La vita spericolata di Augusto Rossi, detto «Ul Pepèna», è ricca di mirabolanti imprese che, a metà del secolo scorso, gli diedero fama d’essere «la più grande gloria sportiva del Ticino».
Figlio di un artigiano che costruiva e riparava organi verticali (pepèna in dialetto), Augusto Rossi non fu mai avaro di dettagli nel raccontare le sue avventure sportive, che anticipavano di un secolo spericolatezze che oggi troveremmo nel canale YouTube di Red Bull; tuttavia, con l’abilità sorniona di chi sapeva quali informazioni omettere per trasformare una vita in leggenda, taceva su quei dettagli che lo avrebbero ricondotto nel novero delle persone comuni. Sappiamo che morì il 27 agosto 1975, all’incirca novantenne, ma la data di nascita precisa – probabilmente il 1886 – è ignota. Il 9 settembre 1923 compì la sua più grande impresa: a Parigi, al Bois de Boulogne, nel viale delle Acacias, vinse la gara del chilometro lanciato, conseguendo il primato francese e quello mondiale alla velocità di 153,55 km/h – ma come raggiunse Parigi, in quell’estate del ’23, che le cronache ricordano torrida? Non, certo, con la sua Motosacoche, adatta solo per le corse. Forse in treno, mezzo con cui – ricorda lo stesso Rossi in un’intervista radiofonica del 1957 – «Ul Pepèna» usava per recarsi in Italia per sfidare Tazio Nuvolari e Biagio Nazzaro. Chi l’aveva aiutato a compiere la trasferta?
Nell’anno del chilometro lanciato, Augusto Rossi conquistò nove vittorie e stabilì altrettanti primati. L’anno precedente aveva già ottenuto ben ventiquattro primati di velocità in Italia, Belgio e Svizzera. Nel 1924 abbandonò le corse, dopo aver gareggiato senza interruzione per quattordici anni, durante i quali disputò sessantatrè corse, vincendone quarantasei.
Nelle pagine del portale di storia partecipativa «lanostraStoria.ch» è ora disponibile una ricca collezione di documenti dedicati ad Augusto Rossi. Si distinguono in particolare due dossier realizzati rispettivamente da Anna Vassalli e dalla RSI. Il primo raccoglie la più vasta documentazione iconografica disponibile online di Augusto Rossi. Sono tutte immagini degli anni Venti. Alcune lo ritraggono piegato sulla sua «macchina» affrontare le curve che portano al paese di Brè. In altre lo si vede festeggiare con altri piloti. Nel 1919 è con amici motociclisti sul Lucomagno, forse gli stessi, con cui lo si vede gozzovigliare in altre foto. Nel frattempo, il celebre costruttore ginevrino di moto faceva stampare di anno in anno cartoline che, su un lato, ritraevano sorridente il pilota luganese, mentre sull’altro elencavano le nuove vittorie «remportées par Augusto Rossi avec machine Motosacoche» – cartoline anch’esse disponibili su «lanostraStoria.ch».
I documenti più interessanti del dossier della RSI sono senz’altro le tre interviste audio del 1957. Recandosi in Via Lavizzari a Lugano dove abitava Rossi, fu Vinicio Beretta ad intervistare il pilota. Parlando un po’ in dialetto, un po’ in italiano, ma con espressioni tecniche anche in francese, «Ul Pepèna» racconta la sua vita spericolata. Se la prima parte dell’intervista è pressoché tutta dedicata ad una giovinezza luganese ostentatamente sprezzante del pericolo (dall’acrobazia sul ponte del Tassino alla scalata del Generoso in moto sulla mulattiera), la seconda parte proietta Rossi nella dimensione delle corse internazionali. Il pilota inizia a parlare dei suoi primati mondiali nella gara del chilometro lanciato (prima a Treviso, poi ad Anversa, quindi a Parigi), ma poi la sua memoria spicca il volo e va a due straordinari personaggi del motociclismo italiano: Tazio Nuvolari e Biagio Nazzaro. «Ul Pepèna» fu amico e insieme avversario di entrambi, dei quali ricorda la grande lealtà, in particolare nei momenti in cui questi piloti si dovevano anche cimentare nel ruolo di meccanici.
Se l’unica intervista in video della RSI è di dieci anni dopo, il dossier pubblica anche due estratti di video amatoriali degli anni Venti l’uno e di un triennio successivo il secondo. Rossi – ormai lontano dalle corse – vi è ritratto in situazioni diverse: con gli amici in Piazza della Riforma nel primo, in crociera a Napoli nel secondo. Complice la rottura con il costruttore Motosacoche, furono soprattutto le pressioni della madre, che vedeva tanti piloti morire accanto al figlio, ad indurlo ad interrompere le competizioni. D’altronde, disse al microfono di Vinicio Beretta, gli sembrava di non aver più stimoli: più volte primatista del mondo, pressoché sempre vincitore, aveva l’impressione di non aver più scopi. Ormai, non gli restava che lasciar trasformare la sua vita in leggenda.