Fiorita Della Giovanna e Adolfito Valsangiacomo, due vivaci ultracentenari del nostro cantone, non si conoscono, eppure sono accomunati, oltre che dall’aver superato il secolo di vita, da un medesimo atteggiamento nei confronti di quest’ultima. Pur non essendo stati risparmiati da fatiche e dolori, conservano tuttora uno spirito positivo e una capacità di accettazione forse non del tutto estranei alla loro longevità. Lungo il cammino che li ha visti attraversare quasi per intero il Novecento e varcare la soglia del nuovo millennio i momenti forti non sono mancati, gli eventi epocali neppure. Hanno vissuto l’infanzia nella prima fase postbellica, la seconda guerra mondiale nel pieno della gioventù e da ultimo l’emergenza sanitaria all’origine di severe restrizioni. Come hanno affrontato e superato queste crisi, Fiorita Della Giovanna e Adolfito Valsangiacomo ce lo hanno raccontato in due simpatici incontri estesi ad alcuni rispettivi familiari.
Gioviale e con la battuta pronta, la signora Fiorita, nata l’11 giugno 1919, ci accoglie con il figlio Sergio e la nuora Paola all’esterno della casa anziani Girasole a Massagno diretta da Paolo Beretta Piccoli. Un soggiorno temporaneo dopo una caduta si è trasformato da alcuni anni in residenza. Esce però ancora sovente, pandemia permettendo. La scorsa estate ha trascorso tre settimane in famiglia, prima di rientrare osservando il periodo di quarantena. In autunno è andata con il figlio a raccogliere funghi in una zona che ha frequentato regolarmente fino circa a 95 anni, fermandosi questa volta all’inizio del bosco, lungo la strada. Il carattere è forte, le decisioni ferme. Riguardo alla pandemia il primo commento è per il vaccino: «La vaccinazione non la faccio. Ne ho fatta soltanto una in vita mia, da bambina, quella che lascia gli “occhi” sul braccio».
L’infanzia della signora Fiorita coincide con gli anni del primo dopoguerra. «Mi ricordo – prosegue spedita – che gli anziani parlavano ancora della guerra. La situazione era difficile, ma ero piccola». Le memorie legate alla seconda guerra mondiale sono invece più vivide: «Abitavo a Ponte Tresa e vedevamo il fuoco dei bombardamenti aerei su Milano. Sulle finestre di casa si mettevano le coperte nere per nascondere le luci. La circolazione con l’Italia era interrotta; la strada principale disseminata di buche riempite di sassi per impedire il passaggio». Accanto alle difficoltà c’è spazio per un aneddoto raccontato con il sorriso: «Alcuni soldati riposavano nella cantine della nostra casa e mi davano cinque centesimi se portavo loro una bottiglietta di gazzosa. Alla fine avevo un borsellino pieno di cinque centesimi!».
Dopo la guerra la vita riprende, anche se riserva alla giovane donna altre difficoltà di natura personale. Su queste adesso preferisce soprassedere. Le ha affrontate sola, crescendo tre figli ai quali è molto legata. «Un tempo non c’erano aiuti. Io non ho mai chiesto niente a nessuno. Ho lavorato e mi sono arrangiata». Oggi, nel volgere lo sguardo al passato, afferma di ricordare tutto quanto accaduto, non da ultimo i rivolgimenti globali quali la guerra, ma di concentrarsi soprattutto sui ricordi più belli. Come il tempo trascorso dalla nonna, quando non c’era la luce elettrica e si accendeva il lumino (composto da olio di noci, pezzetti di lana di pecora e stoppino) solo lo stretto necessario per evitare ogni spreco. Ad allora risale la lunga preghiera-filastrocca che ci racconta senza la minima esitazione. La memoria e l’attenzione sono vive anche rispetto al presente attraverso l’attualità e il gioco delle parole crociate. Di fronte alle avversità, come è il caso oggi della pandemia, traspare l’accettazione della situazione. Precisa la signora Fiorita: «Certo, non essere libera di uscire e vedere i familiari ha pesato, ma la situazione è dura soprattutto per chi sta fuori e deve lavorare».
