II richiamo del Sud caldo e luminoso è un sentimento vivo, quasi prepotente per tutte le genti settentrionali, che nei Paesi del sole si affacciano al Mediterraneo, il mare classico sulle cui sponde fiorirono le più antiche civiltà occidentali. Qui si trova il fascino di un mondo diverso, ricco di colori e di aromi, e la dolcezza di un clima tra i migliori nel Mondo.
Peculiari di tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo, sono l’elevata luminosità, comparabile a quella delle altitudini alpine, la scarsa nebulosità, l’elevata insolazione durante tutto l’anno. Vi predomina la «macchia», il maquis dei Francesi in Provenza, nel Midi, che si può definire come una boscaglia composta di vegetali legnosi sempreverdi, arbustivi di varia statura fino a tre metri, con fogliame coriaceo, lucido e ricco di cellulosa, tipica del clima mediterraneo.
Nelle sue fasi vegetative più mature prevale il Leccio (Quercus ilex) con portamento arboreo, mentre in quelle alterate dagli incendi e dai pascoli, essa è composta di corbézzoli, eriche, filliree, ginepri, mirti, ginestre, lentischi e rosmarini. Talvolta dalla quercia spinosa (Quercus coccifera). Nella «macchia» si notano due fasi climatiche distinte: una estiva, calda e asciutta; e una invernale con abbondanti precipitazioni, ma con temperature molto miti. La fioritura e la formazione dei frutti avvengono da febbraio ad aprile.
Secondo Rikli (1929), la flora mediterranea (compresa quella che costituisce la macchia) annovera oltre 20mila specie. Questo notevole contingente floristico è superiore a quello di qualsiasi altro territorio a parità di latitudine e superficie, e con un tasso di specie esclusive (endemiche) pari al 38%: ben 8400 finora note e descritte.
Ma oggi soffermiamoci sulla Maremma, l’Etruria marittima dei Romani, è quella sub-regione della Toscana meridionale dagli incerti confini e racchiusa entro un’area di 5mila chilometri quadrati. Terra ricca per una ricca agricoltura, per le sue ricchezze minerarie, e per i proficui traffici marittimi. Terra degli Etruschi conquistata dai Romani. Attraverso i secoli, a seguito del progressivo abbandono umano, i disboscamenti, il dissesto idro-geologico, divenne una landa desolata, regno della malaria verso il mare. Attualmente, vi domina in larga parte la macchia mediterranea (il «forteto» dei Toscani), ma anche i cinghiali, che qui sono rappresentati da gran parte del loro contingente, composto di 253mila capi in Toscana.
Un’attuale miniera di diversità biologica, fortunatamente protetta e salvaguardata grazie all’istituzione del Parco Regionale dell’Uccellina, in provincia di Grosseto, la meno popolata d’Italia. Nell’area del Parco dell’Uccellina sono stati svolti approfonditi e continuati studi naturalistici (faunistici, floristici ed ecologici) patrocinati e finanziati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Roma). Studi finalizzati che hanno permesso di documentare l’eccezionale valore e interesse della sua flora e della sua fauna di Invertebrati e Vertebrati.
Per esempio, le raffleysiacee (piante arcaiche, giunte fino a noi dopo un cammino evolutivo durato milioni di anni, vestigia della lussureggiante foresta dell’epoca Terziaria) sono rappresentate nel Mediterraneo con la specie Cytinus hypocistis, che parassitizza gli steli e le radici delle varie specie di cisti. In Toscana è uno spettacolo ammirare questa vistosa pianta, che fiorisce in aprile-maggio. La quale, pur con le sue modeste dimensioni (fino a 10 centimetri), spicca per la sua presenza nel cuore della macchia che la sovrasta, grazie alle fiammeggianti chiazze di colore scarlatto, motivo di sorprendente bellezza e ornamentalità. A titolo di paragone, la Raffleysia, della omonima famiglia, è un conturbante vegetale privo di clorofilla parassita dei cisti, con un fiore gigantesco di colore rosso-sangue con un diametro di un metro e del peso di oltre dieci chili! Esso popola la foresta tropicale a Sumatra e nel Borneo (Asia sud-orientale).
Un manto vegetale, particolarmente diversificato e articolato, alberga una fauna altrettanto ricca, specialmente per quanto attiene gli insetti. Dei soli Coleotteri, sono state censite oltre 500 specie, annoveranti anche autentiche rarità, uniche per la loro storia evolutiva e per la loro unicità geografica (specie endemiche). Innanzitutto, vi vive una delle più belle e vistose farfalle diurne europee: il Pascià con lunghe code (Charaxes jasius) unico rappresentante di un genere tropicale, il cui bruco si ciba esclusivamente delle foglie del corbézzolo (Arbutus unedo), emblematico della macchia mediterranea. Inoltre, tra i Coleotteri il Còpride Ceratophyus fischeri infeudato alle deiezioni dei buoi maremmani, che assicurano l’alimentazione delle sue larve. E il rutilante Cetonide Potosia königi, che si ciba dei dolciastri essudati del Leccio (Quercus ilex), e le cui larve sono ghiotte del legno marcescente ricco di micro-funghi.
Infine, un’eccezionale fauna di micro-coleotteri popola la lettiera alla base della macchia, (la fabbrica dell’humus), documentando la storia millenaria della foresta in questi territori dell’Italia peninsulare. Organismi poco mobili che hanno scandito attraverso i millenni l’affermarsi di una fauna relitta (paleo-endemica) le cui origini si trovano nella foresta dell’epoca Terziaria, quando andava configurandosi l’assetto territoriale della futura Penisola italica.
Tra i vertebrati, di notevole interesse faunistico sono da segnalare: l’Istrice grande fino a 70 centimetri, i cui aculei (peli modificati) possono raggiungere 30 centimetri, animale emblematico del Parco dell’Uccellina, e il tasso. Entrambi notturni e furtivi abitanti della «macchia».
La primavera è alle porte. Il Parco dell’Uccellina, ci attende per un appagante safari fotografico e naturalistico, con tutto il suo esuberante splendore di colori, di luci e di profumi. Qui sembra di entrare in una fornita erboristeria.