La forza vitale della persuasione

Comunicazione – Perché sentiamo il bisogno di rendere partecipi gli altri delle nostre valutazioni, sensazioni o emozioni?
/ 27.06.2022
di Massimo Negrotti

Parlando di comunicazione linguistica fra esseri umani è necessario, prima di tutto, distinguere due livelli. Il primo, molto frequente nella vita quotidiana, che possiamo definire comunicazione funzionale, è costituito dallo scambio di pura informazione come quando chiediamo «a che ora parte il prossimo treno per Milano?» oppure «oggi ho 38 gradi di febbre». Il secondo, meno frequente ma più coinvolgente, è invece costituito dallo scambio di valutazioni, sensazioni o emozioni e può essere definito come comunicazione esistenziale. Esempi di questo tipo di comunicazione possono essere frasi come «sento che oggi sarà una giornata felice», oppure «la musica di Mozart in me genera serenità». Di solito siamo inclini a definire frasi di questo tenore come «espressioni», cioè come il risultato della nostra naturale attitudine a «premere fuori» – questa è l’etimologia del verbo in questione – stati che sono dentro di noi. Ma, essendo dentro di noi e dunque a noi ben noti, perché sentiamo il bisogno di comunicarli, ossia, come vuole anche qui l’etimo, «renderli comuni»? 

La risposta può essere molteplice, ma al fondo sussiste sicuramente un bisogno altrettanto naturale: l’aspirazione a non sentirsi soli e, non raramente, persino a espandere la propria personalità su quella altrui, contando sulla possibilità che le nostre valutazioni, grazie alla nostra abilità espressiva, producano l’accordo dell’altro. Una verifica che, ovviamente, può non portare a un immediato successo ed è per questo che cerchiamo di arricchire ogni espressione con elementi linguistici, come aggettivi, avverbi e così via, che, a nostro parere, siano capaci di aumentare la probabilità di penetrare nell’animo altrui portandolo a vedere le cose come le vediamo noi, cioè di persuadere. Tutto questo vale anche nel mondo della retorica, diciamo così, professionale come quella cui si riferisce Cicerone, o in quella della pubblicità e più ancora della propaganda poiché tutte queste attività mirano a far prevalere un punto di vista rispetto a ogni altro che viene eluso, persino declassato oppure nascosto. Ma la radice comune sta nel fatto che, a ben vedere, ogni forma di comunicazione esistenziale è intrinsecamente un tentativo di persuasione.

Marshall McLuhan sosteneva che nella comunicazione il vero messaggio sarebbe il mezzo adottato, riducendo dunque l’efficacia della comunicazione, ossia la persuasione, alla gradevolezza – tecnologica o stilistica – della confezione entro la quale viene proposta. Tuttavia, il bisogno naturale di cui stiamo parlando, non si lascia facilmente distrarre e permane in tutta la sua forza. Non a caso un altro studioso, Paul Lazarsfeld, con la sua teoria del two-step flow, ha posto di nuovo l’accento, in tema di persuasione, sui soggetti che comunicano in quanto persone e, in particolare, soggetti dotati di diversa padronanza delle conoscenze: da una parte gruppi di persone preparate solo genericamente e, dall’altra, persone più accuratamente informate definite come opinion leader o influencer.

Queste considerazioni possono valere guardando alla comunicazione pubblica in fatto di orientamenti politici o commerciali, ma la comunicazione esistenziale, soprattutto quando si svolge privatamente, pone in essere una dinamica nella quale ciò che affiora e che conta è l’effettivo potenziale di persuasività che, al di là della forma, viene veicolato dall’espressione. Fenomeni come l’emozione o la commozione e, più in generale, come l’empatia stanno alla base della comunicazione esistenziale ed è per questo che, in questo genere di relazioni, gli interlocutori fanno spesso uso di forme linguistiche deliberatamente orientate a mettere in mostra i sentimenti o i bisogni più profondi. È ciò che accade, per esempio, quando un genitore si rivolge al figlio, che desse qualche preoccupazione, portando ad esempio la propria vita passata, i valori vitali ai quali si è ispirato e le sofferenze o i sacrifici che ha dovuto accettare.

In definitiva, la comunicazione funzionale non pone al suo centro alcuna finalità persuasiva poiché sul piano della pura informazione è quasi sempre facile convincerci che le cose stanno in un certo modo oppure in un altro. Al contrario, la comunicazione esistenziale, proprio perché punta alla condivisione di stati soggettivi più profondi, include sempre un fine persuasivo perché il suo scopo è quello di indurre nell’altro la visione di un «paesaggio» mentale simile a quello di chi si esprime.

In effetti, quando questa operazione si scontra con una visione altrui del tutto diversa o magari opposta alla propria, il soggetto si trova in quella che gli psicologi chiamano una dissonanza cognitiva. Attraverso di essa si potrà fare strada l’ombra della solitudine o quella, sostanzialmente identica, dell’incomunicabilità. È per evitare tutto ciò che la comunicazione esistenziale finisce spesso per dar luogo a discussioni di intensità proporzionale alla rilevanza che i comunicanti attribuiscono all’oggetto della comunicazione stessa. Quando però si constata l’inutilità di proseguire la diatriba, si finisce con la ricerca, da parte di ognuno dei due, di altri soggetti che si mostrino in grado di capire e condividere il proprio punto di vista. È quel che accade, quasi sempre, nelle discussioni in tema di politica poiché esse sono in grado, più di altre, di trascinare, nelle argomentazioni, premesse, concezioni dell’uomo e della storia e principi, sia impliciti sia espliciti, che i soggetti portano con sé stessi da tutta una vita. Di conseguenza, essi non sono facilmente disposti a rinunciarvi, se non di fronte ad eventi oggettivi sconvolgenti i quali, in quanto tali, si mostrino molto più persuasivi di quanto lo siano i meandri argomentativi, sempre aggirabili, dell’interlocutore.

Si può dunque concludere che la persuasione sta al fondo di ogni nostra comunicazione che non sia puramente funzionale e quindi meramente pragmatica, secondo una varia casistica di intensità e di consapevolezza, ma tesa invariabilmente a costruire e ricostruire un mondo di relazioni sociali nel quale riflettere e confermare i tratti della nostra interiorità.