Maria Pia Signorell (F. Dozio)

La maestra dell’alpe

Incontri – Maria Pia Signorell vive da quarant’anni sull’Alp Flix, nel canton Grigioni, e da 43 anni insegna, in lingua italiana, ai bambini e ai ragazzi di Bivio
/ 24.08.2020
di Fabio Dozio

Come ogni mattina invernale Maria Pia Signorell, a bordo della motoslitta, scende a valle per raggiungere la scuola di Bivio, dove insegna. La strada, poco dopo le sei di mattina, è però ostruita da un albero caduto nella notte a causa della neve. Niente di grave, si torna a casa, all’Alp Flix, si recupera la motosega e si libera il passaggio. «In quarant’anni credo di non essere mai arrivata in ritardo a scuola», racconta. «Forse una volta, quando una valanga ha chiuso la strada a Marmorera. Se non va la motoslitta, si prendono gli sci. Sono quarant’anni che io e mio marito facciamo su e giù, dall’Alp Flix (quasi duemila metri di altitudine) a Sur, Bivio o Savognin. È una questione di abitudine. Mio figlio, da piccolo, scendeva con noi con la motoslitta, poi, da ragazzo, prendeva il suo slittino e via».

Vivere sull’alpe e lavorare in valle. Non è una questione di chilometri, una decina per raggiungere Bivio e una dozzina per Savognin, ma il fatto che d’inverno la strada è chiusa al traffico e rimane innevata per mesi, percorribile solo con motoslitte, sci o slitte. Oggi sull’alpe vivono tutto l’anno solo due famiglie. I Signorell si sono stabiliti quarant’anni fa, trasformando una piccola baita di famiglia in una bella casa con muri di gneiss della Bregaglia. «Qui si sta bene – dice Maria Pia – quando ti alzi al mattino e ti guardi attorno sei inondato di natura. Il sole comincia a lambire l’oratorio di Son Roc, là in fondo alla piana, poi, via via, illumina i pascoli. Forse la vita è un po’ più dura, ma anche più sana».

L’Alp Flix è uno dei paesaggi naturali più significativi dei Grigioni ed è una delle attrazioni del Parc Ela. Diecimila anni fa era coperta da una spessa coltre di ghiaccio. Il ghiacciaio del Bernina arrivava fino a qui e ha plasmato valli e colline. L’enorme pressione del ghiaccio ha reso compatto il sottosuolo, impedendo il deflusso idrico e determinando la formazione delle torbiere. Paludi e torbiere e poi pascoli, a partire dal 1350 quando si insediarono i Walser provenienti da Avers che abbatterono i boschi per recuperare i prati necessari a pascolare le bestie. Oggi l’Alpe è popolata da manzi e mucche, da pecore e anche da alcune capre. I contadini falciano i prati paludosi e garantiscono la cura di questo paesaggio rurale.

In mezzo alla piana dell’alpe, circondato dalla ricchissima flora, c’è l’oratorio di Son Roc, costruito dai Walser a metà del XIV secolo. È una piccola chiesetta con annessa quella che allora era la rustica abitazione del prete. Ora il Consiglio parrocchiale di Surses, di cui Maria Pia Signorell fa parte, sta riattando l’appartamento per farne un luogo di ritiro spirituale o di meditazione.

Maria Pia Signorell è nata e cresciuta a Poschiavo e dopo le magistrali ha trovato lavoro alla scuola di Bivio. Allora, più di quarant’anni fa, Bivio, ai piedi dei passi del Giulia e del Settimo, era l’unico comune italofono al nord delle Alpi. È sempre stata dura per l’italiano a Bivio, racconta la maestra, il numero degli italofoni è diminuito drasticamente. Molti uomini italofoni hanno sposato donne svizzero tedesche («donne che venivano da sotto», dice Maria Pia) e questo ha portato molte famiglie ad abbandonare l’italiano. Inoltre, nel corso degli anni Novanta, c’è stato un certo accanimento contro l’italiano, perché da alcuni abitanti veniva giudicato un intralcio per lo studio del tedesco.

