Un bambino su dieci: questa in Svizzera è l’incidenza dell’asma in ambito pediatrico. «In Ticino siamo in linea, sebbene l’impressione sia quella di una reattività un pochino più evidente delle vie respiratorie dei nostri piccoli; il fumo passivo è un fattore predisponente per lo sviluppo delle malattie respiratorie e, per analogia, possiamo desumere che l’inquinamento e le polveri fini potrebbero essere la causa di questa lieve tendenza ticinese al rialzo», esordisce la dottoressa Maura Zanolari Calderari, pneumologa pediatrica, con la quale affrontiamo il tema.
«Ai genitori dico che dell’asma bisogna avere rispetto, non paura, perché è una condizione gestibile se impariamo a conoscerla». È una malattia infiammatoria dei bronchi che si manifesta diversamente nel bambino, in rapporto all’adulto: «Il 35-40 per cento dei bambini con i raffreddori possono presentare episodi bronco-ostruttivi non forzatamente sintomo di asma. I più piccoli hanno vie respiratorie “piccole” che, se si infiammano, fischiano a causa del passaggio più difficoltoso dell’aria». La dottoressa definisce in tal modo le cosiddette «bronchiti ostruttive episodiche virali» che non hanno legami di parentela con lo sviluppo dell’asma: «Fra un episodio e il successivo, il bambino sta bene e non è detto che in futuro svilupperà l’asma».
A questo quadro d’insieme bisogna aggiungere altre considerazioni inerenti stile di vita e ambiente in cui il bambino cresce: «Sono a rischio di bronchiti ostruttive anche i bambini nati prematuri (i cui bronchi sono talmente piccoli che presentano una maggiore reattività), e quelli esposti al fumo passivo». Una nota positiva è data dall’entrata in vigore della legge che vieta il fumo nei locali pubblici: «Da allora sono diminuiti i piccoli che hanno sempre catarro e nei genitori è aumentata la consapevolezza dei danni del fumo passivo».
I fattori di rischio fanno la differenza e le cause effettive dell’asma sono presto elencate, a cominciare dalla componente di predisposizione genetica: «I bambini con genitori asmatici saranno più predisposti di altri perché, di principio, lo sviluppo dell’asma implica proprio un’evidente componente genetica. I fattori di rischio toccano altresì bambini atopici (che presentano ad esempio una dermatite atopica o degli eczemi), ai quali si sommano quelli con una predisposizione alle allergie». Ad ogni modo, la pneumologa indica che la diagnosi vera e propria si pone di norma dopo i sei anni d’età, quando gli episodi bronco-ostruttivi si susseguono e i sintomi permangono fra l’uno e l’altro: «I polmoni si sviluppano fino ai tre anni circa e in quel periodo le bronchiti ostruttive episodiche virali non rappresentano, da sole, un campanello d’allarme dello sviluppo dell’asma. Dai sei anni, possiamo cominciare a sospettare che un bambino sia asmatico se presenta sintomi fra un raffreddore e l’altro, se ha l’affanno quando corre o quando la concentrazione di pollini nell’aria aumenta».
A questo punto, un pilastro importantissimo che permette di raggiungere una diagnosi corretta passa per un’approfondita anamnesi: «Verifichiamo il comportamento del bambino nella sua quotidianità: presenta sintomi sotto sforzo? Ha la sensazione di restringimento al torace? Ha una tossetta secca e stizzosa? È un bimbo che giocando a calcio predilige il ruolo di portiere e si risparmia nella corsa? Abbiamo un figlio che fatica a respirare o di notte si sveglia regolarmente per la tosse? Sono alcune delle preziose informazioni che dobbiamo raccogliere e considerare nel quadro delle indagini che ci porteranno a escludere o a diagnosticare l’asma».
Alla raccolta dell’anamnesi potranno seguire gli specifici esami diagnostici: «Dai quattro anni di norma il bambino collabora e possiamo sottoporlo al test di funzionalità polmonare; siccome nell’asma può esserci una buona componente allergica, disponiamo di test allergologici (ciò conferma che asma e allergie “vanno a braccetto”). E non dimentichiamo che le allergie si possono manifestare a qualsiasi età». Il passo successivo sta nello spiegare alla famiglia e al bambino la sua condizione, sgombrando in tal modo i dubbi e le paure più comuni.
«Per poter collaborare con la terapia, il bambino deve innanzitutto comprendere di che si tratta: con l’ausilio di modellini e disegni gli spiego come è fatto un bronco sano, rispettivamente uno che si infiamma. Capisce che quando i bronchi sono infiammati è molto facile che siano più irritabili e che di conseguenza si chiudono non permettendo all’aria di fluire». La dottoressa Zanolari racconta ai suoi piccoli pazienti che: «È come avere la pelle rossa infiammata e ci facciamo cadere sopra l’acqua: brucia. Mentre se hai la pelle curata non sentirai bruciare. Dunque, basta uno sforzo, l’aria fredda, una piccola allergia e un bronco infiammato reagisce chiudendosi subito».
L’asma è di principio un’infiammazione bronchiale: «Il migliore anti infiammatorio a uso locale è il cortisone: non è sistemico e non va in circolo». La specialista spezza una lancia a favore di questo farmaco, prezioso alleato terapeutico, sul quale c’è ancora troppo pregiudizio: «Non va demonizzato ed è un valido alleato nella terapia del controllo dell’asma. Quella migliore è a base di cortisone che viene inalato e associato, a dipendenza della gravità dei sintomi, a un broncodilatatore di lunga durata. Secondo la reattività bronchiale e l’anamnesi del piccolo paziente, si personalizzerà la presa in carico farmacologia».
La terapia cortisonica non compromette la crescita dei bambini: «Al contrario, l’asma non curata può avere effetti negativi sulla crescita, perché il corpo utilizza l’energia per ovviare alla fatica di respirare e non per crescere». Come per gli adulti, i farmaci a disposizione sono molteplici e sono somministrati secondo la gravità del singolo caso. Diversi fattori possono modificare il decorso dell’asma: «Bisogna evitare gli allergeni causa di allergie (evitando ad esempio il contatto con gli acari o col gatto se è appurata l’allergia verso questi); per gli allergici ai pollini si può pensare a una desensibilizzazione. Il bambino dovrà condurre una vita normale, in cui non deve mancare l’attività fisica: curiamo l’asma proprio perché possa vivere normalmente».
L’asma è per sempre, dice la dottoressa, ma i sintomi no: «La sintomatologia deciderà il decorso terapeutico, strada facendo».