Siberia, un nome che evoca terre lontane, regno di freddi disumani, di tragiche prevaricazioni dell’uomo sull’uomo, luogo di esaltanti realizzazioni economiche. Ma, anche, palcoscenico per una Natura grandiosa con le dimensioni di un continente: 12 milioni e 800mila chilometri quadrati (oltre 300 volte la superficie della Svizzera). Su questa vastità, si passa dalla steppa alla foresta (la taigà), alla tundra, e alle gelide e disabitate solitudini rivierasche dell’oceano glaciale artico, sviluppandosi su 30 gradi di latitudine da sud verso nord. Questa è la Siberia.
Alla fine dell’Ottocento, il famoso esploratore e scienziato norvegese Fridtjof Nansen definiva la Siberia la terra del futuro («Ein Zukunftsland») per le sue immense ricchezze potenziali, certamente non presagendo l’epopea degli idrocarburi dei giorni nostri.
Tra il 1600 e la fine del 1800, gli squadroni cosacchi, con una marcia inarrestabile verso Oriente (na Vostok, in russo «ad est»), assicurarono agli Zar il dominio degli immensi territori ad Eest degli Urali, e che costituirono l’Oriente Russo fino a Vladivostok, sulle rive dell’oceano Pacifico. Anche l’Alaska divenne terra russa, venduta poi agli Stati Uniti per 6 milioni di dollari. Furono conquistati vasti territori, praticamente disabitati (fu calcolato che fossero abitati a quell’epoca da non più di 15mila persone: i paleo-asiatici di stirpe samoiedo-mongoloide). Territori ricchissimi di foreste, di selvaggina, di enormi risorse minerarie da sfruttare.
Dopo i soldati, seguirono i mercanti, attirati dalle favolose ricchezze di animali da pelliccia.
In questo fervore di avventurose vicende umane, non sempre a lieto fine, non potevano mancare i naturalisti-esploratori: zoologi, botanici, geologi, particolarmente onorati e finanziati dagli Zar dell’epoca. Questi, vedevano nella conoscenza delle risorse naturali dei loro nuovi domini, un motivato e concreto supporto pratico per lo sfruttamento delle cospicue ricchezze dell’Oriente russo. Tra questi avventurosi studiosi si distinse il berlinese Peter Simon Pallas, attivo durante la seconda metà del 1700. Nel corso di numerose e perigliose spedizioni in Siberia, scoprì una moltitudine di specie nuove per la scienza: animali e piante.
Novità inusitate, che dovettero suscitare il più vivo interesse nell’ambiente scientifico e culturale dell’epoca assicurando chiara fama allo scopritore, e anche ai suoi munifici e imperiali sostenitori e protettori. Tra gli insetti, Pallas scoprì nella regione del fiume Yenisei una nuova e vistosa coccinella, da lui denominata «axyridis» in quanto raccolta su una pianta della steppa (l’Axyris), e ne curò e pubblicò la descrizione in latino nel 1773. Il nuovo coleottero fu trovato successivamente anche in Manciuria, in Cina, in Corea e in Giappone.
Verso la fine dell’Ottocento, si scoprì (o, riscoprì) che diverse specie di coccinelle erano utili ausiliari per lottare contro le infestazioni dei pidocchi delle piante (Afidi), che arrecavano gravi danni alle colture. Ciò diede inizio alla lotta biologica, utilizzando, cioè, insetti contro altri insetti.
La lotta biologica è un artificio creato dall’uomo. Essa può ottenere risultati positivi quando si tenta di contrastare i danni provocati dai parassiti specifici delle colture. Di fatto la lotta biologica è stata progressivamente incentivata quando si è dimostrato palese il fatto che i pesticidi di sintesi avevano tre effetti collaterali altamente negativi, essendo: 1) nocivi per la salute umana; 2) deleteri per i suoli agricoli, a seguito dell’accumulo di sostanze tossiche e non biodegradabili entro tempi brevi; 3) provocanti una bio-resistenza attraverso la formazione di ceppi animali biologicamente refrattari ai trattamenti chimici.
Utile, ma non sempre. La lotta biologica può generare, talvolta, anche conseguenze negative difficilmente controllabili: quando l’insetto antagonista dei parassiti (Afidi) modifica il suo regime alimentare in tutto o in parte. Ed è ciò che è avvenuto (e sta avvenendo) con la coccinella «siberiana». Da alleata, si è trasformata in pericolosa antagonista delle coccinelle nostrane, delle quali divora le uova e le larve. È questo un’ulteriore conferma, una volta di più, che i programmi della Natura possono essere ben differenti da quelli auspicati dall’uomo.
Harmonia axyridis (è questo il suo attuale nome scientifico) è una creatura graziosamente colorata, di circa un centimetro di lunghezza, simile, quindi a quella della ben nota coccinella «nostrana» (Coccinella 7-punctata). È aggressiva, vorace, e dèdita al cannibalismo. Inoltre, è molto prolifica, in quanto può produrre anche 2-3 generazioni all’anno, che aumentano a dismisura l’entità delle sue popolazioni. Grazie anche alle favorevoli condizioni climatiche, che si evidenziano attraverso i progressivi aumenti termici alle latitudini settentrionali, è un fenomeno che provoca i conseguenti spostamenti, verso Nord, dei livelli della vegetazione e della fauna.
Nel 1905, la coccinella «siberiana» era importata nelle Hawaii e in California per la lotta contro gli Afidi degli Agrumi. Da allora, questo insetto, volontariamente per opera dell’uomo, involontariamente a causa dei traffici sempre più sviluppati, ha popolato tutto il Nord America, Canada compreso, affacciandosi all’Atlantico per un successivo balzo verso l’Europa. Nel 2000, fu importata in Olanda, ed essendo un ottimo volatore, numerose segnalazioni posteriori accertarono la sua presenza in diversi Paesi dell’Europa occidentale: Francia, Belgio, Germania. In Italia, nel 2004, era già presente in diverse regioni settentrionali (Veneto, Lombardia, Piemonte), e in Svizzera nel 2006 a Nord delle Alpi.
Le prime segnalazioni per il Ticino sono molto recenti, e interessano ampie zone: dal Mendrisiotto al Bellinzonese e al Locarnese (una numerosa presenza a Gudo è stata riportata anche dalla stampa). Attualmente, Harmonia axyridis è giunta in Leventina (Faido), confermando le sue notevoli capacità irradiative, grazie anche alle «brezze di valle» da Sud verso Nord.
Come molte altre coccinelle, questa «siberiana» ha costumi gregari: all’inizio dell’inverno essa ama radunarsi anche nelle nostre abitazioni per svernare: nei cassonetti delle tapparelle (rolladen), negli interstizi di porte e finestre, spesso in assembramenti di centinaia di individui. E poiché, se stropicciata, emana uno sgradevole e forte odore difficilmente eliminabile da mobili e pareti, può costituire motivo di un evidente disturbo. Insomma, può essere una vera «peste».
È stato pure riscontrato che questa coccinella, annidata fra i grappoli, è in grado di danneggiare irrimediabilmente una partita di uva destinata alla spremitura. A questo proposito, il Servizio fitosanitario cantonale ha messo in guardia gli appassionati del Merlot nostrano.
Dopo oltre 200 anni, durante i quali Harmonia axyridis ha compiuto un lungo viaggio, sta lentamente ritornando alla sua patria di origine: la Siberia. E sarà un incontro di famiglia, ritrovando i vecchi parenti di un tempo.