La Generazione Z e il femminismo

Il caffè delle mamme – La giovani femministe lottano contro ogni forma di oppressione e violenza
/ 11.10.2021
di Simona Ravizza

Per la Generazione Z, ossia quella delle nate tra il ’95 e il 2010 a cui appartengono anche le adolescenti di oggi, il femminismo ha ancora motivo d’essere? La domanda si impone a Il caffè delle mamme nel perenne tentativo di capire meglio, e senza mai giudicare, che cos’hanno in testa le nuove giovani donne del futuro che sono le nostre figlie. È il motivo per cui questo mese abbiamo invitato a fare una chiacchierata con noi Jennifer Guerra, classe 1995, giornalista e scrittrice: a 26 anni, autrice del podcast AntiCorpi e dei saggi Il corpo elettrico (ed. Tlon, 2020) e Il capitale amoroso (ed. Bompiani, 2021), è una delle più brillanti voci femministe della sua generazione.

Le lotte per il diritto di voto caratterizzano la prima ondata di femminismo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Sessualità, gravidanza e maternità sono i temi che contraddistinguono la seconda, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta. La terza (’90-2010) è all’insegna dell’individualismo. A tal proposito ne Il corpo elettrico Guerra scrive: «Siamo volute diventare come gli uomini. Siamo cadute nella trappola separatoria che vuole le donne da una parte e gli uomini dall’altra, come su due binari paralleli destinati a non incontrarsi mai. È stato un errore di calcolo. Abbiamo pensato che se avessimo cominciato a comportarci come gli uomini ci saremmo finalmente liberate. Il nostro personale è diventato un soddisfacimento egoistico di tutto ciò che abbiamo desiderato e non abbiamo mai avuto, contrariamente a quello che hanno avuto i nostri fratelli, i nostri amici o i nostri compagni. Ma questa differenza sessuale non basta a renderci più unite, più forti, più consapevoli. Anzi, serve solo a separarci. Separarci dagli uomini e separarci tra di noi». La convinzione è che noi nonne e mamme, nell’illusione di potere diventare uguali agli uomini, abbiamo fatto un casino! «I maschi di qua, le femmine – quelle speciali – di là – sottolinea Guerra –. Abbiamo sfruttato la differenza per ergerci su un piedistallo che ci eguagliasse agli uomini, pur volendo mantenere due categorie ben separate e distinte. (...) L’uguaglianza, a differenza della parità, rischia di appiattire ogni differenza e, quindi, di cancellare ogni soggettività. Ogni corpo è diverso ed è nella diversità che risiede la nostra forza. Dovrebbe esserci chiaro che non si eliminano gli stereotipi di genere che affliggono la donna imponendole quelli dell’uomo».

Le considerazioni di Guerra ci portano dritte dritte dentro la quarta ondata di femminismo, e ci fanno riflettere su un approccio nuovo. Con sensibilità che, ci diciamo al Caffè, ritroviamo anche nelle nostre figlie, almeno per come le vediamo noi. L’attenzione della Generazione Z è innanzitutto sulla violenza di genere. Non è un caso che nella seconda stagione di Sex Education, la serie Netflix creata dalla 30enne inglese Laurie Nunn e con protagonista l’adolescente Otis alle prese con i problemi sessuali suoi e dei coetanei, un episodio (il settimo) sia dedicato proprio alle molestie. È ispirato a un fatto realmente accaduto a Nunn: un uomo che si masturba addosso alla studentessa adolescente mentre è sul bus verso la scuola. In Aimee, un’amica di Otis la cui storia è al centro della puntata, la consapevolezza di essere stata molestata si sviluppa in modo graduale: l’impatto di quanto avvenuto inizialmente viene sottovalutato, poi piano piano matura la certezza di aver subito un trauma e di veder minata la propria serenità, la sicurezza personale e la sfera delle proprie relazioni per via di quella violenza. L’importanza di parlarne e di denunciare, con i propri tempi e modi, l’accaduto è un messaggio importante che si contrappone a una cultura maschilista che ritiene ammissibili certi comportamenti. «L’attenzione non voluta di tipo sessuale negli spazi pubblici è così comune nell’esperienza femminile che sembra quasi un rito di passaggio ed è una realtà devastante – sottolinea su Instagram Nunn –. All’inizio ha fatto un po’ di paura parlare apertamente di questo argomento, ma condividere la propria esperienza è catartico». La condanna del catcalling, ossia le molestie verbali rivolte alle ragazze incontrate per strada, è un’altra esigenza fortemente sentita dalla Generazione Z. Così come quella di considerare riprovevole il body shaming, la derisione di una persona per il suo aspetto fisico. Sono battaglie spesso portate avanti sui social, che le giovanissime utilizzano per fare rete.

Ma la parola d’ordine del femminismo della Generazione Z è anche intersezionalità: come ben evidenziato da Biancamaria Furci e Alessandra Vescio nel nuovo saggio Anche questo è femminismo (Bossy, 2021), «l’incrocio tra le discriminazioni e gli effetti che queste hanno sulle persone impone al femminismo di occuparsi di tutte le emarginazioni e di lottare contro ogni forma di oppressione. Dall’importanza della giustizia climatica alle disuguaglianze sociali; dall’abilismo (la discriminazione dei disabili) al fat shaming (la derisione delle persone grasse); dall’omolesbobitransfobia alla mascolinità tossica». La convinzione è che solo uno sguardo d’insieme possa realmente cambiare la società in cui viviamo. Alle quote rosa la Generazione Z preferisce la meritocrazia, piuttosto che la celebrazione del ruolo pubblico delle donne apprezza il coinvolgimento nella battaglia dei maschi, alla contrapposizione predilige l’inclusione. E, scherza Guerra, «visto che la variante rosa del rasoio, fa schizzare il suo prezzo, tutte noi sappiamo benissimo che è meglio comprare le lamette da barba!». È un femminismo che non vuole più considerarsi superiore all’estetica: «Non basta smettere di depilarsi per aver vinto contro il patriarcato: bisogna far sì che ogni donna si senta libera di depilarsi o meno e che non si senta giudicata per la presenza né tantomeno per l’assenza di peli. Fa più una femminista che posta una foto di un’ascella non depilata o una femminista fresca di ceretta che partecipa a una marcia per la protezione dei diritti delle donne? Prendersi cura di sé non è un crimine o una colpa. Ce ne trasciniamo dietro già abbastanza».

In questo quadro a Il Caffè delle mamme non resta che aggiungere un augurio alle nostre figlie: quello di non diventare giovani donne troppo aggressive nei confronti dei maschi e, forse, persino di non spaventarli troppo. Probabilmente, ci diciamo, non è una considerazione molto femminista. Perdono! Di certo, e meno male, le adolescenti di oggi non saranno più Cenerentole che avranno bisogno di essere salvate dal Principe Azzurro. Ma in ogni caso trovare il proprio Principe Azzurro (di qualsiasi sesso sia) è sempre bello!