È un progetto innovativo, per certi versi rivoluzionario, ma in fondo antico come il mondo. Obiettivo? Riscoprire la comunità, il prossimo, il proprio vicino; con quale mezzo? I social network, i quali in questo caso non dividono – come spesso siamo portati a pensare – ma, all’opposto, uniscono. Stiamo parlando di Smart Village, un progetto che mira a recuperare i rapporti di vicinato e lo fa attraverso Facebook.
«Prima di creare Smart Village la mia concezione dei social network era legata al pregiudizio comune secondo cui essi servano fondamentalmente per crearsi un pubblico e “mettersi in vetrina”», commenta Monica Rush, ideatrice di Smart Village, «avvicinandomi maggiormente al tema ho però preso coscienza del grande potenziale non completamente sfruttato dei social; bisogna imparare ad usarli e a farlo in modo positivo». E i tentativi non mancano se si pensa ai vari progetti che si trovano nella rete e che partono dal basso mettendo l’individuo al centro, senza che ci sia un’azienda dietro le quinte e senza interventi delle istituzioni o della politica.
Si tratta di esempi – per la realtà ticinese uno di questi è proprio Smart Village – di modelli attuali di sharing economy, un concetto in continua evoluzione, come la realtà a cui fa riferimento. Tra le caratteristiche di questi modelli vi è il fatto di essere improntati alla condivisione di beni e servizi, anziché all’acquisto e alla proprietà, come avveniva in passato. L’elemento relazionale è fondamentale e le possibilità di applicazione sono infinite. Tra quelle più note citiamo BlaBlaCar, la piattaforma web di car pooling che conta oltre 45 milioni di iscritti, i quali sono disposti ad ospitare nella propria auto uno sconosciuto con cui condividere, oltre alla destinazione, i costi e i tempi del viaggio, facendosi cioè compagnia a vicenda. Un altro esempio è il social network «di quartiere» Nextdoor, nato negli Stati Uniti nel 2011 e approdato poi in Inghilterra, Olanda e Germania. Questa app nata per facilitare i rapporti tra i vicini conta oltre 137mila gruppi, in una società, come quella americana, dove un terzo della popolazione ammette di non interagire con chi abita nei dintorni. Ultimo esempio riguarda la vicina Italia e si chiama Social Street. Il progetto nasce 4 anni fa dall’esigenza di un neo-papà bolognese di conoscere altre famiglie che abitassero nella sua stessa via. Il giovane mette allora nelle buca lettere dei flyer per mezzo dei quali comunicava di aver creato un gruppo chiuso di Facebook per conoscere i vicini e socializzare; non chiedeva e non proponeva nulla in particolare. La risposta fu immediata e molto numerosa; oggi le Social Street nel mondo sono oltre 500.
«Social Street è un progetto forte e già maturo», commenta l’ideatrice di Smart Village, «ma sono convinta che anche il nostro esperimento abbia un grande potenziale». ll primo Smart Village nasce a Coldrerio nel 2013 su iniziativa di Monica Rush, Simona Arrighi, Elena Cattaneo, Sara Solcà, Flavia Gentizon e Claudia Kux e trova subito il consenso di molti cittadini. Segue l’apertura di uno Smart Village a Mendrisio e poi via via di altri nelle varie regioni della Svizzera italiana e pure oltre Gottardo e in Italia. «Due sono i gruppi che vanno molto bene: quello di Coldrerio e quello di Capriasca, che ha superato i 1100 membri», commenta Monica Rush.
