(Scuola Parkour)

La corretta via del parkour

Disciplina sportiva - Kevin Delcò spiega la filosofia di un’attività giovanile che ha poco da spartire con i video di youtube, ma molto da dare anche a livello agonistico
/ 28.09.2020
di Guido Grilli

Su Youtube li si può veder volare nei loro vertiginosi salti da un palazzo all’altro con, sotto, l’assoluto vuoto. Acrobazie, superamento di ostacoli architettonici, scalinate, ringhiere. È questa la versione proibita, «decisamente da evitare», di parkour. Poi, vi è invece la disciplina sportiva vera e propria, affermatasi internazionalmente lo scorso anno, con una sua precisa filosofia ed etica e che l’anno prossimo in Giappone conoscerà il suo primo campionato del mondo a squadre. Due diverse concezioni di praticare questa singolare attività atletica, che in Ticino annovera, per ognuna delle varianti, un migliaio di adepti. 

Kevin Delcò, 30 anni, bellinzonese, tra i primi in Ticino ad essersi appassionato di parkour e uno dei maggiori cultori – appartiene alla nazionale svizzera che nel 2021 avrà l’onore di disputare i mondiali a Hiroshima - ci guida nell’universo di questa attività atletica. Monitore di una delle diverse scuole presenti nel Cantone, «Scuola Parkour», aperta nel 2014 e che propone corsi in palestra a Lugano, Bellinzona e Locarno, annovera un centinaio di allievi, giovani dai 7 ai 14 anni. 

Come si può definire questa singolare attività?
Il parkour è diventato a tutti gli effetti una disciplina sportiva a livello federale lo scorso marzo, grazie alla Federazione internazionale di ginnastica (Fig) che l’ha integrata come sua ottava disciplina. Lo scorso aprile a Hiroshima avrebbero dovuto svolgersi i mondiali, rinviati a causa della pandemia all’anno prossimo, in data ancora da stabilire. Il parkour è stato concepito sin dalle sue origini a scopo di necessità: andrebbe infatti utilizzato soltanto se la tua vita è in pericolo. Questa è in sintesi la sua filosofia. Poi, nel tempo, in molti hanno iniziato a realizzare video su Youtube delle loro performance: saltare dai tetti per dimostrazione e per sfida. Un modo di intendere il parkour che si allontana dalla filosofia del suo fondatore, il francese David Belle, che ha creato questa disciplina nel 2008. Io ho iniziato a praticare parkour in quello stesso anno, in cui è stata sancita la sua nascita. Ma già nel 2006, d’istinto, mi cimentavo in questa attività con gli amici, ci trovavamo ogni week end e ogni mercoledì pomeriggio. Amavamo saltare gli ostacoli.

L’attività poi è dunque diventata seria.
Nel 2014, visto che era uno sport abbastanza rischioso dal momento che veniva svolto all’esterno, sul cemento, ho pensato di dare l’opportunità a molti ragazzi di effettuare parkour in tutta sicurezza e così ho aperto la scuola. La prima sede è stata a Gorduno, con una cinquantina di iscritti, ragazzi dagli 8 ai 14 anni, che ho poi suddiviso in due categorie, la prima dai 7 ai 10 e la seconda dagli 11 anni in su, con un allenamento settimanale. Poi ha preso piede, e ora ho due sedi a Lugano, due a Locarno e due a Bellinzona, riaperte da questo mese di settembre dopo la chiusura imposta dalla pandemia lo scorso marzo.

Abbastanza per farne un mestiere?
La mia professione principale è quella di fotografo, ho uno studio di fotografia e video. Posso comunque dire che il parkour è la mia seconda attività preponderante.

Per svolgerla «ci vuole un fisico bestiale», come canta Luca Carboni? 

No, in realtà non devi avere i muscoli, ma imparare a muoverti in modo giusto e ad allenare la tecnica e il fiato.

Quanto ore vanno dedicate al parkour? 
Io mi alleno ogni tanto con i bambini e i ragazzi, durante i corsi, altrimenti individualmente un’ora al giorno. All’esterno continuo poi una mia specialità, percorrere gli scalini sulle mani, che nel 2014 in Cina mi è valso il Guinness.

