L’emergenza generata dal coronavirus è ormai entrata in una seconda fase, con un incedere per il momento più moderato della pandemia. Un’evoluzione che ha portato il Consiglio di Stato ticinese a decretare la fine dello «stato di necessità» e anche a modificare le proprie modalità comunicative. Le conferenze stampa e, più in generale, la comunicazione sul tema, sono infatti affidate ora al Servizio dell’informazione e della comunicazione del Consiglio di Stato (SIC) e non più, come è accaduto a partire dal mese di marzo, al servizio stampa della polizia cantonale, cosa a ben guardare piuttosto strana. È come se le conferenze stampa del Consiglio federale fossero affidate alla polizia federale e non alla Cancelleria, come è invece sempre stato il caso, anche nella fase più delicata dell’emergenza sanitaria che stiamo attraversando.
Ma come mai in Ticino la comunicazione governativa è stata per diversi mesi affidata agli addetti stampa della polizia, anche quando il Consiglio di Stato si è presentato in corpore davanti al Paese? «Non è così, – ci risponde il Presidente del Consiglio di Stato, Norman Gobbi – in caso di crisi la comunicazione è affidata a una cellula appositamente contemplata dall’organizzazione dello Stato Maggiore Cantonale di Condotta (SMCC). In tale cellula lavorano sì i collaboratori del servizio stampa della polizia, ma pure i collaboratori dei singoli Dipartimenti e del SIC. Nel caso specifico di questa crisi sanitaria, il SIC ha fornito supporto al Consiglio di Stato e alla cellula di comunicazione a livello di strategia e pianificazione. In questo senso un lavoro forse poco visibile pubblicamente, ma continuo e costante durante tutte le fasi della crisi. Chi ha seguito le conferenze stampa ha sicuramente notato Oliver Broggini – che lavora proprio per il SIC – condurre diversi infopoint, mentre Ivan Vanolli – anche lui attivo presso il SIC – è rimasto nell’ombra ma sempre presente e attivo a supporto della cellula. Questi compiti sono stati svolti in costante contatto con il responsabile della cellula, Renato Pizolli, e i suoi membri tra cui anche alcuni colleghi della RSI, grazie a una speciale convenzione siglata con la SSR».
Una convenzione e una collaborazione con la RSI che ha generato una serie di interrogativi e di polemiche, visto che i giornalisti in questione – sette in tutto – hanno avuto una sorta di doppio ruolo. Da una parte hanno prestato servizio – in seno alla protezione civile – proprio in favore della cellula di comunicazione dello Stato, e dall’altra sono a turno rientrati nelle loro rispettive redazioni, continuando a lavorare come giornalisti. Da più parti – anche dall’interno della RSI – è giunta pertanto la richiesta di perlomeno rivedere questa modalità di collaborazione con le autorità cantonali. Si tratta di un accordo – questo va comunque ricordato – siglato e immaginato per periodi di emergenza puntuali e molto più brevi di quanto non sia stata finora questa pandemia.
In attesa di capire se e come la RSI modificherà il suo apporto in caso di crisi rimangono comunque anche altri interrogativi aperti, uno riguarda proprio il SIC, il Servizio dell’informazione e della comunicazione del governo. Come mai questo servizio – pur avendo quattro collaboratori – ha avuto un ruolo piuttosto marginale nella comunicazione del governo ticinese nel corso dell’emergenza da coronavirus? «Come detto il SIC ha partecipato attivamente ai lavori della cellula comunicazione dello Stato maggiore di condotta, con un ruolo di raccordo tra lo stesso SMCC, il Consiglio di Stato e i Dipartimenti – ci dice ancora Norman Gobbi – in tempi “normali” il SIC coordina l’attività informativa e di comunicazione con i dipartimenti, sviluppando processi e nuovi strumenti di comunicazione (come, ad esempio, i social media, i video informativi, le infografiche, ecc.), rimanendo il responsabile unico della comunicazione sulle decisioni governative. Il SIC dispone di quattro collaboratori: due al 100% dedicati alla comunicazione del Consiglio di Stato, un collaboratore al 50% dedicato in particolare al progetto OltreconfiniTi e Estage, e una grafica e fotografa al 50%».
Resta il fatto che a livello federale, e non solo nel periodo della pandemia, le conferenze stampa del governo e l’insieme della sua comunicazione sono organizzati dalla Cancelleria della Confederazione, in particolare dal vice-cancelliere André Simonazzi. Non potrebbe essere questo – Norman Gobbi – un modello anche per il Ticino? «L’esperienza di questi ultimi anni ha permesso di trovare una buona sinergia tra l’attività del SIC e la comunicazione dei cinque Dipartimenti, con questi ultimi che fanno sempre riferimento al SIC non solo per gli aspetti strategici ma anche per quelli organizzativi delle conferenze stampa e dei comunicati stampa dipartimentali».
Va comunque ricordato che il SIC opera all’interno della Cancelleria dello Stato e che non esiste un vero e proprio portavoce del governo. Ogni Consigliere di Stato fa riferimento in questo ambito ai propri collaboratori. Non c’è il rischio che la comunicazione del Consiglio di Stato nel suo insieme ne possa risentire, per una mancanza di omogeneità, visto che ogni dipartimento in questo ambito si muove in modo autonomo? «Non mi sembra si possa correre questo rischio – replica Norman Gobbi – anche perché quasi sempre su punti importanti è il Presidente del Governo a presentarsi davanti ai giornalisti, dopo concertazione con i colleghi. Il Presidente e in generale il Governo possono in ogni momento avvalersi del supporto del SIC anche per quanto riguarda il coordinamento dell’informazione. L’organizzazione della comunicazione durante la crisi pandemica ci ha fatto vedere l’importanza di una comunicazione il più coordinata possibile. E proprio in questo senso che, come Governo, abbiamo già chiesto al SIC di mettere a frutto questa esperienza proponendo alcuni accorgimenti che possano contribuire a un miglior coordinamento».
Anche per questo motivo il Consiglio di Stato attualmente non si avvale di un responsabile della comunicazione governativa, esperienza iniziata ma quasi subito abbandonata una decina di anni fa. «In Ticino sia i media, sia i cittadini – sottolinea il Presidente del Consiglio di Stato – hanno un contatto molto diretto con i Consiglieri di Stato. Mi piace pensare di non aver bisogno di un portavoce per comunicare con i miei concittadini, sia come Consigliere di Stato, sia come Presidente del Governo».
Questo dimostra che i ministri ticinesi intendono gestire in prima persona la comunicazione con i cittadini. Le strutture comunicative hanno di fatto un compito di supporto come avvenuto anche nelle fasi più acute della crisi. Periodo che speriamo di non dover rivivere, per le sue conseguenze dal punto di vista sanitario ed economico. Dal punto di vista della comunicazione, speriamo e auspichiamo di non dover più confrontarci con conferenze stampa in assenza dei giornalisti, come accaduto nel periodo più critico della pandemia.