La ribellione dei lettori

Media – Più di 11mila abbonati e quasi 3 milioni di franchi raccolti con il crowdfunding: sono i numeri di «Republik» la nuova testata politica online, una novità nel mondo del giornalismo svizzero
/ 15.05.2017
di Natascha Fioretti

Da qualche giorno nel giornalismo svizzero la nuova parola d’ordine è «Republik». E il sentimento ad essa associato, per una volta, non è quello della disfatta ma della voglia di rivincita, la voce non è quella di un lamento funebre ma il grido appassionato di chi ancora crede in un giornalismo di qualità, indipendente, dei cittadini e per i cittadini. «Nel giornalismo svizzero c’è bisogno di una piccola ribellione» spiegavano all’inizio del progetto Constantin Seibt e Christof Moser, confondatori del magazine politico online pensato per l’era digitale. Poi è arrivato il successo inatteso della più grande campagna crowdfunding mai vista nel mondo del giornalismo, non solo Svizzero, che promette di fare storia. Se la piattaforma di giornalismo olandese «The Correspondent» nel 2013 raccolse circa 1,7 milioni di euro in una settimana, «Republik» stabilisce un nuovo record: 2,5 milioni di franchi (che vanno ad aggiungersi ai 3,5 milioni di franchi messi sul piatto dagli investitori) e oltre 10’000 abbonati in pochi giorni. Nel momento di grande sfiducia che il quinto potere sta vivendo, le persone, contro ogni previsione, hanno dimostrato di credere ancora in un giornalismo che promette informazione e approfondimento di qualità, libera dalle logiche dei grandi editori, senza pubblicità e,  soprattutto, volto a restituire alla professione la legittimità, la dignità, l’autorevolezza e il ruolo che in una democrazia gli appartiene. La campagna prosegue fino a fine maggio, se volete prendere parte alla rivoluzione andate su www.republik.ch. Noi, in attesa che il magazine diventi realtà a inizio 2018, ne abbiamo parlato con Constantin Seibt che vi assicuro non è un idealista ma un pragmatico realista.

Signor Seibt, quale titolo sceglierebbe se, come giornalista di un quotidiano e non come cofondatore, dovesse raccontare il successo di questa campagna? 
La piccola grande ribellione dei lettori.

Stando ai numeri della piattaforma crowdfunding siete a oltre undicimila abbonati e quasi 3 milioni di franchi raccolti. La ribellione cresce a vista d’occhio, non crede?
Lo spero, questa ribellione deve crescere se vogliamo soddisfare l’aspettativa del nostro business plan di arrivare a 22’000 abbonati. Solo così potremmo camminare con le nostre gambe. Ci importano due cose: fare un magazine davvero strepitoso, che al tempo stesso diverta e abbia un senso, e creare un nuovo modello sostenibile per il giornalismo. Se saremo in grado, lo sapremo nel momento in cui il prodotto sarà redditizio sul mercato. Poi, dal momento che faremo utili, rappresenteremo anche un’alternativa alle altre testate e a quel punto anche i grandi editori svizzeri dovranno prenderci sul serio, non saremo più dei ribelli ma dei veri concorrenti.

Si dice sempre che i lettori disposti a pagare sono una categoria in via d’estinzione, stando al vostro crowdfunding sembra una bufala, cosa dice? 
È una vecchia malattia diffusa tra i giornalisti, e ancora di più tra gli editori, quella di pensare che i lettori non siano interessati a contenuti intelligenti e di spessore. Ci hanno sempre chiesto quale fosse il nostro pubblico di riferimento e noi abbiamo sempre risposto «i lettori». I lettori sono persone curiose, energiche disposte ancora a pagare qualcosa. Certo, dopo un simile successo, abbiamo il compito di non deludere le loro aspettative e la grande fiducia riposta. 

Marc Walder, CEO di Ringier, in un’intervista sulla «Neue Zürcher Zeitung» ha detto che per un’azienda come Ringier puntare sul giornalismo è pericoloso e rischioso. Cosa ne pensa? 
I grandi editori, per sopravvivere, devono realizzare grossi fatturati e grossi ricavi per gli azionisti e oggi con il giornalismo non si riescono più a soddisfare entrambe le condizioni. Per questo in molti abbandonano il campo. Credo però che si dimentichino di due elementi fondamentali: da un lato la loro responsabilità verso gli azionisti, dall’altra verso l’opinione pubblica. Gli editori hanno la responsabilità di produrre informazione assennata, vitale per una democrazia sana. Non è pensabile dirigere aziende di queste dimensioni con un business model come il nostro, credo piuttosto che si debba pensare ad un giornalismo finanziato dalle fondazioni. L’informazione è come un nutrimento costante di cui non possiamo fare a meno, è necessario trovare altre strade.

Uno scrittore svizzero mi raccontava che nel 1981 per un suo pezzo a tutta pagina la NZZ pagava sui 2000 franchi, oggi per lo stesso articolo ne offre 500. Voi avrete dei collaboratori esterni, che condizioni offrirete? 
Ha avuto fortuna. Oggi a chi collabora con il «Feuilleton» della NZZ gli viene detto che è un privilegiato e i compensi oscillano tra i 200 e i 300 franchi, ad articolo. Significa che oggi il lusso di scrivere e di collaborare possono permetterselo solo le persone che vivono di un altro mestiere o di altre entrate. Noi pagheremo dei compensi giusti perché è l’unico modo per chiedere ai giornalisti e agli autori dei contributi di qualità. La qualità non è, e non può essere, solo una coincidenza. 

Come modello vi siete ispirati alla piattaforma giornalistica olandese «The Correspondent» che ora pubblica anche in inglese. Anche voi uscirete più lingue?
Per il momento pensiamo di allargare la nostra attenzione alla cultura, all’economia e di espanderci nella Svizzera romanda e, forse, in Germania. Prima però dobbiamo dimostrare di essere in grado di portare avanti il nostro progetto di partenza pensato per il mercato della Svizzera tedesca. 

Quando con Christof Moser avete lasciato le vostre rispettive redazioni del «Tages-Angeizer» e «Schweiz am Sonntag» non avevate dei dubbi sulla riuscita del progetto? Avete pensato a un piano B?
Nel momento in cui si pianifica una ribellione e si è convinti di voler creare qualcosa di nuovo bisogna avere il coraggio di saltare dalla scogliera. Non serve avere un piano B ma avere sempre dinanzi agli occhi l’abisso a ricordarci dove possiamo finire. Abbiamo avuto il coraggio di saltare e con noi oltre 11’000 lettori. Ora stiamo a vedere dove atterreremo.