La nuova Valascia e l’11 settembre

Sport - È lecito paragonare i megaeventi planetari con le piccole storie a carattere locale?
/ 06.09.2021
di Giancarlo Dionisio

«Si parva licet componere magnis», scrisse l’autore latino Virgilio – guida turistica di Dante Alighieri – ponendosi la domanda in merito al paragone tra il minuto e alacre lavorìo delle api, e le colossali imprese dei Ciclopi. Io, Sia pure con il necessario rispetto, me la sono posta accostando due date: l’11 settembre del 2001, giorno di macerie, sofferenza, dolore, lutto, e di cambiamenti radicali di molte nostre consuetudini. E l’11 settembre prossimo, che per l’Ambrì Piotta sarà il giorno della ripartenza, di una nuova storia, in una nuova casa, calda e accogliente. Insomma, sarà la presa in consegna di un ambiente famigliare in cui assaporare le emozioni che fino allo scorso 5 aprile erano state vissute sotto la volta vetusta e leggendaria della Valascia. 

La squadra leventinese, a prescindere dall’accostamento precedente, che può sembrare blasfemo, sarà chiamata a esorcizzare numeri e nomi. 

Come detto, il 5 aprile corrisponde all’ultima apparizione nella vecchia dimora, ma ricorda anche uno dei momenti più agrodolci della storia del club vallerano. Nel 1999 i biancoblù festeggiarono la loro unica presenza in una serie finale dei play off. Un risultato inimmaginabile per il minuscolo club di un minuscolo villaggio di neppure mille anime. Un esito che, emotivamente, andava oltre la gioia per la Coppa Svizzera conquistata nel 1962, più gratificante persino dei tre prestigiosi trofei continentali di fine anni Novanta. Ma quel 5 aprile, a sbarrare l’avanzata dei Montanari verso vette ancora più elevate, furono proprio i Cittadini del Lugano. Fu una sorta di battaglia dei Sassi grossi al rovescio, con le reti bianconere che si abbatterono spietatamente sul capo di giocatori, dirigenti e sostenitori biancoblù. I sottocenerini conquistarono il loro quinto titolo nazionale. I sopracenerini, pur nella consapevolezza del raggiungimento di un prestigioso traguardo, vissero una delle giornate più amare della loro storia iniziata nel 1937. 

Ventidue anni più tardi, il 5 aprile, l’addio alla vecchia, cara Valascia, è coinciso con una sconfitta di misura contro il Friborgo. Fora e compagni si dannarono per salutare degnamente la «Vecchia Signora». Il giovane Noele Trisconi fu l’ultimo biancoblù a bucare la rete avversaria, ma non fu sufficiente. Il destino vuole che, nel giorno dell’inaugurazione del nuovo impianto, sarà ancora il Gottéron, a incrociare i bastoni con i ragazzi di Luca Cereda sul nuovo ghiaccio leventinese. Sarà già il terzo turno di campionato. Ma soprattutto sarà una ghiotta opportunità per invertire la tendenza. Per ripartire, per benedire con una vittoria, la prima di una lunga serie, la nuova Casa. 

Anche quest’anno, la Lega non ha previsto retrocessioni. Paradossalmente, le cosiddette squadre meno attrezzate potrebbero perdere tutte le partite, senza subire alcuna conseguenza sul piano sportivo. Tuttavia, su quello emotivo, sarebbe utile e piacevole poter battezzare il nuovo palazzetto con la conquista dei tre punti, con musica, canti, abbracci, fiumi di birra e vino. Fra 50-70-80 anni, quando anche la nuova pista sarà ritenuta vetusta e inadeguata, qualcuno scriverà di un debutto felice e vincente, di una scossa adrenalinica che ha sospinto la squadra leventinese verso vette fino ad oggi mai raggiunte.

Nel momento in cui scriviamo, non sappiamo ancora quale sarà il nome del nuovo impianto. Da tempo si parla di Gotthard Arena. Nei gruppi social legati all’Ambrì-Piotta si è scatenata la fantasia dei sostenitori che vorrebbero proporre una soluzione. Si va dal puro e semplice «Valascia», magari con l’aggiunta di un «2», si passa da «Montanara», «Piora Arena», per approdare a «Güss», il nome del popolare ed etilico ritrovo post-partita. 

Più pragmaticamente, qualcuno riconosce che il nuovo nome verrà dettato da uno sponsor. Memore delle ataviche difficoltà finanziarie del piccolo-grande club montanaro, quel qualcuno conclude con un prosaico «pecunia non olet», ovvero, «i dané i spüzan mia». Quindi ritiene che si possa sacrificare un appellativo evocatore di emozioni e sentimenti, sull’altare di una maggiore stabilità economica. Sarà comunque una storia circoscritta nel tempo, proprio come quella della Valascia. 

Noi ci abitueremo presto ad apprezzare gli spazi, gli agi, e le temperature gradevoli del nuovo stadio. Dal canto loro, i bisnipoti di Fora, Pestoni e compagni, fra qualche decennio, saranno chiamati a inaugurarne uno ancora più moderno. In fondo sono due i concetti da non perdere di vista: quello di un Club Cenerentola che non vuol sentir ragione di mollare e vuole continuare a essere protagonista del nostro hockey su ghiaccio, e quello della memoria, che non va assolutamente persa per strada. 

Il ricordo della «Mitica Valascia» rimarrà nei cuori di coloro che, nel suo ventre materno, tanto gelido quanto accogliente, hanno pianto e riso, sofferto e gioito più volte. Ma la memoria è fatta di impressioni e di sentimenti che tendono a scolorirsi nel tempo. Per conservarne la lucentezza, il giornalista Luca Dattrino ha pensato di raccogliere nel volume La Mitica e il suo domani, la storia, o meglio le storie, della «patinoire più cult del mondo». L’obiettivo è di venderne almeno 6775 copie, un record per il Ticino. Un numero emblematico, che corrisponde al codice postale del comune di Quinto, e al numero di posti disponibili nella nuova pista. L’ho acquistato. Per ora l’ho solo sfogliato. Ho capito che nelle lunghe, buie, fredde serate invernali sarà un’ottima compagnia.