Il trasporto delle merci su ferrovia svolge in Svizzera un ruolo rilevante. Nel complesso la sua quota di mercato ha sfiorato nel 2020 il 37% a fronte del 63% assunto dal trasporto su strada. In nessun Paese europeo la posizione della ferrovia è così forte. La sua evoluzione a partire dal 1980 è tuttavia al ribasso. Cosa sta succedendo? Per capirlo meglio occorre distinguere tra i diversi generi di trasporto: quello in transito tra il nord Europa e l’Italia, quello interno tra le diverse regioni del nostro Paese e quello legato alle importazioni e alle esportazioni con l’estero.
Sul fronte del transito il ruolo della ferrovia è dominante e in ascesa da oltre un decennio; nel 2021 il 75% del volume trasportato attraverso le Alpi ha infatti scelto la rotaia invece della strada. Carichi elevati su treni completi a lunga distanza le consentono di offrire prestazioni competitive, rafforzate recentemente dalla nuova trasversale alpina al San Gottardo e dall’apertura del corridoio per il traffico dei semirimorchi con altezza laterale fino a 4 metri. Inoltre il trasporto in transito è sostenuto fino al 2030 da contributi pubblici decisi nell’ambito della politica di trasferimento del traffico.
Per i trasporti interni e quelli legati all’import-export il quadro è ben diverso. Sulle brevi e medie distanze l’offerta stradale risulta più flessibile, rapida e capillare; quella ferroviaria opera invece in modo più rigido e risulta economicamente efficiente solo se i volumi da movimentare sono consistenti. Per questo genere di trasporto la quota di mercato della rotaia si aggira così attorno al 20%. Oggi in questo campo le FFS offrono due tipi di servizio: il trasporto combinato, che veicola sui cosiddetti «treni-blocco» container, casse mobili e semirimorchi, oppure il trasporto con i tradizionali carri completi. Quest’ultimo servizio fa capo a sua volta a «treni-blocco» da origine a destinazione oppure, deve provvedere alla movimentazione di singoli carri attraverso i binari di raccordo di cui dispongono molte aziende oppure attraverso punti di raccolta presso una rete di stazioni. I carri vengono assemblati nei centri di smistamento per essere indirizzati verso la loro destinazione finale, dove l’operazione di distribuzione ai diversi recapiti si ripete scomponendo i treni in piccoli invii. Nel 2019 i carri trattati in questa modalità erano circa il 60% del totale.
A partire dall’inizio degli anni ’70 del secolo scorso il trasporto merci in generale ha conosciuto grossi problemi finanziari. Quello in transito, fino ad allora redditizio, si è visto ridurre drasticamente i margini di profitto dalla concorrenza stradale. Il trasporto interno e quello legato all’import-export si è vieppiù confrontato con le cifre rosse. Ottemperare all’obiettivo strategico assegnato alle FFS dalla Confederazione, ossia una gestione votata alla copertura integrale dei costi, si è rivelata una sfida estremamente difficile. A più riprese si sono attuate riorganizzazioni aziendali, vi sono state aperture a collaborazioni con i trasportatori privati, si sono registrati rapidi avvicendamenti di dirigenti e si sono operate riduzioni dell’offerta. Il problema non è stato tuttavia risolto. Ora la situazione si avvicina alla crisi, tanto che il Consiglio federale, rispondendo con un recente Rapporto a un postulato parlamentare, ha prospettato la necessità di una decisione di fondo sul futuro del servizio a carri completi isolati. Ha così valutato due possibili orientamenti: l’abbandono dell’intero settore dei carri gestiti in modalità isolata per concentrarsi sul traffico con treni completi oppure il suo mantenimento attraverso l’indennizzo di alcune prestazioni rispettivamente la concessione di contributi per investimenti a sostegno di innovazioni tecnologiche per migliorare la produttività. Di rilievo è in questo senso l’introduzione dell’aggancio automatico dei vagoni abbinato all’automazione della disposizione dei treni e della sorveglianza degli invii.
Il Governo ha ora deciso di avviare una consultazione e ha incaricato il Dipartimento competente di elaborare un documento in cui figurino due indirizzi strategici di fondo: l’uno che assegna la priorità all’equilibrio finanziario e l’altro orientato all’ammodernamento del settore attraverso il sostegno finanziario della Confederazione. Risulterà centrale la ponderazione tra i costi del nuovo servizio di interesse pubblico, che dal Rapporto, pur se ancora incompleti e da approfondire, sembrerebbero situarsi attorno ai 100 milioni di franchi all’anno, e i vantaggi. Si tratta essenzialmente del contributo al raggiungimento degli obiettivi della politica climatica ed energetica e della salvaguardia della funzionalità e sicurezza della rete stradale, in parecchi tronchi già satura o minacciata di diventarlo, che altrimenti sarebbe sottoposta a un nuovo traffico pesante. Il Parlamento dibatterà la proposta verosimilmente nel 2023.