La classe diventa flessibile

Scuola – La classe flessibile è uno spazio aperto, conviviale e confortevole dove gli allievi in maniera autonoma imparano a trovare concentrazione e attenzione ascoltando il proprio corpo
/ 04.04.2022
di Valentina Grignoli

Chi ha detto che il movimento è nemico della concentrazione? È anche su questo assunto che si basa il concetto delle classi flessibili. Da un’idea nata nel Nord America, tra Stati Uniti e Canada, si è passati a un vero e proprio modello di insegnamento, che ha conquistato rapidamente il mondo francofono europeo per giungere fino alle nostre latitudini.

Ma in cosa consiste una classe flessibile? Chiudete gli occhi e provate a immaginare… pouf, materassini, cuscinoni, sgabelli girevoli, sedie normali, tavoli bassi e alti, grossi palloni, librerie colme di materiale condivisibile, isole di lavoro formate da più banchi messi insieme, un’amaca… e la cattedra… dov’è la cattedra? Insomma, una classe pensata su misura dove al centro non c’è più l’insegnante ma l’autonomia degli allievi. Anarchia totale? No, il tutto è supportato da regole precise, dall’accompagnamento di un docente con una formazione specifica e da un periodo di transizione per la classe. Il principio generale è quello di disporre l’aula in modo tale da permettere agli studenti di trovare la posizione che darà loro maggior concentrazione e comodità per le attività da svolgere. Gli alunni hanno infatti la libertà di scegliere dove e come lavorare: da soli, in coppia o in gruppo, su cuscini, palloni, un banco. È stato provato che il movimento in classe migliora la capacità di apprendimento e questo tipo di sistemazione aiuta gli studenti a incanalare, spostandosi, la propria energia, ma anche a lavorare in modo collaborativo, comunicare e impegnarsi nel pensiero critico. L’autonomia è fondamentale, così come l’imparare a conoscere i propri bisogni.

Una realtà questa che è arrivata anche da noi, grazie alla lungimiranza della Direttrice dell’istituto scolastico Bellinzona (zona gialla) Leonia Menegalli, che insieme all’ergoterapista Lietta Santinelli ha introdotto questa metodologia in alcune classi nel territorio e soprattutto nella formazione continua. Un legame determinante quello con Lietta che grazie alla sua professionalità dà spessore e possibilità di realizzazione alle idee innovatrici portate dalla direttrice di ritorno da un congresso in Canada nel 2018.

«È uno spazio scolastico conviviale, aperto e confortevole – ci racconta Leonia Menegalli –. Il contesto educativo della classe flessibile si distingue per due aspetti: la disposizione fisica, logistica e la pratica pedagogica che ne consegue. Gli allievi sono così autonomi e concentrati nell’apprendimento. Questo concetto si inserisce nella tendenza della scuola del XXI secolo che prende in considerazione non solo la riuscita scolastica ma anche quella educativa, sviluppando una serie di competenze trasversali». Lietta Santinelli spiega poi che «concretamente, la classe flessibile è organizzata in modo che l’allievo possa scegliere anche gli stimoli sensoriali che lo aiutano a concentrarsi. Si tratta di quattro postazioni diverse: in piedi, seduto al banco, seduto per terra e sdraiato al suolo. L’allievo deve sentire quali sono gli indicatori che il corpo manda quando è concentrato, e quindi regolarsi. Questo è possibile a seguito di un grande lavoro nei primi mesi di scuola tra insegnante e allievi».

Un bel dire, in una scuola che prevalentemente, ancora oggi, impone agli studenti di stare composti al proprio posto, seduti tutto il giorno. «Le ricerche effettuate in questo senso però – ribatte la direttrice Menegalli – ci dicono che rimanere per troppo tempo nella stessa posizione provoca effetti negativi». «Il mobilio a scuola ancora oggi sembra dire – commenta Santinelli – se non sto fermo non mi concentro. Ma attenzione, perché anche per gli adulti è impossibile resistere in una posizione composta per molto tempo». Va sottolineato poi che gli allievi di oggi non sono quelli di ieri. Osserva la Direttrice scolastica: «hanno difficoltà ad attivare l’attenzione volontaria: oggi dobbiamo prendere in considerazione gli aspetti legati al mondo dei media, dei giochi elettronici, e la mancanza di una serie di esperienze motorie. Sono bambini che hanno maggior bisogno di potersi muovere per ritrovare l’attenzione volontaria».

Già nei corsi di formazione legati all’ergoterapia, Lietta Santinelli metteva l’accento sull’importanza degli stimoli sensoriali, del movimento. Oggi questo concetto è parte della formazione di cui Leonia Menegalli è responsabile, il modulo dedicato alla gestione positiva della classe. Un percorso che tutti gli anni tocca circa 80 adulti in formazione continua al DFA. Conseguenza principale? «Certe scuole, su proposta dei docenti e grazie anche all’interesse della direzione, sposano questa visione e chiedono incontri supplementari per la realizzazione concreta», racconta l’ergoterapista. Continua Leonia Menegalli «abbiamo voluto focalizzarci sulla nostra realtà, si sono aperte ricerche e studi. Ora collaboriamo con una studentessa dell’USI, che ha intrapreso una ricerca per la sua tesi di Master sulla base di sei classi ticinesi per cercare di capire gli effetti sui giovani allievi e sui docenti, in un’ottica di miglioramento del benessere».

Come detto in precedenza, non c’è anarchia, «semplicemente il bambino aderisce in modo maggiore – sottolinea Lietta Santinelli –. Ci sono delle piccole libertà, certo, ma all’interno di regole ben chiare, si costruisce il comportamento con gli allievi. Si conta sulla partecipazione, si discute molto: cosa significa essere concentrato? Quali sono gli indicatori che provengono dal nostro corpo? Conoscere alcuni segnali favorisce il recupero della calma dei bambini che sanno dove andare per regolare la propria attenzione. E per ognuno è diverso! Ci sono allievi che si sentono concentrati lavorando al banco classico. L’importante è che imparino ad ascoltarsi, ad avere coscienza di sé».

Questo è favorito anche dalla riorganizzazione degli spazi comuni e dell’ordine del materiale: si definisce insieme ai ragazzi quali sono le necessità per un buon lavoro e si realizzano cassettiere e spazi collettivi, come per esempio una libreria al centro dell’aula, o isole di lavoro. La direttrice insiste sulla struttura: «C’è un programma del giorno, il bambino sa che c’è la determinata attività e si prepara di conseguenza». Classi quindi dove non è più l’insegnante al centro, dove la cattedra può essere sostituita da un armadio con i materiali didattici, dove i piccoli allievi sempre più autonomi non hanno più bisogno di essere seguiti passo per passo. Ma come può un bambino, da solo, capire cosa sia meglio per lui? Lietta Santinelli ci spiega che sono state sviluppate «una serie di attività per aiutarlo ad acuire la sensibilità verso i segnali che il proprio corpo trasmette». La direttrice Menegalli conclude sottolineando ancora una volta l’importanza dell’autonomia: «L’allievo viene accompagnato affinché capisca da solo come regolarsi, come essere consapevole delle proprie necessità. Il docente che deciderà di realizzare una classe flessibile sa che dovrà mettere a disposizione un tempo di lavoro, di discussione, di insegnamento, facendo del progetto una vera e propria materia da insegnare».