Anche per Adolfito Valsangiacomo, chiamato Fito e residente alla casa anziani Giardino di Chiasso, la strategia di fronte alla pandemia è la medesima. Ci accompagna da lui Fabio Maestrini, direttore della struttura. Per entrambi i centenari queste case, solitamente aperte e favorevoli al maggior scambio sociale possibile, nei mesi più critici dell’emergenza sanitaria si sono trasformate in luoghi chiusi escludendo persino il contatto con i familiari. Il signor Fito non si è però perso d’animo e, pur dovendo rinunciare a visite e uscite, si è concentrato sulle telefonate. «Chiamavo mia nipote Ilaria tutti i giorni. Il suo numero lo so a memoria, così come quello di mia cognata Lara». Le persone di cui il signor Fito ricorda il numero di telefono sono in realtà una buona decina. Alla nipote, che cura le sue pratiche amministrative, rammenta prontamente durante il nostro incontro di pagare le fatture. Accettare la situazione, farvi fronte e andare avanti è sempre stata – come per Fiorita Della Giovanna – la sua realtà. Pure per lui i ricordi sono nitidi, le date precise. Riavvolge il film della propria lunga vita partendo da Novazzano, dove è nato il 5 dicembre 1918. È stata però la città di Chiasso il fulcro della sua attività professionale e sociale, tanto che ancora oggi non rinuncia al rituale dell’aperitivo al bar, ora quello di Casa Giardino. Bicchiere di bianco, giornale, patatine e, quando ci scappa, un salamino da consumare ovviamente con i due amici residenti, ferrovieri come lui. «Da giovane ero macellaio – racconta Fito Valsangiacomo – ma durante la guerra, quando non ero in servizio, ho fatto un po’ di tutto, persino il manovale. A guerra finita, era ancora difficile trovare lavoro. Non riuscendo più a svolgere la professione di macellaio, sono entrato in ferrovia». In questo ambito ha fatto la gavetta, assumendo gradualmente maggiori responsabilità fino a diventare macchinista di manovra. Prosegue il signor Fito: «Ho seguito corsi e fatto esami, recandomi a questo scopo a Lucerna e Berna. Dalle macchine a vapore sono passato a quelle con motore diesel e poi a quelle elettriche». Un’evoluzione professionale alla quale ha affiancato tante passioni, dal gioco delle carte alla pesca, dalla caccia all’attività nel Gruppo Urani Chiasso. Chiasso è nel cuore anche come squadra di calcio di cui segue ancora gli avvenimenti. «Mi è piaciuto molto anche viaggiare con mia moglie, scomparsa purtroppo due anni fa. Siamo stati in tanti Paesi come Turchia, Spagna, Tunisia. Ho compiuto viaggi anche con i cacciatori, ad esempio per speciali battute in Yugoslavia». Forza di carattere e capacità di godersi i momenti belli della vita convivono nel signor Fito che ora attende di poter ritrovare un altro piacere: uscire in città accompagnato da un amico esterno alla casa anziani. «Casa Giardino è comoda perché si trova in centro. È tutto piano e posso camminare con il deambulatore», conclude deciso.
Fiorita Della Giovanna e Fito Valsangiacomo godono entrambi di buona salute, presupposto sicuramente indispensabile per raggiungere determinati traguardi anagrafici con la serenità che li caratterizza oggi. Serenità alla quale – si percepisce bene – contribuiscono in maniera determinante la vicinanza e l’affetto dei familiari. I due ultracentenari da parte loro, attraverso una lunga e impegnativa esperienza di vita, trasmettono forza d’animo, coraggio e fiducia nell’avvenire, valori più che mai essenziali per affrontare non solo le difficoltà personali ma anche le crisi globali e i relativi postumi proprio come nel caso odierno della pandemia.