece al mulino di Loco, in valle Onsernone, che ben si presta al frutto del castagno.
Tutte attività che oggi il gruppo di lavoro e il CNVM ripropongono a scopi didattici e culturali, inglobando anche la visita alla selva e ai mulini, mantenendo viva una tradizione e valorizzando le risorse del territorio. Moghegno e la sua grà, una delle prime ad essere ristrutturare e rimesse in esercizio (già nel 1983), sono pure tappa di uno dei percorsi pedestri della serie Sentieri di pietra, edito da Vallemaggia Turismo, APAV (Associazione per la protezione del patrimonio artistico e architettonico di Valmaggia) e Vallemaggia pietraviva, che transita proprio a ridosso dei mulini: «Moghegno ha il nucleo antico adagiato ai piedi di una parete rocciosa e una bella e ampia campagna distesa davanti a sé» leggiamo sull’opuscolo. «Altre testimonianze della civiltà rurale caratterizzano il villaggio: il fontanone scavato direttamente nella roccia, i mulini, il grande lavatoio e le grà». Un ulteriore spunto per visitare i sette mulini e tutto quanto ruota attorno all’affascinante mondo del castagno.