Una volta entrati in un gruppo Smart Village, le cose che si possono fare sono moltissime, a cominciare dallo scambio di oggetti: «Abbiamo tutti in casa molti più oggetti di quelli che utilizziamo; alcuni ci servono due o tre volte all’anno e occupano molto spazio. In un’ottica di condivisione, basterebbe che una sola persona possedesse una scala di 5 metri e la prestasse a chi, per una volta, deve salire più in alto di quello che gli consente la propria scala», spiega Monica Rush. Per mezzo della bacheca si possono quindi richiedere, scambiare o regalare oggetti, si possono offrire o cercare collaborazioni per le pulizie o la cura del giardino, pubblicare annunci per la ricerca di una casa o di un aiuto saltuario, per esempio qualcuno che dia acqua alle piante durante le vacanze. «Anche il car pooling diventa più facile, dal momento che si tratta di gruppi relativamente piccoli, dei cui membri è quindi più facile fidarsi», continua Monica Rush.
Ma le possibili applicazioni sono davvero pressoché infinite: sei nuovo del paese? Chiedi l’amicizia su Facebook, presentati e ti sentirai velocemente a casa; pratichi yoga? Riunisci i tuoi vicini e organizza un piccolo evento in paese; all’armadio dell’Ikea mancano le viti ma non sai quando avrai occasione di tornarci? Chiedi, magari qualcuno sta per andarci e potrebbe evitarti un viaggio. «Smart Village risolve facilmente delle questioni quotidiane. Se sei al bar e vuoi sapere le ultime news su una star, le cerchi su Internet, ma se vuoi sapere come mai una strada è chiusa spesso non sai a chi rivolgerti; ebbene, se lo chiedi sulla pagina Facebook di Smart Village assicuro che nel giro di pochi minuti avrai la risposta», commenta Monica Rush, «questo perché un gruppo capillare è in grado di dare un’informazione capillare».
Chi entra a far parte di questa grande famiglia ne trae molti vantaggi: sfrutta al meglio le risorse a chilometro zero, aiuta a preservare la cultura locale e conosce nuove persone. Oggi infatti i paesi vengono vissuti meno di un tempo. Se si lavora in un altro comune, non si ha il cane da portare a spasso o i bambini da accompagnare all’asilo, spesso non si hanno occasioni di fare nuove conoscenze. Smart Village dà questa opportunità perché la richiesta viene fatta online ma poi le persone si incontrano nella realtà. Questo rapporto tra virtuale e reale è una delle caratteristiche di Smart Village e di altri progetti analoghi, la cui bellezza sta proprio nel fatto di contribuire a ricreare quei rapporti di vicinato che un tempo avevano il loro fulcro nelle piazze dei paesi, riprendendo proprio l’idea di questo luogo che è però virtuale.
«Degli studi dimostrano che la rete di conoscenze è il secondo elemento che dà la longevità, dopo il cibo», afferma Monica Rush, «noi siamo cresciuti con l’idea di fare attenzione agli sconosciuti, che trasmettiamo ai nostri figli, ma nella realtà siamo tutti orientati alla condivisione. Abbiamo bisogno degli altri e più questi sono felici più ci rimandano un’immagine positiva. Fare del bene ed essere a disposizione è vitale. Ed è più arricchente che non cercare l’appagamento in un oggetto». Smart Village è la traduzione di questa concezione: «Tramite il nostro gruppo Facebook se ho bisogno del caricatore per l’iPad perché viene mio figlio a trovarmi e l’ha lasciato a casa sua, in pochi minuti conosco persone che magari altrimenti non avrei mai conosciuto. E la cosa interessante è che le conosco perché danno qualcosa a me, che per loro non sono nessuno, per il semplice fatto che ne ho bisogno, senza alcuna garanzia. Questo atto incondizionato è, a mio avviso, la punta di diamante di Smart Village», commenta una delle sue ideatrici.
Se nel vostro paese non esiste ancora un gruppo Smart Village, su www.smartvillage-planet.com si trovano tutte le informazioni per crearlo. «Allo Smart Village Founder serve la dimestichezza con Facebook e un po’ di tempo da investire, soprattutto inizialmente, per trovare le persone interessate e dare l’esempio. Una volta partito, il progetto si autoalimenta tanto da diventare un modo di vivere dal quale non si riesce più a tornare indietro», conclude Monica Rush.