La vecchia porta di legno, chiusa con un catenaccio arrugginito, cigola mentre viene aperta: «Ecco, questa è una cameretta usata fino a un paio di anni fa come pollaio, si sente ancora la puzza, anche se abbiamo fatto pulizia. C’è questo bel caminetto di marmo rosso, probabilmente di Arzo, un armadio di legno intagliato, gli scuri alle finestre, le pareti che suggeriscono ancora una pittura decorativa. Era una camera della vecchia masseria e potrebbe diventare la nostra biblioteca didattica». Sogna a occhi aperti, Luca Cereghetti, giovane studente di storia che sta ultimando l’Università e che, assieme al fratello Samuele, ha acquistato due anni fa il podere di Pianspessa, un balcone sulle pendici del Generoso che guarda sulla Valle di Muggio. I prati attorno sono punteggiati da genzianelle appena sbocciate e da cespuglietti di assenzio. Pianspessa è un toponimo che fa riferimento all’erba, spessa appunto, ovvero fitta e folta, che caratterizza questo luogo a mille metri di altitudine.
Il progetto promosso dai Cereghetti è ambizioso: riattare e ripristinare le vecchie costruzioni che risalgono alla fine del Settecento, la masseria, il roccolo, la nevèra con la facciata ricurva, strutture molto provate dal tempo e dall’incuria degli ultimi anni.
«Sono pietre che ci interrogano»: Luca ama usare questo verbo e forse pensa che sia al nostro cuore e alla nostra coscienza che debba essere posta la domanda. Perché questi reperti della nostra storia rurale non possono essere riportati al loro antico splendore e perfino alla loro funzione originaria?
«Questa è una testimonianza incredibile. – racconta Luca Cereghetti – Mi sono detto, “wow! questo è il cantiere che ho sempre sognato e voluto”. Non è stato facile convincere la mia famiglia, perché è un’operazione economica impegnativa. Il luogo è magnifico e si presta per diventare patrimonio di tutti. Abbiamo comperato due anni fa dagli eredi della famiglia Cantoni, che sono stati i costruttori. Prima di acquistare abbiamo contattato l’Ufficio cantonale dei beni culturali perché mi sembrava strano che un bene simile non fosse tutelato. La nevèra e il roccolo sono stati considerati degni di protezione, ma l’edificio principale finora no: adesso è candidato a esserlo».
La cosa interessante di Pianspessa è che si tratta di un’unica unità progettuale. Su di un terreno di quindici ettari ci sono il roccolo, la nevèra, che permetteva di mantenere al fresco per tutto l’anno i prodotti caseari, circondata dagli aceri secolari che le facevano ombra d’estate, lo stabile principale, con la cucina, la graa (essicatoio per le castagne), il serbatoio dell’acqua, il forno.
L’inizio della costruzione risale al 1768 e i proprietari erano i Cantoni di Muggio, famiglia a cui apparteneva Simone, uno dei massimi esponenti dell’architettura neoclassica italiana.
L’Ufficio cantonale dei beni culturali specifica: «È comprovato da alcuni documenti che il complesso di Pianspessa, di origine settecentesca, sia attribuibile all’architetto Simone Cantoni di Muggio (1739-1818); il programma architettonico elaborato dal Cantoni è tipico dell’edilizia dotta del XVIII secolo, e si presenta con una pianta a U, con passaggio interno trasversale e una chiara simmetria dei volumi. In questo senso, gli edifici dell’alpe di Pianspessa denotano quindi un linguaggio architettonico tipico delle ville nobiliari del Settecento lombardo; sono tuttavia ubicati in un contesto rurale e montano: questo fa sì che Pianspessa risulti un complesso di rilevanza eccezionale. Una volta restaurato, il complesso restituirà alla Valle di Muggio e al suo territorio una struttura di notevole importanza storica, paesaggistica e artistica».
Gaetano Cantoni scriveva nel 1768 al fratello Simone: «Bramerei che andaste al Pianspessa e mi daste un poco idea della sua situazione: se sia amena e bella, e se i palazzi siano sontuosi e magnifici…»
Il complesso agricolo era una masseria in cui si esercitava la pastorizia, ma anche l’apicoltura: si coltivavano orzo e segale, si raccoglievano noci e castagne. Il roccolo permetteva di catturare gli uccelli migratori.
Ora si tratta di guardare al futuro e di far rifiorire questa antica realtà rurale. Il fratello di Luca, Samuele, gestisce con il padre Franco un’azienda agricola alla Muggiasca, piccolo insediamento rurale che sta a poche centinaia di metri di distanza. Il comprensorio di Pianspessa diventerà quindi un pascolo e i prati saranno falciati da Samuele. Per questo motivo il primo intervento, ormai concluso, è stato quello di togliere le pietre dai prati per poterli lavorare senza ostacoli.