In arte, si chiama Kevin Minds. Un preciso significato, che la traduzione dall’inglese restituisce in «menti». 
Esatto. Infatti, il parkour richiede soprattutto testa, mente.

Occorre un diploma per impartire lezioni di parkour in palestra? 
Un G+S in questa disciplina non esiste. Comunque io ho conseguito il G+S Sport per bambini, estremamente utile per sapere come comportarsi con questa fascia di età e per sapere come disporre gli attrezzi in sicurezza.

Per chi non lo conosce a fondo, parkour, all’apparenza sembrerebbe uno di quegli sport a rischio e pericolosi. È così? 
La mia scuola ha adottato precise regole. Chi dei miei allievi non le rispetta – ma finora non è mai accaduto – viene espulso. All’esterno non sono ammessi salti, esibizioni o prove di bravura, se non con il consenso dei genitori dei ragazzi; oltretutto chi si prodiga in evoluzioni nelle zone private rischia una denuncia dai proprietari per violazione di domicilio. La mia vuole essere un’etica, una filosofia, alla pari di quanto avviene in altre discipline, come la kickbox o le arti marziali, che non vanno assolutamente utilizzate al di fuori della palestra. Parkour significa anche compiere un’attività secondo le proprie capacità, sfruttando una miriade di tecniche, da quelle per incanalare le giuste energie a quelle per ottenere maggiore spinta. Il parkour richiede soprattutto la conoscenza di sé: si svolgono movimenti in base alle proprie capacità e al proprio corpo. Non occorre, per intenderci, essere palestrati. È uno sport adatto a tutti.  

Ma in Ticino esistono gare o competizioni di parkour? 
Finora no. Se ne svolgono invece in Svizzera interna, in Italia, Francia, Germania, e un po’ dappertutto in Europa. Il contest di Parkour, in realtà – molti confondono – non contempla salti mortali, ma semplicemente prevede una partenza da un punto A e l’arrivo a un punto B nel minor tempo possibile e nel modo più efficace. Esistono molte tecniche, tra cui la «rotolata» che consiste in una «caduta« per caricare o sfruttare l’energia che si accumula durante un salto. In diverse realtà europee esistono vere e proprie palestre omologate per il parkour. Nelle palestre scolastiche che affitto per gli allenamenti con i ragazzi sono invece io a dover ogni volta costruire dei percorsi, servendomi degli attrezzi da ginnastica.

Come si svolge un allenamento tipo? 
Innanzitutto all’inizio dell’allenamento, della durata complessiva di un’ora e mezzo, tutti aiutano a portare fuori e a disporre gli attrezzi e gli ostacoli. Poi ci sono la corsa e lo stretching. A inizio stagione si svolgono in particolare gli esercizi per imparare a cadere, poi, man mano, a superare i diversi tipi di ostacolo e, più avanti ancora, si svolgono le «speedrun», gare di velocità. Personalmente possiedo un preciso programma che si sviluppa sull’intero anno, affinché gli allievi raggiungano un preciso livello e obiettivi.

Qual è l’etimologia di parkour? 
Il nome deriva da «parcour», con la «c», che significa percorso. Per renderlo un nome internazionale, la «c» è stata sostituita con la «k». Opera del fondatore, David Belle, che fra l’altro dovrei poter conoscere di persona ai prossimi mondiali in Giappone.

E ora nell’orizzonte, oltre al suo impegno di monitore, c’è quello agonistico, più precisamente un mondiale. 
Esatto. Siamo quattro i convocati, due per ogni categoria. La mia è la «speedrun», che rappresenta il parkour vero e proprio, che consiste nella sfida da un punto A a un punto B nel minor tempo. C’è poi il «freestyle» che in realtà si tratta di «freerun», di corsa libera e contempla i salti mortali. In questa categoria si viene giudicati un po’ come avviene per lo sci o lo snowboard acrobatici, ossia in base a tecnica, difficoltà, fluidità e creatività. 

Insomma, a breve il parkour si appresta a conoscere i riflettori internazionali.