«All’inizio si insegnavano tutte le materie in italiano, e poi avevamo l’ispettorato italofono. C’era l’ispettore Gustavo Lardi, di Poschiavo, che faceva molto per difendere la lingua a Bivio. C’è stata anche la maestra Elda Simonett-Giovanoli, una donna di grande cultura che aveva studiato in Toscana e ha lottato tutta la vita per promuovere l’italiano fra i biviani. Ma la realtà dei numeri era ineluttabile. Sempre meno italofoni e sempre più tedescofoni. Oggi Bivio non è più comune autonomo, si è aggregato agli altri paesi della Valle nel comune di Surses. Ora i bambini di Bivio che seguono ancora lezioni di italiano sono quattro o cinque».

Come è cambiata la scuola nel corso di questi decenni?

«È cambiato molto – annota Maria Pia – il computer e l’informatica hanno trasformato parecchio. Una volta avevamo il ciclostile (chi se lo ricorda?), ora abbiamo il computer ed è tutto più semplice. Sono cambiate molto anche le famiglie. Una volta la maestra era un punto di riferimento riconosciuto e stimato. Il bambino era importante, ma i genitori non venivano in prima elementare dicendo che il figlio doveva andare al liceo. Oggi le famiglie pretendono molto per i figli. Poi è cambiata la famiglia, ci sono molte separazioni, bambini che il venerdì sera non sanno se devono andare dal papà o dalla mamma. Non dico che una volta fosse tutto meglio, ma insomma adesso un buon 50% di bambini sono figli di separati. Anche la religione ha perso importanza. Nei primi anni c’erano cattolici o riformati, ora un buon 30% dei ragazzi è senza religione o di altra confessione. Sono cambiati molto anche i ragazzi, in passato erano più monelli. Se andavi in passeggiata scolastica dovevi fare il poliziotto. Adesso se hanno il telefonino non ci sono problemi di disciplina, sono tutti come agnelli, attaccati al loro schermo con le cuffie. Una volta erano maneschi, magari si azzuffavano, ora sono mezzo addormentati. Ai nostri tempi si facevano monellate, ricordo che a Poschiavo si organizzavano scherzi, si spaccava anche qualche vetro di finestra. Ora i giovani stanno ore con i telefonini».

Dopo le magistrali – ci spiega la maestra – volevo andare a insegnare in una scuola svizzera in Spagna. Ma le cose sono andate diversamente, ho incontrato mio marito e sono rimasta qui. Nostro figlio ha 25 anni e lavora a Coira come ingegnere civile; è difficile trovare lavoro in valle, la maggioranza dei giovani deve spostarsi. Con lui ho sempre parlato italiano quando era piccolo, ma ora in famiglia si parla soprattutto romancio, la lingua di mio marito. «Anche il romancio fatica a mantenersi – sostiene Maria Pia – proprio il 24 luglio l’assemblea di Surses ha deciso di rinunciare al Rumantsch Grischun, la lingua che doveva diventare il romancio unificato del cantone. Il progetto è fallito anche se l’idea era buona. Alcune regioni, come la Surselva e l’Engadina, hanno sempre boicottato il Rumantsch Grischun, per privilegiare il loro romancio regionale. Ora anche noi abbiamo rinunciato. Non si insegnerà più a scuola, ci sarà solo il surmirano. Le autorità cantonali hanno sbagliato fin dall’inizio. Per far funzionare il progetto bisognava imporre il Rumantsch Grischun, non lasciare libertà di scelta alle regioni».

«Io ormai ricevo l’AVS e ho alle spalle 43 anni di insegnamento. Ma mi hanno chiesto di tenere ancora dei corsi di italiano per un paio di anni. Ho accettato, ma a patto di essere esonerata dai corsi di aggiornamento e dalle riunioni. Ormai la scuola è diventata troppo burocratica. Per ogni cosa bisogna scrivere lettere e chiedere permessi. Nei primi anni, a Bivio, se d’inverno era bel tempo, si improvvisava e si diceva ai ragazzi: portate gli sci che nel pomeriggio andiamo a sciare. Oggi bisogna mandare formulari alle famiglie quindici giorni prima», conclude sospirando Maria Pia Signorell, l’ultima maestra italofona di Bivio.