Ricostruendo le vicende dell’industria mineraria nel territorio elvetico, il Dizionario storico della Svizzera osserva che le nostre autorità non s’impegnarono mai molto in questo settore, «che necessitava di ingenti capitali, dato che gli investimenti per le infrastrutture potevano essere ammortizzati solo dopo molti anni e che le condizioni geologiche risultavano rischiose». Una delle conseguenze di questa scarsa attenzione fu la mancanza di sviluppo di una specifica categoria professionale, cosicché «minatori, maestri fonditori e altri specialisti provenivano spesso dalla Germania, dall’Italia o dall’Austria». D’altra parte, però, laddove vi furono prospezioni ed estrazioni minerarie, in un contesto ancora protoindustriale, gli effetti sociali prodotti furono notevoli. Le procedure estrattive richiedevano un’organizzazione del lavoro nuova, che entrava in conflitto con l’uso del tempo fatto negli ambienti rurali. Furono, per esempio, introdotti i turni di lavoro, che imponevano una scansione del tempo prima ignota; inoltre, in comunità dove quasi tutte le attività lavorative venivano svolte vicino a casa, fu introdotta la separazione tra luogo di produzione e luogo di abitazione – tanto che, per alcuni, la migrazione definitiva all’interno del paese prese il posto della mobilità locale che caratterizzava la vita contadina.
Ci furono anche conflitti tra l’agricoltura e l’industria mineraria. Tendenzialmente orientata alla sussistenza la prima, la seconda chiedeva la rapida disponibilità di terreni, legno, acqua, diritti di passo, ecc., regolando quindi l’accesso alle risorse del territorio con la stessa rigidità con cui regolava l’attività dei lavoratori.
«Piovono come manna dal cielo le scoperte di miniere aurifere ed argentifere, e ben presto i Circoli di Sessa e Magliasina diverranno la nuova California del Ticino». Sono le parole con cui si esprimeva il Commissario di Governo di Lugano in un rapporto al Consiglio di Stato del 1858. Lo ricordano le note intitolate Il Ferro e l’Oro, con le quali l’Associazione Museo del Malcantone introduce alla conoscenza delle miniere locali, citando anche un passo, scritto il 15 maggio dello stesso anno dal dott. Carlo Visconti di Curio, il quale diceva: «[...] Infatti furono trovate molte miniere, ed era bello il vedere alcuni vecchi e giovani, specialmente nella scorsa primavera, battere tutte le valli, fiutare ogni buco, arrampicarsi su per le rocce, martellarle, che era una meraviglia».
Il Museo del Malcantone di Curio, che dispone di un sito web ricco d’informazioni non solo sulla storia delle miniere della regione, ha aperto un account sul portale di storia partecipativa «lanostraStoria.ch», pubblicando una generosa selezione di materiali iconografici. Le immagini sono distribuite in tre dossier distinti, ciascuno dei quali provvisto di una breve introduzione.
Nel dossier intitolato «Magliaso nei primi anni del ’900», sono state collocate lastre fotografiche verosimilmente realizzate da membri della famiglia di Attilio Salvadè (1864-1930). Alla fornace di Caslano, che cessò le attività nel 1950, è dedicato un secondo dossier, anch’esso utile per tratteggiare la storia industriale della regione. Ma le immagini più suggestive sono quelle che il Museo del Malcantone ha condiviso nel dossier intitolato «Le miniere del Malcantone». Vi si trova la mappa delle prospezioni minerarie condotte da Vinasco Baglioni nel comprensorio di Sessa, Astano, Novaggio e Aranno, nonché il piano della miniera Franzi-Baglioni situata sotto il paese di Miglieglia.
Il sito web del Museo del Malcantone resta senz’altro la fonte più ricca online di notizie sulle miniere della regione, ma la selezione delle immagini disponibili su «lanostraStoria.ch» produce due effetti di notevole valore: da un canto, estendendo anche su questa piattaforma le sue attività editoriali, il Museo allarga il suo pubblico, dall’altro canto – pubblicando le sue immagini in una piattaforma editoriale che ha proprio la caratteristica di rendere facilmente condivisibili i contenuti – il Museo facilita la creazione di una conoscenza condivisa.
Il concorso in queste settimane aperto su «lanostraStoria.ch» tende anch’esso allo stesso obiettivo: i giovani del Malcantone, suggestionati da ciò che sta nel loro sottosuolo, potrebbero andare alla ricerca di fotografie d’epoca e così arricchire il materiale già messo a disposizione dal Museo del Malcantone.