La vera sfida è e sarà il progetto di paesaggio, vale a dire la riattazione delle edificazioni, per farne un luogo fruibile a tutti, un punto di riferimento regionale e un’attrazione turistica.
Il Piano Direttore cantonale prevede di dedicare particolare attenzione al paesaggio, cercando di «contribuire alla sua caratterizzazione anziché alla banalizzazione».
«Il paesaggio e le sue trasformazioni – si legge – pongono sfide che solo un approccio integrato e multidisciplinare può contribuire a gestire». E ancora: «I paesaggi esemplari e caratteristici meritano di essere preservati in un’ottica conservativa. Non si tratta di congelarne lo sviluppo, quanto di orientarlo verso obiettivi che non alterino i valori da tutti riconosciuti. Spesso i paesaggi esemplari e caratteristici rappresentano la carta da visita del Cantone, e un prodotto di vendita per le offerte turistiche. Conservare la memoria, attraverso la salvaguardia dei monumenti e delle strutture del paesaggio che testimoniano del nostro passato, rappresenta un elemento cardine della politica del paesaggio».
Qual è il valore di questa iniziativa per il Canton Ticino? Lo chiediamo a Paolo Poggiati, del Dipartimento del territorio: «Il progetto di recupero dell’alpe di Pianspessa coniuga in modo esemplare due politiche territoriali ritenute dal Cantone di grande importanza: quella di valorizzazione del paesaggio e quella della protezione attiva delle testimonianze di profondo valore culturale del nostro passato. Il paesaggio è un bene comune che va valorizzato: questo principio, ancorato nella Legge sullo sviluppo territoriale, ha dato origine ad una strategia cantonale che mira a sostenere quei progetti che permettono, appunto, di mettere in atto misure molto concrete a favore del paesaggio. Ogni quattro anni il Gran Consiglio, su proposta del Governo, stanzia dei crediti importanti: in una decina d’anni circa 10 milioni a favore di oltre 50 progetti e di oltre 150 sostegni alla realizzazione di tetti in piode».
«La nostra idea, un po’ pazza per la verità, – precisa Cereghetti – è di valorizzare al massimo le costruzioni, perché sono un bene culturale. La prima cosa da fare è la messa in sicurezza dei rustici, con una copertura provvisoria, per evitare ulteriori danni. Poi procederemo con rilievi archeologici per capire e datare i siti e decidere come agire sulle strutture e come operare con gli interventi architettonici di riattazione. Tutto ciò verrà eseguito di concerto con l’Ufficio dei beni culturali. L’obiettivo finale è far rinascere il caseificio, creare un laboratorio per la lavorazione della carne e dei salumi, realizzare la cantina per il formaggio. Poi ci sarà una biblioteca didattica e una sala di degustazione. Tornerà a essere un centro agricolo».
Luca Cereghetti ha le idee chiare. Afferma che in prospettiva bisognerà pensare a un’associazione o a una fondazione, per permettere al progetto di ottenere più facilmente appoggi e sostegni finanziari.
In che misura il Cantone potrà sostenere questa iniziativa?
«Il Cantone – precisa Paolo Poggiati, capo Sezione dello sviluppo territoriale – sosterrà di certo il progetto sia finanziariamente sia offrendo la dovuta consulenza e l’accompagnamento necessario. Vale infine la pena ricorda che l’alpe di Pianspessa è un prezioso elemento di un paesaggio altrettanto importante – il Monte Generoso – iscritto nell’Inventario federale dei Paesaggi d’importanza nazionale (IFP), protetto e valorizzato attraverso un Piano di utilizzazione cantonale specifico, ora in fase di revisione».
Complessivamente si prevede un investimento di circa 4,6 milioni di franchi. «Si tratta di proporre qualcosa di integrato: – sostiene Luca Cereghetti – offrire l’opportunità di capire come si producono i formaggi e i salumi, ma invitare anche a un viaggio gastronomico per i turisti e per le scuole. Però bisogna riuscire a fare sistema con altre imprese: una sola azienda agricola non può gestire tutto. La biblioteca didattica richiede la collaborazione dei musei del Mendrisiotto, quello etnografico della Valle di Muggio o della civiltà contadina di Stabio. Mi piacerebbe coinvolgere i produttori del Zincarlin, il formaggio patrimonio Slow food, Pianspessa potrebbe diventare il luogo di riferimento di questa eccellenza casearia ticinese».
Questo progetto promette bene, permeato dalla passione e dall’entusiasmo di due giovani fratelli del Mendrisiotto, che si prodigano per far rivivere una testimonianza del passato che può arricchire la zona montana e, almeno simbolicamente, compensare il degrado al piano di quella che veniva chiamata Campagna Adorna.